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Scortati dalle Berte Si smonta la tenda che è ancora buio e si scende al porto, l’equipaggio si sveglia, sull’isola tutto è quieto ma in mare c’è grande agitazione, è in corso una battaglia: nuvole di piccoli pesci si spostano veloci increspando l’acqua come folate di vento, mentre i loro predatori li rincorrono all’impazzata saltando continuamente fuori dall’acqua, poi improvviso arriva un tonno che elegante e potente gli salta in mezzo rubando la scena e catalizzando l’attenzione di tutti, è la legge del mare, pesce gosso mangia pesce piccolo, ci regala le sue evoluzioni e poi come era arrivato il tonno sparisce. Si parte, il mare è calmo e la prua del Bichi taglia il mare color petrolio, il paese si allontana velocemente, le abitazioni sono già macchioline indefinite quando si doppia punta Bizerte, poi la sagoma si allunga e mentre il sole le da colore la vista sul piccolo Arcipelago si completa con il Galitone e “Galitino” che compaiono ad est e i Cani a ovest, mentre sulla costa si spenge la lanterna del faro di Cap Serrat. La Galite è ormai diventa una piccola sagoma che appare e scompare dietro il gommone che zigzagando saltella sulla scia della barca. Da quando abbiamo preso il largo si naviga in compagnia delle berte, ce ne sono tante, il loro volo elegante mi ipnotizza, volano basse sfiorando l’acqua con la punta delle ali, hanno grandi ali ma sono creature del mare e del mare ne hanno il colore e il movimento perpetuo, se le osservi bene vedi che non volano ma navigano nell’aria e la loro direzione è prevedibile come le rotte delle navi che ci incrociano a dritta e a prora. Un volo che è in antitesi con quello dei falchi di Eleonora, gli istrionici protagonisti del cielo de La Galite, che disegnano migliaia di traiettorie imprevedibili, facendoti impazzire quando cerchi di fotografarli. In realtà anche le berte sono difficili da fotografare ma dipende dal movimento della barca e dalla mia attrezzatura che fa sempre più i capricci. A poppa Fathi e Kamel calano le canne da pesca, il risultato delle loro battute è stato deludente, non hanno pescato granche’ “La Galite non è più il regno del sarago” mi dice Kamel “tutti ci vengono a pescare ormai” Kaled ha individuato la penuria di pesci nei bracconieri che arrivano dall’Italia “ la rovina” mi dice “sono i gommoni che arrivano dalla Sardegna, sono attrezzati meglio dei militari, arrivano la notte pescano con bombole torce e fucili e poi caricano a bordo e tornano in Sardegna dove vendono il pesce a prezzi molto elevati, devono guadagnare bene perché sono sempre di più”. Sono sempre le solite storie, è la morale del quattrino, quella dei ristoratori che comprano il pesce dai bracconieri, militari e guardiamarine che si prendono l’obolo, e quella dei pescatori per diletto che diventano professionisti e poi assassinano il mare per la solita bramosia di quattrini, quelli che non bastano mai, specialmente se poi ti attrezzi da X° Mas. Kaled mi parla di gommoni con motori fuoribordo da centinaia di cavalli, gruppi elettrogeni a bordo e attrezzature ultramoderne, del corallo pero’ non vuole parlare, si vede che li’ c’ha le mani in pasta. Fa rabbia vedere e sentire questi racconti, ma non è niente di nuovo, la storia delle riserve naturali di Montecristo e Pianosa sono piene di queste episodi. Il sole è alto e fa caldo, ormai la costa Africana ci accompagna sul lato di tramontana, il dolce dormiveglia del navigare viene scosso dall’urlo di Kamel che ha visto vibrare la canna, Fathi si mette la cintura e comincia a lavorare il pesce, un Marlin, almeno cosi’ dice Kamel. Attaccato allo sfotunato pesce spada c’è anche una piccola remora che pero’ viene riconsegnata al mare, chissà se se si accaserà nuovamente su qualche pescione. Contenti come i cinghialai mi