Il mondo fra uno specchio luminoso e un bicchiere di the Ci fermiamo a prendere un the in un cafè del porto vecchio, il gestore mi vede con il portatile a tracolla e mi dice che nel suo locale c’è la wi-fi, è un posto favoloso per lavorare peccato che lo abbiamo scoperto ora che si sta per partire. Scrivo e invio in tempo reale e poi con il telefonino mms con foto e ultimora subito pubblicata e visibile in tutto il mondo, do un’occhiata al dietro le quinte e scopro che ci stanno leggendo dalla Svezia e dall’Australia. Mandiamo anche via mail la documentazione richiesta dalla burocrazia libica, la scansione dei passaporti e i questionari, tutto questo stando seduto al bar davanti a un bicchiere di the. La potenza di internet è meravigliosa e spaventosa insieme, ti da la sensazione di avere la visione del mondo davanti a te guardando dentro un rettangolo che è poco più di uno specchio luminoso. |
|
Monthdicembre 2008
Arriva Bizerte Tremila e parte L’ultimora Andiamo in caserma per definire la storia del prolungamento del visto, tutto bene pero’ bisogna tornare in caserma a Bizerte il tre novembre per i timbri definitivi necessari per entrare in Libia. Non so resistere al richiamo dello spaghetto, a Le Grand Blue trovo Ciccio che è tutto eccitato da ”Bizerte Tremila” un progetto faraonico presentato la scorsa settimana dal presidente Ben Ali venuto appositamente a Bizerte quando noi eravamo a La Galite. Si tratta di costruire sul lungomare grandi palazzi da vendere agli europei e un porto turistico, ristoranti, negozi e compagnia, una grandissima schifezza dal mio punto di vista con una fila di palazzoni che cancella il lungomare pubblico e lo trasforma in una marina privata, una versione gigante del progetto del cavo e di quel troiaio che vogliono fa’ a Portoferraio. Ma Ciccio ne è entusiasta “minchia travaghiù assai ci porta” e poi con tutti questi europei in fuga col gruzzolo la nuova “Bizerte da bere” si popolerà in un “bitter” d’occhio. Mi spaventa questa visione del progresso legata al cemento, è miope e devastante e questa migrazione controcorrente di europei verso il nord africa sta accelerando in maniera preoccupante la cementificazione della costa mediterranea della Tunisia. Nel pomeriggio invio la prima ultimora di elbaeumberto, grazie a Michelangelo Bonfiglioli ora posso inviare un mms direttamente nella home per tenere aggiornato il sito quando non si trova internet. Devo molto a Michelangelo mi ha regalato uno strumento di grande qualità che mi permette di raccontare questo viaggio a tantissime persone, negli ultimi giorni mi sono impantanato nei problemi tecnici ma ho una gran voglia di mettere in rete le cose scritte. |
|
La guida poliziotto Temporale notturno e poi pioggia intensa, niente lago comunque conviene approfittare del tempo brutto, cose da fare ce n’è anche troppe. Dalla Libia cattive notizie, nessuno è disposto ad accompagnarci sui mezzi pubblici, quindi siamo obbligati a prendere la guida/poliziotto con il mezzo. |
|
Il divin carrugio Le amarezze dei ritardi burocratici e tecnologici li addolcisco anche con il cioccolato. In questa lunga permanenza a Bizerte mi sono fatto una cultura sui dolci collaudando le specialità delle varie pasticcerie, con una particolare dedizione al cioccolato, penso che potrei fare una guida assai dettagliata in materia. I Bizertini amano i dolci e nel tardo pomeriggio intorno alle pasticcerie si concentra una gran folla che viene accolta dalle vetrine luccicanti imbandite di delizie. Il dietro le quinte è molto più affascinante e buio, sporco e unto, ma per l’olfatto è una vera goduria, appena superata “la Bizertine” la pasticceria di riferimento per cultori del cioccolato, si entra nel divin carrugio, un vicolo su cui si affacciano cinque botteghe di pasticcerie. Qui i laboratori sfornano continuamente delizie ma nel tardo pomeriggio danno il meglio come quantità e qualità, è uno di quei momenti in cui la tensione elettrizza tutto e tutti, lo sanno anche i gatti che svicolano fra le cantonate schivando i calci dei garzoni di bottega che sflilano continuamente portando vassoi di delizie impilati uno sull’altro alla pubblica mangiatoia. Nel vicolo si concentrano gli aromi: sfoglie calde, crema, panna, frutta candita, vaniglia e