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Il moccio detergente
Usciamo di casa all’ora che ultimamente si rientrava, per andare alla stazione dei pullman, il pullman per Alessandria però è al completo quindi prendiamo un taxi, un peugeot 504 station wagon a otto posti, la bauliera si chiude con la corda e i finestrini rimangono aperti, ma incastrati come acciughe si parte. L’autista è uno spettacolo, la versione sahariana del mitico capitan trinchetto. Esce l’alba, il sole gigante davanti a noi rende impossibile la guida al capitano che scende a pulire il vetro con un pezzo di carta, ma il risultato è…se prima vedeva poco dopo questo pastone non vede niente, infatti dopo poco ripete l’operazione che viene un po’ meglio, alla fine un ci vede un cazzo lo stesso ma nel frattempo il sole si è alzato e quindi si riparte. Fa un freddo boia perché dai finestrini entra un vento gelido, la strada è tutta dritta ma andiamo a una cinquantina di chilometri all’ora di media. Trinchetto è un personaggio, fuma mentre biascia e sputa semi di zucca, col fazzoletto, che è lo stesso foglio usato per il parabrezza, ci si soffia il naso e con la polvere impastata al moccio con fare da chirurgo ci si pulisce gli occhiali, poi si ferma in un punto di ristoro, si piglia un the, si fa accendere una shisha e si mette a sfumacchiare, dopo una ventina di minuti e solo dopo ripetute chiamate, un po’ scocciato si decide a ripartire. La strada è un infinito rettilineo tra sabbia e mare, passiamo anche davanti al Sacrario italiano dedicato ai militari caduti nella battaglia di El Alamein, la costa è un’infinita sciagurata distesa di cemento, stanno costruendo sulle dune delle vere e proprie città, lo schema è sempre quello già visto in Marocco e Tunisia: aeroporto, stradoni e alberghi sulla costa, e ai margini è nato un villaggio di baracche  per gli operai. Ancora una sosta, questa volta il nostro comandante fra le risate nostre e degli altri sei disgraziati stipati nella macchina, esce con la sua bottiglia dell’acqua per dare una concimatina al deserto, rientra dopo poco con aria compiaciuta e con l’acqua nella bottiglia allo stesso livello. Le costruzioni aumentano sempre di più, siamo ancora lontani ma in pratica è già la periferia di Alessandria. Siamo anche sul margine occidentale del grande delta del Nilo, è un insieme di lagune salmastre ricche di canneti dove si vedono tanti aironi, ci sono anche tanti impianti petrolchimici, in alcuni momenti sembra di camminare in una strada in mezzo al mare, in altri si passa dentro delle vere e propeie saline. Un nastro asfaltato circondato dal mare solo poche decine di centimetri poco più in basso della strada, ci porta alla stazione dei taxi, da qui con un vecchio fiat 125 ci spostiamo in centro passando anche accanto alla nuova ma già famosa biblioteca di Alessandria. Siamo qui per cercare di risolvere il problema delle macchine fotografiche e dopo una serie di tentativi finiamo nella bottega di un riparatore, è un uomo dai modi gentili e la lunga barba grigia da profeta, ma i problemi non vengono risolti, ci rimane da provare il Cairo o forse Port Said. Alessandria è una metropoli il centro è quello di una città europea, è un ambiente totalmente diverso da quello di Marsa Matrouh molto più occidentale e frenetico e pieno di negozi e ristoranti all’occidentale, anche la guerra nella striscia di Gaza, vissuta con grande coinvolgimento a Marsa Matrouh, qui sembra non esistere. Approfittiamo del tempo a disposizione per andare a vedere il Serapeo e la famosa colonna di Pompeo, un’enorme colonna in monoblocco di granito alta trenta metri risalente al periodo romano. Il Serapeo era il tempio più importante della Alessandria Tolemaica, Serapide era la divinità più importante della città, una dea promiscua che univa più culti inventata proprio dai faraoni macedoni. È un complesso molto grande circondato da tanti palazzacci di periferia, l’attenzione è catturata dalla grande colonna e da due sfingi di granito prelevate dai reggenti di Alessandria nell’antica città egizia di Heliopolis. Ci sono i resti di tante enormi colonne e un po’ di statue ma la parte più interessante è quella sotterranea dove si trovano il santuario e la biblioteca considerata all’epoca la seconda più grande di Alessandria e del mondo, ma a differenza della maggiore, consultabile da tutti e grazie a questa opportunità il Serapeo divenne uno dei poli culturali più importanti dell’antichità. A poca distanza si trovano le catacombe di Kom Ash-Shuqqafa che la guida decantava molto belle ma in reltà si rivelano una delusione, solo pochi loculi, la parte più interessante è una tomba con tre sarcofagi risalente al periodo romano dove ci sono raffigurate le tipiche divinità promiscue di questa città che univano idoli egizi, greci e romani in personaggi unici. Siamo poco fuori dal centro ma si respira tutt’altra atmosfera i vicoli sono sporchi e confusionari e l’abbigliamento della gente è quello di veli e tonaconi. C’è una grande confusione, attraversare le strade è sempre un’avventura, per i tram e per il gran traffico dominato da centinaia di taxi gialli e neri quasi esclusivamente vecchie fiat 125. Ormai cala la sera, passiamo davanti all’anfiteatro e poi ritorniamo a Marsa col bus. A tre quarti del percorso si comincia a sentire un gran puzzo di fumo, il pullman sta prendendo fuoco. Ci fermiamo, si è rotto un tubo ed è tutto allagato d’olio, bisogna aspettare il pullman successivo che passa dopo un’ora, carica tutti e ci porta a Marsa Matrouh.