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Africa in festa per la vittoria di Obama, ma l’America è in Libia Lasciamo Jerba di buon ora con un louage collettivo che ci porterà fino a Ben Guerdane, ultima città Tunisina prima della frontiera libica. Passiamo dal ponte di “Dragut” e poi dall’abitato di Zarzis, contrariamente al solito non si ascoltano le solite musichette ossesive, stamani la radio è sintonizzata sui notiziari per avere notizie sulle elezioni statunitensi. Obama ha vinto e sono tutti contenti perché ha perso Mc Aine da tutti considerato il nemico numero uno dell’Africa e dell’Islam, si respira forte che questa elezione perlomeno per le speranze che innesca rappresenta un qualcosa di importante. Avvicinandosi alla frontiera libica i controlli di polizia si fanno più frequenti e come stranieri siamo controllati più accuratamente ma più che altro per curiosità, anche al posto di blocco c’è la radio sintonizzata sulle notizie yankee, partiamo e quando l’autista ci distribuisce i documenti si accorge che ce n’è uno in più, quindi ritorniamo indietro a restituirlo al posto di blocco fra le risate generali. Arrivati alla stazione dei louage di Ben Guerdane prendiamo un altro passaggio fino alla frontiera di Ras el Jadir, la Tunisia finisce qui, entriamo nella fascia della terra di nessuno, c’è un gran via vai e vediamo la prima gigantografia di Gheddafi che ci squadra con espressione Mussoliniana. Le guardie di frontiera tunisine fanno un po’ di storie provando a rimediare una mancia ma poi ci lasciano andare, la maggior parte delle persone passano la frontiera in macchina, sono quasi tutti tunisini che lavorano o risiedono in Libia, a piedi non siamo tantissimi e noi siamo gli unici europei. Per entrare in Libia c’è bisogno dell’accompagnatore e come da accordi lo dovremmo trovare qui e infatti arriva, è un omone brusco e cupo con la faccia da militare che mi chiede in inglese i documenti, qualche minuto e si parte su un macchinone, un suv di lusso con ancora la plastica sui sedili. Il poliziotto sta sempre zitto con lo sguardo fisso sulla strada che è un infinito rettilineo fra mare e deserto, anche il tachimetro è fisso a novanta chilometri l’ora ma sembra di essere fermi, il panorama è sempre lo stesso fino a Sabratha, l’unica variabile sono le nuvole sempre più nere e minacciose, chissà se portiamo la pioggia anche in Libia. In un paio d’ore siamo a Sabratha, “silenzio” ci porta in un albergo, ci indica un ristorante e dice “Tomorrow eit o clock”, l’accenno di domanda se si puo’ andare in giro viene interrotto da un marziale “hotel, restorant, its all”. Mi sento un po’ ostaggio e un po’ “turista tutto compreso” ma per oggi va più che bene, quella che sembrava una delle frontiere più complicate l’abbiamo passata. E’ un posto spoglio ma pulito e grande, ci sono dei grandi spazi vuoti sembra un ospedale con i tappeti di una chiesa e la camera è grande come un paio di monolocali elbani. Nella ricezione non ti registrano si prendono direttamente i passaporti. Nonostante i muti consigli di silenzio andiamo a fare un giro, non ci sono europei in giro, è tutto molto “film americano” strade larghe con grandi cartelli pubblicitari di pizze stile yankee con tanto di guarnitura di pollo, è tutto molto diverso rispetto agli altri paesi del Nord Africa, i negozi sono grandi e pieni di merce e poi è tutto molto pulito, anche la gente è molto discreta non c’è bramosia nessuno ti chiama nella sua attività ma sono tutti gentili. In giro si vedono quasi solo uomini e anche i giovani vestono alla maniera tradizionale, si vede che la gente sta bene e poi non ci sono poliziotti, perlomeno non in divisa. Anche il parco auto è un atro mondo rispetto all’Africa vista fino ad ora, la macchina più diffusa è la Mitsubishi Lancer che sta alla Libia come la Fiat Punto all’Italia e ci sono tante macchine sportive soprattutto Bmw dai rombi cattivi che lasciano una scia che sa di benzina avio, l’idea è di un paese ricco e tranquillo. Sono senza soldi libici e anche qui un‘altra sorpresa, entro da un fotografo per cambiare e il negoziante mi spiazza chiedendomi a quanto è il cambio e poi mi cambia in dinari arrotondando in mio favore, in Tunisia e in Marocco sarebbe stato un mercanteggiare infinito, il rapporto con il denaro è totalmete diverso, è troppo presto per esprimere opinioni ma l’impressione è che la dittatura socialista di Gheddafi non sia poi cosi’ male. Inizia uno spettacolo di tuoni e fulmini che culmina con un grande acquazzone, ci ripariamo in un internet point spaziale, computer moderni e grandi schermi affacciati su una vetrata che sembra la plancia di una nave, postazione perfetta per godersi lo spettacolo del temporale. Mi collego a fiorentina.it per seguire Fiorentina Bayer, sfida decisiva per la champions league, finisce 1-1 mi sa che la coppa dei campioni un si vince nemmeno quest’anno. |
© 2024 Elba e Umberto
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