chiedono di fotografarli con la preda per immortalarli in pose marziali. Ormai ci siamo, doppiamo le grandi dune, poi Cap Blanc e poi di nuovo Bizerte. Oltre lo sport nautique c’è il grande pontile del porto industriale dove è attraccata una grande gassiera, mentre altre navi mercantili stazionano, dall’altra parte della baia oltre il canale c’è la Remel Plage alla fine della quale giaciono le carcasse di due grandi relitti che domani vorrei andare a vedere. Dopo sei giorni rientriamo a Bizerte, a terra c’è la classica aria da porto turistico, un misto naviganti e diportisti, le novità in porto sono due catamarani provenienti da Gibilterra dall’aspetto molto tecnologico e una vecchia barca in ferro malridotta grezza e tozza che assomiglia alla nave pirata dei playmobil impietosamente vicina ai filanti multi carena. Saluti, zaini in spalla e via, c’è una luce più bella oggi pomeriggio a Bizerte, per il resto tutto uguale comprese le ritrovate litanie dei muezzin, non avrei mai pensato di passare cosi’ tanto tempo qui, ma visto la tanta bellezza trovata a La Galite ne è valsa sicuramente la pena. |
Monthdicembre 2008
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Le necessità dettate dalle regole e le regole dettate dalla necessità Nella notte mi sveglia il vento forte, mi affaccio e a largo dell’Isola vedo un temporale massiccio che è in arrivo, fra noi e l’Africa grandi saette che escono da nuvole che pulsano di luce viola. Il temporale si avvicina velocemente e i toni cominciano a farsi sentire sempre più forti, le saette ora sono vicine e illuminano la baia, ne arrivano un paio giganti dritte e larghe che si schiantano a poche centinaia di metri, la luce è accecante e il tuono che arriva subito dopo fa vibrare il terreno, sembra l’inizio di una tragenda, ma per fortuna rimane il momento più intenso, i toni e fulmini continuano per tutta la notte ma non succede niente di grave. All’alba esco e faccio un giro fino al poggio panoramico vicino al cimitero, vedo che siamo circondati da nuvole nere cariche di elettricità, sembra di essere nell’occhio del ciclone ma praticamente non succede niente e a parte qualche goccia non piove nemmeno. Come capita spesso quando l’aria è piena di elettricità gli animali si radunano e vicino alla tenda ritrovo i due cavalli isolani, tre corvi e una tartaruga. Verso le otto arriva una motovedetta che si ormeggia alla boa a centro golfo e poi sbarca i militari con il gommone, sono le nuove reclute il cui compito principale è ripulire l’isola dalla plastica che raccolgono in grandi sacchi e poi accumulano dentro i casotti sul porto in attesa di portarli fuori dall’isola. Le notizie stamattina sono più grigie, un po’ come la giornata, su Galitone non si puo’ andare perchè c’è troppo mare e anche il cambio del turno è rinviato, proviamo domani mi dice il responsabile del trasbordo, che non riesce a mettersi in contatto con il faro perché il temporale deve aver fulminato qualcosa. Scendo al porto per avere la conferma che possiamo rimanere un’altra settimana qui, Kaled vuole partire nonostante il tempo brutto ma non ci vuole lasciare qui, discutiamo un po’, con Kaled non ci si piace ma ci si sopporta, io senza di lui non potevo venire qui e lui senza la mia richiesta non poteva portare il suo amico a pescare, vuole una dichiarazione scritta dal comando di Bizerte che noi possiamo rimanere qui, si mette male. Torno alla guardia nazionale e mi dicano che si puo’ rimanere, nel frattempo sull’orrizzonte passano delle trombe marine, si resta in attesa di una risposta, forse si resta fino al 25 forse no, una serie di chiamate poi verso le due arriva la risposta negativa: Bizerte non risponde, almeno cosi’ mi dicono e quindi si deve partire con il Bichi, nel frattempo passa una grossa tromba marina, decisione finale si parte domattina