cannella, ma su tutto domina l’aroma vaporizzato del cioccolato che penetra tutto, anche i muri. Dalle cappe che sfogano nel vicolo escono aromi inebrianti che chiamano, mi affaccio dentro la sala macchine della golosità e trovo metri di basi per mille foglie e poi tinozze piene di cioccolato, impastatrici e teglie di pasticcini, è una fabbrica del cioccolato degna di Willy Wonka e di Chocolat, peccato che invece di tante sorridenti sosia di Juliette Binoche ci sono solo pasticceri unti e seriosi che si guardano in cagnesco da bottega a bottega, omologati da grembiali cosi’ sudici che le mosche ci rimangono incollate. A internet ci mettiamo d’accordo con Walid per andare insieme al lago Ickeul che ora dovrebbe essere pieno di uccelli migratori. |
|
Movimento rotatorio occidentale Il computer mi fa bestemmiare, si inceppa di continuo e non riesco a scrivere niente, ho un sacco di cose da inviare e il sito da aggiornare, il trekking costiero mi sa che toccherà abortirlo, vorrei essere più inschallah ma invece mi girano i coglioni. |
|
|
Walid, google analytic, il ranking, i soldi, la libertà, la religione e il senso della vita Partenza di buon’ora per Tunisi per cercare una soluzione per gli obbiettivi e la macchina fotografica. Il centro è grande e attrezzato, il più fornito di Tunisi, pero’ ha una sola reflex che costa molto più che in Italia. Ci si capisce bene perché qui lavora un ragazzo che parla benissimo italiano, ha vissuto a Termoli un paio d’anni e mi dice anche di andare assolutamente in Senegal perché secondo lui è il posto più bello del mondo. Alla fine dopo varie prove la macchina sembra funzionare, mentre il grandangolo è morto, compriamo un nuovo obbiettivo e una digitale piccola. Il bancomat mi mangia la carta di credito e devo improvvisare una sceneggiata araba per riaverla perché me la vogliono spedire in Italia, alla fine dello show di un paio d’ore riesco a recuperare la carta e a prendere i soldi per pagare. Faccio un po’ di foto di prova a un traghetto che è entrato nel lago di Bizerte e poi ancora internet per avere notizie dalla Libia. Faccio amicizia con Walid il ragazzo dell’internet point con cui da un paio di giorni facciamo mattina nel diabolico spippolatoio telematico, si è incuriosito della strana coppia italiana che passa le nottate a inserire foto e spedire testi. Walid è un appassionato di internet, lui le notti le passa a studiare sistemi per aumentare la visibiltà al suo sito commerciale, mi fa i complimenti per elbaeumberto e per il viaggio e mi sorprende perché ha letto un sacco di cose. E’ rimasto colpito da questa scelta di viaggio senza percorso fisso e tempi prestabiliti che considera folle e fuori dal sistema del mondo che corre sempre più veloce. Mi dice “I racconti e le foto dell’Atlas sono incredibili, quello è un mondo che ormai non esiste più, nelle città ormai non esiste più niente, sul tuo sito siamo stati tutto il pomeriggio con i miei amici a vedere le foto” Gli mostro con orgoglio le statistiche con i tanti visitatori del sito, rimane sorpreso per lui sono pochi ,” io” mi spiega “sul mio sito commerciale senza contenuti ho più visite di te, perché questo di inernet è un mondo di trucchi e io li conosco” Gli spiego che a me tutti questi visitatori mi sembrano tanti e il fatto che gente da tutti i continenti passa decine di minuti ogni giorno su elbaeumberto mi emoziona. Con occhio esperto spippola dentro google analytics e mi dice “è un sito speciale perché la gente sta tanti minuti dentro”. Poi i discorsi si fanno più interessanti, “mi piace quando parli della tua Isola e dici che le Isole sono posti speciali, anch’io penso quello, la mia famiglia è originaria di Jerba, ci dovete andare perché li’ c’è gente speciale come cerchi te, basta che esci dalla zona turistica e vedrai che li troverai” e ci mettiamo a parlare dei Mediterranei, la razza bastarda che si affacciata sul Mare Nostrum di cui noi Isolani siamo la sintesi storica e genetica. Walid è lanciato nel mondo del lavoro che lo sta gratificando pero’ soffre il sentirsi dentro l’ingranaggio “ormai non posso più tornare indietro, il negozio, i siti e tanti progetti. Ho scelto la vita della città pero’ ci penso spesso se è una buona scelta, la gente di città non ha mai niente da