Wi-fi e torta al cioccolato C’è ancora da lavorare, la logistica è di quelle di lusso, cafè pasticceria con torte al cioccolato di livello eccelso e wi-fi. Facciamo amicizia con un ragazzo che tanto per cambiare si chiama Mohamed, però è nubiano e ci tiene a precisare che fra nubiani e arabi c’è tanta differenza. Ad Alessandria ci sono tante moschee e anche diverse chiese, c’è anche una Sinagoga che è piantonata dai militari con i fucili mitragliatori con la baionetta inserita. Qui i bar e gli internet chiudono presto, ci spostiamo nella zona interna dove è segnalato un locale con la wi-fi che invece non c’è, è un posto dove si ritrovano i giovani ricchi e, come in Tunisia, elemento distintivo dei figli di papa è il capello da beseball sempre in testa, mentre per le ragazze fumare in pubblico. |
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Monthfebbraio 2009
Alessandria, fra nostalgie di Belle Epoque, fast food e fronti livide Stiamo a internet fino alle cinque poi saluti e a casa dove ci facciamo una pastasciutta con tonno e poi zaino in spalla e si parte. Arriviamo alla stazione dei pullman che comincia a fare giorno, stavolta troviamo posto sul bus, intorno a questo grande piazzale c’è una bella miscela di facce e situazioni interessanti, un vecchio rinseccolito come una mummia attraversa il parcheggio delle corriere con il carretto carico di bombole del gas trainato da un vecchio ciuco che l’artrosi fa sembrare meccanico. Nell’attesa gli uomini fanno capannello intorno ai piccoli falò, fra narghilè e bicchieri fumanti di shay, in una grande varietà di tonaconi, turbanti e kafià, mentre le donne stanno in disparte, tutte piuttosto statiche meno una, apparsa all’improvviso come una pantera del deserto si muove rapida fra corriere e chioschi alla ricerca del giusto mezzo, è avvolta in un coltrone nero e un lungo velo bianco le copre il viso e scende fino all’altezza delle ginocchia, si muove agile nonostante un grande sacco in testa e una borsa di iuta in mano, poi carica il sacco nella stiva del pullman per Alessandria e sale a bordo. Dopo poco si parte e mi addormento facile con l’aiuto del soporifero umore di sudore e lezzo che aleggia nella corriera. Quando mi sveglio è già Alessandria con la sua grande periferia che si estende fra lagune salmastre e petrolchimici che regalano inalazioni killer, fiancheggiamo un inquietante matrouh colorato di rosso e poi si arriva al capolinea, prendiamo il taxi, un fiat 125 che avrà la mia età, dove c’è già una donna anziana tutta vestita di nero che sta portando due ceste di vimini piene di cibo da regalare ai parenti cittadini. La nonna è allegra, sembra divertirsi tanto nel traffico allucinante e sempre più congestionante, “yallahahh!! yallaahahh!!” ride e sprona il tassista a infilarsi deciso in ogni varco. Una mezz’ora e siamo in Midan Saad Zaghloul (la piazza centrale) qui vicino faremo base per qualche giorno, in una camera dentro un vecchio palazzo dal nobile passato ma oggi un po’ sgarrupato, la posizione è ottima ed è comunque un posto assai affascinante e poi è molto economico. Alessandria è una metropoli con più di cinque milioni di abitanti allungata sul mare, nella forma assomiglia un po’ a Genova, sa molto di vecchia Europa è decadente e sgarrupata, con tanti grandi palazzi della Belle Epoque eleganti e pomposi ma ormai tutti scrostrati e fuligginosi. Anche i cafè lungo la corniche con i camerieri incravattati hanno il calendario fermo al periodo coloniale e sembrano scrutare verso il mare nell’attesa del fumo nero delle caldaie di improbabili panfili a vapore anglosassoni. Nell’attesa del fumo nero si ingrigiscono di piombo e ferodo e si alienano nel suono ossessivo dei clacson che sono la colonna sonora perpetua di questo viale. Alessandria è affacciata sul mare e come tutta le città di mare lì guarda, in cerca di novelle e sirene, per altro qui già atterrate in passato. Il fascino nostalgico si perde nelle vie interne fra le vistose insegne dei fast food e le vetrine di telefonini, nei tanti Chador delle donne e nell’osservare gli uomini con le fronti callose e tumefatte dal tanto pregrare. |