all’alba. Non rimane che sfruttare il più possibile il poco tempo restante, scendiamo verso il mare per vedere la parte bassa del paese, quella più estesa, vicino alla caserma della marina c’è una motopala abbandonata (una scingscaul’ come si diceva e forse si dice sempre a Ponza). La parte bassa dell’insediamento Ponzo Galitese ricorda veramente la principale isola Pontina in particolare la zona delle Forna, scendendo verso il mare si incontra la casa detta delle aragoste al cui interno ci sono ancora le vasche dove venivano tenute le aragoste vive nell’attesa di essere portate in continente, proseguendo ci sono una ventina di abitazioni ormai tutte malridotte, i muri si stanno sgretolando sotto l’azione della salsedine e della vegetazione, come sempre sono le piante di fico le più devastanti. La scala che scende verso il mare ricorda tantissimo quella che da Le Forna scende verso le piscine naturali a Cala Feola, intorno ci sono agavi, lentischi e cisti, questa è veramente la piccola Ponza: le scale imbiancate con la calce, grotte casa e altre grotte che fungevano da stalle scavate nella roccia più friabile, la più bella sembra la casa dei Flinstones. Il viottolo si ferma sul mare, poco più in alto c’è la casa più grande de La Galite, quella che ospitava Bourghiba, è diversa da tutte le altre ha il tetto a capanna ricoperto con i marsigliesi ed è una tipica casa francese, a pianterreno oggi qui ci vive una famiglia, una delle tre famiglie dell’Isola e fuori casa ci sono due donne e tre bimbi, peccato che si va via domattina perché sarebbe stato bello poterci parlare, chissà che storie interessanti venivano fuori e poi specialmente ora che si cominciava ad entrare in confidenza anche con gli uomini della marina, comunque rimane il grande privilegio di essere qui e questo pensiero mi fa sentire molto fortunato. Saliamo verso il monte senza nome che abbiamo battezzato Calanche per la somiglianza con la vetta Elbana, si cammina in mezzo a una prateria d’erba alta e robusta, sembra la Pampa, anche questo scorcio di isola è molto bello, una piramide di rocce scure piena di fratture da cui fuoriesce acqua dolce, ci sono delle fratture che diventano vere e proprie grotte e vengono prese a dimora dalle capre selvatiche. Fra grotte e rocce scure e nuvole cupe il tramonto acquista una connotazione drammatica. La notte arriva in un attimo, fra poche ore lasceremo La Galite, passiamo l’ultima sera chiacchierando con i ragazzi della guardia nazionale che sono stati molto gentili con noi, sono giovani tra i venti e i venticinque anni e sono arrivati qui spinti da motivazioni economiche. Habib è il responsabile del comando, è qui da cinque anni e ci resterà ancora un anno, poi spera di essere trasferito a Tabarka sua città natale dove con i soldi guadagnati qui si è già costruito una casa, cosa che “per un venticinquenne non è poco” mi dice orgoglioso. Anche Mohamed, che è più giovane, ha chiesto di venire a La Galite ma solo per un anno, perché quando torna si vuole sposare, La Galite gli piace ma soffre l’isolamento, le loro donne qui non verrebbero e nemmeno loro le vorrebbero qui. E’ strano questo mondo delle regole che porta uomini a vivere senza donne in un posto non desiderato per avere più soldi, regole che impediscono la normalità e portano a stare dove non si vuole essere. La Galite come tutte le micro comunità in luoghi isolati, estremizza le situazioni rendendole più evidenti ma alla fine la dinamiche sono le stesse in tutti i luoghi: ci si sposta e si vive seguendo le necessità dettate dalle regole e non seguendo le regole dettate dalle necessità, come avevano fatto i coloni ponzesi qualche decina di anni fa su questo magico scoglio. Quelle stesse regole cha hanno mandato via le persone che avevano scelto di vivere qui, sostituendole con altre che qui mai sarebbero venute. |