raccontare mentre le avventure che racconta la gente delle campagne sono incredibili, loro vivono veramente noi si cerca solo di avere più cose. Cosa è giusto, cosa bisogna seguire, Il lavoro? La religione? Tornare a vivere come nel passato? Secondo te quale è il senso della vita?” Domanda che mi sono fatto e che mi sono sentito fare tante volte, ma quasi sempre in luoghi di silenzio, avvolto nella meraviglia selvaggia della natura, questa volta siamo dentro un internet point con sottofondo di musica tecno. Io ho solo due certezze: Il tempo passa e la morte arriva e credo che il senso della vita sia cercare di fare di questo tempo il migliore uso possibile, capire cosa si vuole e farlo. Alla fine si fa mattina e quando usciamo albeggia, non ho combinato granché ma mi sento bene. |
Le regole del Colonello Le notizie che arrivano dalla Libia non sono quelle sperate, per entrare bisogna obbligatoriamente avere un accompagnatore autorizzato e/o un poliziotto, altrimenti niente visto, al massimo si puo’ stare trenta giorni e il programma va stabilito in anticipo giorno per giorno, non è il massimo ma sembra che non ci sia alternativa, il nostro budget sarà stravolto rispetto al solito, ma alla Libia non ci rinuncio. |
|
La legge di “El Borso” e la Ponentata sulla pelata Più che altro dormo e poi vado a internet. Godo nel leggere del crollo della borsa, del fallimento del sistema dell’apparenza, dell’ostentazione della forma e del chi è di più. I piccoli allievi borseggiatori sono stati borseggiati dal loro professore, il signor Ismo Capitale detto “El Borso” che se la ride furbo nell’attesa di infinocchialli ancora con qualche arguto correttivo. Questo mondo mi sembra un calvo col riporto lungo che urla a tutti che lui i capelli ce l’ha! Pero’ è entrato Ponente e il ciuffo laterale se ne vola via lasciando impietosamente scoperta la pelata. La ponentata quella vera è arrivata, perché i trucchi durano poco, ma la morale è un'altra: è che si vive bene anche senza capelli, come si mangia anche senza forchetta, anzi si mangia meglio con le mani. Quando cominci a mettere a fuoco che si puo’ vivere anche senza le tante cose che ti raccontano importanti e quando l’hai capito ti senti più forte e padrone di te stesso, pronto a consumarti la vita giocandotela con le tue regole, quelle che ti dettano la coscienza e l’esperienza. Non ne posso più di questo mondo dove tutto è confezionato, che ti dà tutto digerito e ti racconta che pensa e agisce per te. |
|
Ritorno in rete Fra una decina di giorni lasceremo la Tunisia alla volta della Libia, ci sono ancora tante cose da definire per entrare nel paese di Gheddafi e prima di partire vorrei vedere bene il tratto costiero da Bizerte a Tabarka. Visto che non c’è verso di trovare un kayak o un barchino, l’idea è di farlo a piedi lungo costa con gli zaini leggeri e la tenda, arrivare a Tabarka e poi cominciare l’avvicinamento alla Libia. Prima pero’ c’è da sistemare il tanto materiale nelle memorie, aggiornare il sito e poi controllare l’attrezzatura fotografica che sta dando preoccupanti segni di cedimento. Ritroviamo il ristorante di Ciccio e poi vado a internet e ci faccio mattina. |
|
|
I Relitti, storie di armatori e assicuratori Bizerte è sonnecchiante come sempre al mattino, per andare alla Remel Plage bisogna passare sul ponte levatoio e poi proseguire fino alla fine del porto dei pecheur, dove inizia la spiaggia. E’ un grande arenile bianco di cinque o sei chilometri che termina sul promontorio di roccia che chiude a Est il golfo di Bizerte, quasi alla fine sullo sfondo si vedono i relitti lontani delle due grandi navi. La spiaggia è larga e bella, sulla riva c’è un grande bunker di cemento risalente all’ultima guerra che ora è in parte dentro il mare, strategicamente durante la guerra Bizerte era molto importante per il porto naturale e per la vicinanza alla Sicilia. E’ una bella giornata ma c’è pocchissima gente, qualche marinaio sceso a terra dai mercantili e alcuni pescatori che provano a prendere un po’ di frugaglie con il razzaglio. I fondali bianchi esaltano le trasparenze e il mare celeste ricorda quello di Cala Giovanna a Pianosa. Ci sono tante piccole barche di legno sulla spiaggia, da qui partono per calare i tramagli sulle secche vicine