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Cleopatra beach Trattativa veloce con un taxi e si parte per Cleopatra beach, sono quattro pound ma per un europeo che non conosce il sistema possono essere anche cento. Appena fuori dall’abitato è subito deserto, sarebbe anche bello con le dune bianche che arrivano fino al mare, peccato che è tutto pieno di spazzatura e basi militari circondate da grandi recinti in muratura. Gli ingressi delle basi sono tutti imbandierati e lindi, il più grande è anche adornato da due missili metallizzati, però i camion scarcassati che si vedono passare sembrano risalire alle battaglie della seconda guerra mondiale. La strada gira intorno al Matrouh, la laguna salata che disegna un cerchio quasi perfetto, si scende davanti a un’orribile statua di Cleopatra, oggi non c’è nessuno non è ancora stagione, però questa è la zona dei turisti europei, ma gli alberghi sono sulla laguna interna, un bozzo di acque basse che si affaccia su una grande discarica. La costa che si apre sul mediterraneo, a parte il primo tratto con i vialetti scassati rivestiti di mattonelle verdi che deturpano la spiaggia, è molto bella una grande spiaggia di sabbia bianca che si alterna a scogli e secche, il mare è proprio bello e le piccole lagune che si formano fra la costa e le secche sono così trasparenti e ferme che l’acqua non si vede, i gamberetti sembrano volare dentro a queste pozze. La scogliera è così friabile che si consuma a guardarla, si sviluppa in tante forme articolate e si specchia nelle piscine fra riflessi e giochi di luce. Qui secondo la storia (probabilmente romanzata che sa tanto di Scoglio della Paolina) Cleopatra e Marco Antonio venivano a fare il bagno. È un mare vivo ci sono granchi, ghiozzi e tante granite, oltre alle rocce bianche ce ne sono altre grigie più compatte, così lucide che sembrano verniciate. Per avere una visione di insieme basta salire sugli scogli più alti e si vedono decine di anfratti e piscine che si perdono nell’orizzonte di mare e dune, mentre dietro le dune bianche opportunamente nascoste, la spazzatura e le basi militari. Ogni tanto ci sono i resti dei bunker della seconda guerra mondiale che sono scavati nella roccia bianca e c’è anche un casotto sul punto più alto ancora attivo dove ci sono dei soldati egiziani, ci osservano con il cannocchiale e poi in cinque o sei ci vengono incontro per dirci che la zona è militare, di non andare all’interno e di non fotografare la baracca militare, sono giovanissimi e vergognosi, sembrano tutto meno che guerrieri. Si avanza un po’ fra dune ripide e compatte e secche scivolose e poi si torna indietro. Camminando su una bassa secca si arriva a un grande scoglio con un ingresso scalpellato, non è una struttura militare sembra molto antico, forse è il resto di un antico tempio, si entra e si attraversa un breve camminamento che arriva ad una camera interna dove da un cunicolo più in basso entra soffiando l’acqua spinta dalla marea che sta salendo. Ritornanti al punto di partenza ci spostiamo verso ovest per ritrovare l’imbocco della laguna, è una zona brutta piena di locali e alberghi e con tanti cantieri che stanno riempiendo i pochi spazi ancora liberi, per fortuna costruiscono sulla laguna lasciando libero il lato mare. Il famoso Hotel San Giovanni cinque stelle ostentato come meraviglia da pannelli sparsi per la Corniche di Marsa Matrouh, è un casermone brutto affacciato sullo stagno con a fianco uno stabilento industriale con tanto di ciminiera. La strada temina sulla lunga lingua di sabbia che chiude la laguna dove si trova lo scoglio chiamato Al-Gharam e un grande arenile piatto. La spiaggia davanti casa sarebbe a poche centinaia di metri e basterebbero pochi minuti per arrivarci, ma i pedalò abbandonati sulla spiaggia sono messi troppo male per provare ad attraversare, quindi si torna indietro a piedi, per fortuna si incontra un pick up di muratori beduini che stanno rientrando, gentilmente ci danno un passaggio portandoci fino a casa. |
