Image Alessandria, fra nostalgie di Belle Epoque, fast food e fronti livide 
Stiamo a internet fino alle cinque poi saluti e a casa dove ci facciamo una pastasciutta con tonno e poi zaino in spalla e si parte. Arriviamo alla stazione dei pullman che comincia a fare giorno, stavolta troviamo posto sul bus, intorno a questo grande piazzale c’è una bella miscela di facce e situazioni interessanti, un vecchio rinseccolito come una mummia attraversa il parcheggio delle corriere con il carretto carico di bombole del gas trainato da un vecchio ciuco che l’artrosi fa sembrare meccanico. Nell’attesa gli uomini fanno capannello intorno ai piccoli falò, fra narghilè e bicchieri fumanti di shay, in una grande varietà di tonaconi, turbanti e kafià, mentre le donne stanno in disparte, tutte piuttosto statiche meno una, apparsa all’improvviso come una pantera del deserto si muove rapida fra corriere e chioschi alla ricerca del giusto mezzo, è avvolta in un coltrone nero e un lungo velo bianco le copre il viso e scende fino all’altezza delle ginocchia, si muove agile nonostante un grande sacco in testa e una borsa di iuta in mano, poi carica il sacco nella stiva del pullman per Alessandria e sale a bordo. Dopo poco si parte e mi addormento facile con l’aiuto del soporifero umore di sudore e lezzo che aleggia nella corriera. Quando mi sveglio è già Alessandria con la sua grande periferia che si estende fra lagune salmastre e petrolchimici che regalano inalazioni killer, fiancheggiamo un inquietante matrouh colorato di rosso e poi si arriva al capolinea, prendiamo il taxi, un fiat 125 che avrà la mia età, dove c’è già una donna anziana tutta vestita di nero che sta portando due ceste di vimini piene di cibo da regalare ai parenti cittadini. La nonna è allegra, sembra divertirsi tanto nel traffico allucinante e sempre più congestionante, “yallahahh!! yallaahahh!!” ride e sprona il tassista a infilarsi deciso in ogni varco. Una mezz’ora e siamo in Midan Saad Zaghloul (la piazza centrale) qui vicino faremo base per qualche giorno, in  una camera dentro un vecchio palazzo dal nobile passato ma oggi un po’ sgarrupato, la posizione è  ottima ed è comunque un posto assai affascinante e poi è molto economico. Alessandria è una metropoli con più di cinque milioni di abitanti allungata sul mare, nella forma assomiglia un po’ a Genova, sa molto di vecchia Europa è decadente e sgarrupata, con tanti grandi palazzi della Belle Epoque eleganti e pomposi ma ormai tutti scrostrati e fuligginosi. Anche i cafè lungo la corniche con i camerieri incravattati hanno il calendario fermo al periodo coloniale e sembrano scrutare verso il mare nell’attesa del fumo nero delle caldaie di improbabili panfili a vapore anglosassoni. Nell’attesa del fumo nero si ingrigiscono di piombo e ferodo e si alienano nel suono ossessivo dei clacson che sono la colonna sonora perpetua di questo viale. Alessandria è affacciata sul mare e come tutta le città di mare lì guarda, in cerca di novelle e sirene, per altro qui già atterrate in passato. Il fascino nostalgico si perde nelle vie interne fra le vistose insegne dei fast food e le vetrine di telefonini, nei tanti Chador delle donne e nell’osservare gli uomini con le fronti callose e tumefatte dal tanto pregrare.