e intorno ai relitti che sono tanti, infatti non ci sono solo i due giganti ma tanti resti di imbarcazione vittime di questi fondali sabbiosi e delle secche rocciose, che ora con la bassa marea sfiorano il pelo dell’acqua. La linea della battigia è disegnata da migliaia di conchiglie policrome e dalle tante forme che disegnano una lunga linea sinuosa che da lontano sembra una corda rosa e arancio, è un posto bello e mi rammarico di non esserci mai venuto in tutto questo tempo passato a Bizerte. E’ interessante anche il retro, con le dune alte dove crescono i ginepri e le paglie marine e anche dietro al tombolo, dove c’è una macchia fitta che poi senza soluzione di continuità si trasforma in una grande distesa di pini d’Aleppo. Le navi ora si distinguono bene, per un piccolo tratto la spiaggia è interrotta da una grande secca di rocce spugnose come ai Cancherelli, nella parte interna ci sono tanti formicai grandi e colorati uno diverso dall’altro che sembrano progettati da estrosi architetti. Da qui la vista del relitto più lontano è surreale, la prospettiva gli toglie l’acqua da sotto e la carcassa sembra avanzare nel terreno. Queste due navi sono naufragate una ventina di anni fa, trasportate in secca da una mareggiata e poi distrutte dal fuoco, a Bizerte si dice che è stata tutta una messa in scena dell’armatore (le navi erano della stessa compagnia) perché stava per scadere l’assicurazione su entrambe le imbarcazioni, una storia molto somigliante a quella dell’Adel Scott la piccola nave affondata sullo scoglio dell’Ogliera a Pomonte nei primi anni settanta, anche li’ si dice che il vero motivo del naufragio fosse legato alle assicurazioni. Chissà perché mai le navi quando diventano relitti perdono la loro natura inanimata e diventano simulacri di creature viventi gigantesche ormai scomparse dal creato. La più grande è stata abbondantemente smantellata, gli manca tutta la parte centrale, la poppa ha lo scafo tagliato di netto all’altezza del ponte di comando e la grande cabina è ancora verniciata di bianco anche se sfregiata diagonalmente da stigmate di ruggine, mentre il trocone di prua che affiora un po’ più avanti è stato deformato dal calore dell’incendio e fuoriesce in parte con un’espressione da grande squalo martorizzato ma sorridente. Accanto all’altro relitto c’è un barchino a remi che sembra cercare protezione dalla grande carcassa. Anche qui come a Capo Bon c’è chi lavora sui relitti per recuperare qualche soldo da avvolgimenti e pezzi vari, il relitto più vicino a riva è un cantiere, c’è una squadra che lavora dentro e un paio di vedette che fanno la guardia, ora è bassa marea ed è possibile entrare direttamente dentro la stiva con un carretto trainato da un asino per caricare il materiale recuperato. Sono attrezzati con carrucole e una rudimentale gru ancorata sulle placche di ruggine con cui stanno spostando una tubazione, avrei voglia di entrare ma la tensione che traspare dalle vedette mi fa capire che non è cosa gradita, anche perché il tempo sta cambiando, è entrato grecale e il mare si sta increspando velocemente, anche la marea sta salendo e fra poco dovranno abbandonare il cantiere. Tornando indietro passiamo dalle dune più alte e si vede il mare che a largo si sta gonfiando velocemente, peccato c’è mancato veramente poco, si poteva rimanere isolati per un po’ di giorni a La Galite e magari godersi lo spettacolo di una mareggiata dal faro di Galitone, ma hamdullah, ora siamo a Bizerte e prima che si scateni la buriana conviene cercare riparo. Un fronte nuvoloso compatto e basso si avvicina velocemente è un muro nero anticipato da vento freddo, che la marea è salita lo si vede bene quando si ripassa di fianco al bunker che ora è quasi tutto in mare. Il vento è rinforzato ancora e i pescherecci stanno rientrando velocemente nel ridosso della marina, mentre il mare comincia a frangere violentemente sui frangiflutti del porto. Prima di rientrare alla base faccio un giro nel cantiere alle spalle della marina, qui ci sono tante barche sequestrate e abbondanate, se potessero parlare chissà quali storie verrebbero fuori, invece parla, anzi urla, solo il guardiano che minaccia di fugarmi dietro i cani sbavanti, incatenati a ridosso del suo casotto. |
© 2025 Elba e Umberto