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Carichiamo i due zainoni, la tenda e l’orzo nella  shuarì e si parte.
Di buon passo arriviamo al paese dove facciamo  rifornimento di acqua e frutta, tutti ci guardano e  ridono, questo anomalo viaggio col ciuco sembra  divertire tantissimo. Proseguiamo in direzione di Sidi  Rahhal, paese che prende il nome da un famoso marabutto  volante, protettore dei malati di mente, vissuto nel XV  secolo. La strada che collega i due paesi è circondata  da campagne coltivate e ricca di canali per  l’irrigazione, in lontananza si vedono le vette innevate  dell’Atlante. Paglicce comincia a rallentare, ci  fermiamo per farlo mangiare e riposare all’ombra, ma  quando si riparte va meno di prima. Il tramonto si  avvicina velocemente, ma Sidi Rahhal è ancora lontano, è  una zona ricca di olivi e in questo periodo qui  raccolgono le olive. Un colonnino bianco ci segnala che  mancano ancora cinque chilometri a Sidi Rahhal, ma  comincia a imbrunire e a calare la temperatura, il  grande oliveto mi sembra un buon posto dove piazzare la  tenda. Nel cortile di una casa a fianco della strada si  affaccia una giovane donna vestita di bianco, ha una  bella faccia luminosa e curiosa, le chiedo se ci  possiamo accampare vicino alla sua casa, rimane un  attimo perplessa poi mi dice di attendere. Ritorna in  compagnia di un uomo a cui ripeto la richiesta, l’idea  della tenda non gli piace tanto, però a fianco c’è la  casa del cugino che ci può ospitare. Mentre discutono  Paglicce crolla e chiude la questione, scarichiamo il  ciuco, lo sistemiamo in giardino e portiamo il bagaglio  in casa. Veniamo accolti con grande ospitalità e fatti  accomodare nella stanza più bella. Sono curioso di  vedere come sarà la cena, finora nelle case marocchine  ho sempre trovato una netta divisione tra uomini e  donne. Omar, il padrone di casa, è un omone dalla faccia  buona e i piedi enormi, il vestitone lungo che porta lo  fa somigliare a un frate, ci dice con tono di scusa che  la sua è una famiglia piccola una moglie e solo tre  figli, due femmine e un maschio. Come temevo mangiamo  separati, ci offrono il meglio che hanno: lenticchie,  pomodori, olive, carote e patate. Dopo mangiato Omar ci  invita nella stanza della televisione con tutta la  famiglia, la conversazione è tutta incentrata sulla  coppa d’Africa, poi mi metto a giocare coi bimbi più  piccoli a cuscinate.
Prima di andare a letto il pavimento della “nostra”  stanza viene trasformato in un lettone, penso a come  verrebbero accolti due marocchini mai visti prima da noi  se si presentassero a buio sull’uscio di casa co’ un  asino e du’ cestoni.