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Fra dune dighe e villaggi di pescatori Il sole deve ancora sorgere, la stradina stretta da asfaltata diventa sterrata, in basso si intravede una baia bellissima pero’ non riusciamo a sfondare, arrivati a un piccolo marabutto faccio manovra e si torna indietro, c’è profumo di rallye in questa salita di fango che corre incontro all’alba fra la teppa e il ”baracano”. Ritrovato il serpo godronato proseguo in quest’illusione di Tour de Corse, un tornante secco alla ”Padreterno” scende giù a Dar Ramal. Fra tornanti in contropendenza e mucche assonnate arriviamo in fondo, passiamo un guado”safari” e siamo sulla spiaggia. Anche qui ci sono le baracche fra i tamerici e il ghiaieto, i pescatori stanno rientrando con le barche a remi, hanno fatto una buona pesca di piccoli saraghi e occhiate. C’è una bella spiaggia dove un “Salsiccia Tunisino” pesca col razzaglio, alla fine dell’arenile c’è una grande roccia bianca a forma di tutto quello che ti viene in mente che confina con una scogliera piatta e porosa dove crescono piccoli cespugli di erbette salmastre. Oltre, una micro insenatura dove ci sono tre catamarani e una famiglia di francesi in vacanza. Tornando indietro sulla spiaggia incontriamo una mandria di mucche che lentamente si sta avviando al pascolo, attraversano seriose l’arenile, le mucche non ridono mai nemmeno da vitelle, da lontano hanno un’espressione truce e minacciosa, la mandria sembra che ti possa travolgere da un momento all’altro e con quella mole che si ritrovano potrebbero davvero, invece sono mansuete e senza nerbo, con lo sguardo spento, quando gli cerchi l’anima dentro gli occhi trovi sempre e solo una sfera scura lacrimosa e inanimata, è un branco abulico che viaggia passivamente verso un destino di braciola. I gatti sono all’opposto, ce ne sono due che mi osservano falsamente passivi dal banco di una barca in secca, sornion ad occhi socchiusi ti scannerizzano e poi ti sfidano le pupille, i gatti valutano, scelgono e a volte ti scelgono. Dal bivio si prosegue a mezza costa dentro un panorama ampio e arioso, sullo sfondo un cavaliere staglia la sua sagoma fra cielo e mare, scenari che sanno di Atlas e vita nomade, in effetti questa è una zona Amazigh. La strada finisce bruscamente vicino al mare, è stata portata via dalla piena dopo i recenti nubifragi alle porte di Houichet un villaggio di pescatori appena alle spalle di una scogliera granitica. Subito veniamo circondati da bimbi che ci chiedono argent e bon bon, è un paesino molto povero ma in una posizione stupenda fra scogliere e spiagge bianche, c’è un cimitero sul mare trasformato in campo di calcio, l’aria è tersa e sullo sfondo si stagliano gli isolotti dei Cani, il mare è bello e si vede Cap Serrat in lontananza. Risalendo incontriamo una donna che trasporta sulla schiena un gigantesco fascio di legna e poi le piccole capre che mangiano le foglie ai lecci piegati dal vento. Da qui non c’è sbocco, bisogna ritornare sulla strada principale, facciamo una sosta a Teskraia per mangiare qualcosa, è un piccolo villaggo dove, essendo gli unici forestieri, si catalizza l’attenzione. Nel piccolo souk in muratura c’è un emporio che vende un po’ di tutto, dai picconi al sale, ci prendiamo due panini col tonno, questa è un’altra Tunisia lontana anni luce da quella filo europea di Tunisi e Bizerte e anche i prezzi sono enormemente più bassi. Siamo lontanissimi ma ci sono tante affinità con l’interno del Marocco. La vegetazione è la tipica della costa mediterranea e lungo la via ci sono dei bimbi che provano a vendere ai rari automobilisti ”le bacole” (bacche dei corbezzoli) molto apprezzate dai Tunisini. C’è un incrocio all’altezza di una grande duna che fa capolino in lontananza, la strada sembra non finire mai, c’è un’indicazione residence che ogni tanto spunta e un grande cantiere, la pista diventa sabbiosa e divertente e dopo un po’ di girigogoli con un po’ di fortuna riusciamo ad arrivare sulla costa senza insabbiarsi. Fra la duna e il mare c’è un residence da tritolo dove c’è solo il guardiano. E’ un tratto di costa molto bello e selvaggio che alterna la spiaggia e le rocce, fa caldo e un bagno ci sta proprio bene. Nella sabbia ci sono solo le nostre impronte, è una spiaggia ma è strano camminarci, la crosta sottile sulla superficie si frattura sotto i passi allargandosi producendo un suono plastico. Facciamo un giro nel tombolo, le dune alte e profonde entrano nell’interno per centinaia di metri, ci sono tanti ginepri e lentischi sagomati dal vento e tante farfalle fra cui una bellissima bianca puntinata di rosso e di nero. Tornando indietro fra fango e sabbia finiamo dentro enorme cantiere, anche qui stanno costruendo una grande diga. Ritorniamo sulla strada principale anche qui sono le donne quelle che lavorano di più, mentre il marito controlla, mamma e figlia tutte ingioiellate caricano sassi sul carretto, le donne berbere anche quando fanno i lavori più duri non rinunciano mai ai loro gioielli. Mi fermo a Sejane per fare benzina e poi di nuovo una stradina pero’ stavolta asfaltata per Sidi Mechrig, un altro villaggio sul mare, un po’ di saliscendi fra colline ricoperte di sughere e siamo nel piccolo agglomerato semideserto, c’è un porto rifugio appena costruito dove stazionano una decina di piccoli pescherecci. La cosa più bella sono i resti di un impianto termale di epoca romana sul mare che conserva ancora una sua eleganza che contrasta con le brutte case dell’attuale paese. In piedi ci sono rimasti solo tre archi ma tutto intorno anche se insabbiate si vedono bene le caldaie e le stanze con le piscine, ci guardiamo il tramonto sulle rovine e poi rientriamo a Bizerte. |
© 2024 Elba e Umberto
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