Tempo di andare L’inverno è finito, la luce è quella della nostra estate e anche il calore del sole, sulla riva della spiaggia c’è chi pesca a cannella e chi guarda il mare, vicino al porticciolo un gruppetto di ragazzi gioca a pallone, mentre i pescatori verniciano la barche sopra uno spessore decennale di pittura. Marsa oggi è più pacifica e sonnolenta del solito, ma è tempo di andare sento troppi occhi addosso che osservano con una curiosità che assomiglia sempre più al sospetto, di cosa non so, ma non voglio nemmeno approfondire e poi ormai ci siamo, è stata una pausa necessaria per sistemare il materiale raccolto e sviluppare le idee. Infatti è strano lavorare su più fronti contemporaneamente, fra passato, presente e futuro, il qui e ora diventa un concetto astratto, però il saltellio ti permette di fare continue comparazioni e associazioni fra luoghi, periodi e persone. La libertà è movimento e il movimento è anche spostare il pensiero su più argomenti, prima di partire però voglio vedere la famosa spiaggia di Cleopatra, il vanto della zona. |
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Il trabattello di Allah Il tempo è tornato bello, la città si sta preparando alla prossima stagione balneare e i cantieri aperti sono decine e decine. Si costruiscono tanti palazzoni uno accanto all’altro alti sei otto piani, tutti uguali, dove l’unico vezzo architettonico sono i terrazzi. I ponteggi sono l’antitesi della 626 che vista da qui sembra una cosa assurda, sono travicelli e tavole puntate con i chiodi con cui si sale fino all’ultimo piano, i tavoloni sono pochi, a volte uno che si sposta per tutta l’impalcatura come il bene più prezioso, di corrimano o sponde chiaramente nemmeno l’ombra e si lavora sempre con un solo tavolone anche all’ottavo piano. I più attrezzati hanno dei trabattelli che si reggono sulla ruggine sostenendo quintali di mattoni, a ulteriore conferma della certezza dell’esistenza di Allah. Si costruisce e si restaura quello che la salsedine corrode, è questa la principale attività della città, perlomeno in questo periodo. Nonostante consideri il cemento insieme alla droga, la principale sciagura di questo mondo, ho una grande ammirazione per i muratori, i carpentieri e i manovali e sono orgoglioso di aver lavorato un po’ di anni come manovale. |
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La lupareccia dei muezzin Poco prima dell’alba inizia la “lupereccia dei Muezzin” uno dopo l’altro gli altoparlanti chiamano la prima preghiera e in pochi secondi la cacofonia diventa assordante, i minareti illuminati di verde sembrano tanti missili pronti a partire, una decina di minuti e tutto torna a tacere, rimane solo il suono sordo delle onde. |
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Chavez idolo del Maghreb Il Presidente Venezuelano è diventato l’idolo con le sue dichiarazioni e l’espulsione dell’ambasciatore israeliano, tutto il Maghreb plaude ammirato al faccione indio di Chavez e prende consapevolezza della pochezza della lega Araba. |
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Un mondo ipocrita Il cielo è torbo di sabbia, un vento ululante che soffia da sud ha portato il deserto nelle vie e fa volare sacchetti di plastica e cartoni come aquiloni e il viso frizza di sabbia smerigliante. Anche oggi combino poco, mi disperdo e mi schifo nel mare deprimente delle dichiarazioni false di questo mondo governato da ipocriti. |
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Sempre più orrore Sempre più orrore e sempre più indifferenza. |
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Pianosa sul desktop Niente da segnalare oltre il tempo cupo e un peschereccio che nonostante un mare da naufragio esce verso il largo lasciando il riparo della baia di Marsa. A internet una piacevole sorpresa, sul desktop del computer trovo un’immagine dei kayak a Pianosa, è una di quelle regalate. I colori del mare sembrano quelli di questo mare, chissà magari sarà un semino che farà nascere un Viottolo beduino, mi piacerebbe che dei ragazzi di qui mettessero su un’attività come quella dell’Elba, anche per far partire un turismo ecosostenibile totalmente diverso da quello dei cubi di cemento sul mare che si sta moltiplicando all’infinito sulla costa mediterranea dell’Africa. Il desiderio di esportare l’idea di turismo del Viottolo è forte, ma non tanto da fermarmi, questo per me è il tempo del viaggio. |
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