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Natura dolce e selvaggia
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{youtube}A2pV0QjthE0{/youtube} Lo sguardo enigmatico del Corvo |
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{youtube}ahCw_L8Fpu0{/youtube} {youtube}Qf0eZqTNQG8{/youtube} Il compleanno della ragazza dell’Isola dell’Anarchia |
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{youtube}puZQl2HPK9Q{/youtube} Si Parte |
Domani Inschallah Il vento è calato ma il mare è ancora grosso, quindi ancora attesa. Lavoro un po’ al servizio sulla traversata dell’Atlas e poi faccio una lunga chiacchierata col mi fratello su skype occupando gran parte del tempo a parlare del Viottolo che è stato il fulcro delle noste conversazioni da quando ho lasciato l’Elba. La serata è tranquilla e anche il mare ora si è calmato domani inschallah dovrebbe essere la volta bona. |
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I timbri di Madame Saida Oggi il mare è veramente grosso è la classica grecalata che “pela” di quelle che dalla spiaggia di Campo vedi lo Scoglietto e il Giglio a “due piani”. Comincia a preoccuparmi la scadenza dei tre mesi del permesso di soggiorno in Tunisia che scade il 20 ottobre, per rinnovarlo la polizia dice che bisogna uscire e poi rientrare nel paese (andare in nave a Palermo e ritornare), per fortuna ne parlo con Don Ciccio che intercede e mi fa accompagnare in caserma da “messié” un distinto tunisino che lavora come cassiere al ristorante, e si trova la soluzione, si va da Madame Saida la donna dei visti, una fiera signora con cui sono tutti molto ossequiosi, che ci prolunga il permesso di venti giorni, con l’unico impegno di tornare in caserma una settimana prima di lasciare la Tunisia per apporre i timbri. |
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La festa è finita E’ una gran grecalata e fa freddo, Bizerte finito il Ramadan è un altro posto, la maggior parte dei ristorantini e dei chioschi che erano chiusi ha riaperto e i bar sono tutti strapieni di uomini che stanno seduti per ore davanti a un bicchiere di caffè. Telefono a casa parlo con Babbo e gli racconto dei tanti europei che stanno arrivando a Bizerte con gruzzolo di euro spaventati dalla crisi delle borse e poi sento Nicol in grande forma e tutta eccitata per la scuola e le lezioni di danza. La Fine del Ramadan ha pero` sancito la fine del clima di festa serale e dopo le otto è quasi tutto chiuso tanto che sembra che ci sia il coprifuoco. |
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Gli mms di elbaeumberto.com Infatti il tempo è bello ma il coltello dalla parte del manico ce l’ha lui, Kaled. I barcaioli sono una delle categorie più bugiarde che esista, sempre pronti a non partire causa condizioni meteo marine avverse trasmesse da bollettini dei naviganti che ascoltano solo loro. Comunque cose da fare non ne mancano, c’è anche da configurare il telefonino nuovo che fa anche le foto in modo da poter inviare gli mms direttamente dentro il sito, è una novità importante che ci consentirà di aggiornare www.elbaeumberto.com quando non avremo la possibilità di andare ad internet, il viaggio tra poco tornerà ad essere più avventuroso e lo sarà sempre di più e penso che sia un buon sistema anche se chiaramente il segnale non ci sarà sempre. Il telefono non si configura perché è rotto, il negoziante che ce l’ha rifilato non lo vuole cambiare dicendo che in Tunisia non si cambia la merce pagata e che le garanzie qui non valgono, fra urli e minacce reciproche finiamo in caserma e esco con un cellulare nuovo di pacca e di qualità superiore, in realtà mi sono fatto forza della mia condizione di straniero. Come temevo in serata entra grecale, domani non si parte di sicuro. |
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