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Mi sveglio presto e mi avvio sulla strada principale dove passano i bus, vengo subito avvicinato da un paio di procacciatori di biglietti, attendo qualche minuto in compagnia di due donne completamente velate, e di un contadino con una zappa e un enorme balla d’erba, finché non arriva tutto cigolante il bus. Si monta al volo, nel bagagliaio ci sono anche un paio di galline e un tacchino spaurito. Il pullman è pieno e super sudicio trovo un posto fra resti di cibo e vomito secco anche i marocchini di solito impassibili si lamentano del puzzo. Più che un bus sembra una zaccarena, è un azienda famigliare il babbo guida il pullman, un figlio, il più grande, biglietta l’altro carica i bagagli e chiacchiera con la gente e sparge con una bottiglia un po’ di sapone liquido sullo sporco ammontinato.
Dopo un paio d’ore s’arriva a Iznegane è la terza volta che mi ritrovo qui, la solita trattativa sul prezzo, ma questa volta meno insistente, forse sto diventando un po’ marocchino, e poi gran taxi fino ad Agadir.
Il lungo mare è molto “Americano”Albergoni bianchi, Palme e turisti abbronzati .
Mi sposto all’interno lascio lo zaino in un alberghetto nel Talborjtil Quartiere popolare e poi vado a vedere la grande spiaggia. Agadir è completamente diversa rispetto alle altre città marocchine. Un terribile terremoto nel 1960 ha distrutto la città vecchia e la nuova è stata costruita sullo stile di una moderna città occidentale, qui non c’è la medina le strade sono larghe ci sono viali alberati e grandi giardini. Dietro la spiaggia ci sono tanti ristoranti frequentati da europei e ricchi marocchini, qui la gente è vestita in maniera diversa, gli uomini sono vestiti tutti all’occidentale e anche la maggior parte delle donne.
La spiaggia è enorme non finisce, si perde nell’orizzonte verso Sud.
E’ un posto turistico e non mi piace però avevo proprio voglia di mare. Ci sono tante persone diverse su questo arenile, ci sono le donne marocchine vestite in maniera tradizionale e le ragazze che giocano a racchettoni sulla spiaggia col vestitone lungo, turiste europee seminude, ragazzi marocchini con mute piene di scritte che giocano con surf, kite e moto d’acqua, ci sono i poliziotti con la faccia cattiva vanno avanti e indietro con i quad controllando le licenze degli ambulanti e quelli più altezzosi a cavallo che trotterellano fieri riempiendo la sabbia di cacate equine, giusto per dare un tocco di sicurezza e disciplina .
I pomposi stabilimenti balneari sono territorio di caccia dei coreografici cuccadores marocchini che stondano slavate turiste pellancicose, mentre la spiaggia libera se la contendono i “gabibbi” (venditori di frati).
Ho voglia di silenzio, cammino qualche chilometro ma quando arrivo nella parte disabitata la polizia mi manda indietro è zona militare e non si può andare avanti.
Con il fare della sera arriva la bassa marea e la spiaggia si allunga specchiandosi sulla battigia, sulla sabbia vengono disegnati decine di campi di calcio, i ragazzi arrivano sul compatto arenile direttamente in bicicletta per giocare interminabili partite.
La cosa più triste sono gli enormi scavatori e i camion che stanno sbancando per costruire nuovi alberghi sulla spiaggia.
Ritorno in città per andare a vedere il porto peschereccio, è più complicato del previsto, c’è un muro controllato da guardie che divide i due mondi e per entrare al porto bisogna passare un controllo di polizia ed uscire entro le 18 .
Faccio un giro veloce fino al porto dove ci sono le piccole barche stile Tarfaya e tantissimi (centinaia) grandi pescherecci oceanici “Paranze”. I colori scuri dominano tutto, montagne di reti fanno da giaciglio per tanti pescatori accampati sulla banchina, alcune anziane donne preparano il the su un focolare dove bruciano pezzi di staminare marce, appena dietro il muro ci sono le banchine acciaio e cristallo della marina reale, sono poche decine di metri ma qui siamo in un altro pianeta e in un’altra era.
Il tempo è gia scaduto quando torno al di là del muro, pochi passi e mi ritrovo a passeggiare fra europei e ricchi marocchini non posso fare a meno di confrontare l’intensità degli sguardi della gente del porto e la “polpolessaggine”che regna in questo “struscio” marocchino. Chiudo la giornata con una grande mangiata di pesce.
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© 2024 Elba e Umberto
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