Sano narcos 
Ci siamo, chiamo la dottoressa Zerbi e gli spiego i fatti, mi dice che il refoulé è una cosa grave, che sono stato espulso dal Marocco, ma lei da lì non può fare molto, è meglio andare a sentire direttamente alla frontiera di cosa si tratta, mi dice che le sembra impossibile che era tutto a posto e  chiede di mandargli un fax con la fotocopia del timbro, che a quanto dice è anomalo, lo guarderà insieme al suo amico commissario per capire meglio.
Alla frontiera ritrovo il funzionario con la faccia gioviale, che mi riconosce e mi chiama chiedendomi che ci faccio lì, gli spiego, ma lui mi dice che io sono stato espulso dal Marocco dopo essere stato arrestato per traffico di droga. Gli spiego che sono lì per capire perché ho il refoulé sul passaporto e che è una montatura, ma lui mi ripete che i marocchini mi hanno accompagnato alla frontiera con una documentazione che affermava che io sono stato arrestato in Marocco per traffico di droga. “Te l’avevo anche detto”, mi dice.  “Sì, ma io credevo che scherzavi”. “Io su questi argomenti non scherzo mai”.
Gli dico che è tutto assurdo e di controllare bene, sia la mia posizione che quella di Serena che invece sembra regolare, il funzionario gentilmente fa una serie di telefonate e ci dice che siamo stati espulsi tutti e due per clandestinità. “E la motivazione?”  “Fatela chiedere dai vostri diplomatici ai marocchini”.
Sempre peggio, dall’arrivo a Torres è un crescendo di assurdità, dalla circolare che vietava il campeggio, al permesso scaduto, dalla confisca dei documenti, alla giornata in caserma, dall’espulsione, all’accusa di essere un narcotrafficante, la cosa che mi indigna è che tutta questa montatura è stata costruita da chi con il narcotraffico ci convive e ci vive.   
Richiamo la Zerbi a Casablanca, ha visto il timbro e mi dice “in Marocco per almeno cinque anni  non ci tornate più“, mi invita a non chiamarla più e che quando saprà qualcosa sulla motivazione si farà viva, poi mi dice che se non volevo problemi nel Rif non ci dovevo andare. Meliani, il rappresentante consolare di Fes, mi fa incazzare ancora di più, quando gli racconto cosa mi hanno detto alla frontiera, dell’accusa di droga, casca dalle nuvole e mi chiede sorpreso “ ma è vero?”.
Morale in Marocco non si rientra più, questa è l’unica certezza. Chiamo un’amica giornalista marocchina e gli racconto i fatti, è molto dispiaciuta e mi chiede scusa per la polizia del suo paese  ma mi dice anche che in Marocco non ci sono giornali disposti a pubblicare una storia del genere, un’ipocrisia di regime che oltrepassa i confini del reame, come dimostrano i “nostri” diplomatici stanno ben attenti a muovere foglia per paura di intralciare una così importante risorsa economica.
Inizio a scrivere una cronologia esatta di quello che è successo negli ultimi giorni, solo fatti senza commenti, ma più scrivo più mi rendo conto che trovare gente disposta a pubblicare sarà difficile. Informo Roberto delle novità e poi scrivo a Sergio Elbareport Rossi, il direttore dell’unico giornale  Indipendente che conosco, Elbareport appunto.