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Motopia, la Casa della Fantasia
È mattina presto, dormono tutti nella quiete del palmeto solo i gatti sono già svegli, è un’inizio di primavera di solleone e palme in fiore. Attraversiamo l’oasi quieta e laboriosa fino a Dakrur,
cerchiamo e troviamo la scuola della libertà, un arco di foglie di palme si apre su un recinto di colore e una casa di sale senza porte, è il trionfo della fantasia, qui nella rigida Siwa tra tradizioni cupe, regime e islam, a contrasto risplende libera Motopia, la scuola voluta da Mohamed Fawzy, un inno di libertà nella polvere, un apparente caos che emana l’armonia nel suo denso accumulo di sparpagliata creatività, mille disegni e sculture di plastica riciclata, legno, terracotta e filo di rame e di ferro, capanne di fronde di palma, letti, amache, antenne, reti, animali, libri, cd, quaderni, computer, lucidi e mostri benevoli. Non c’è nessuno, si gironzola fra scheletrici Don Chisciotte di filo di rame, disegni a china, acquarelli e totem di bidoni e legni, il fruscio tintinnante delle girandole ombrellate e centinaia di origami multicolori che balzellano appesi al soffitto e poi lenzuoli dipinti con decine di omini dalle mani enormi e tante foto e collage con dentro di tutto un po’. Arriva Mohamed trafelato, era andato a rimediare un po’ di materiale per fare il tetto alla biblioteca di Motopia, è dispiaciuto che non ci sono bimbi ma a quest’ora sono tutti a lavoro, oggi è giorno di festa a scuola e i bimbi aiutano i genitori. Motopia non è ben vista dalla maggior parte dei genitori e nemmeno dalla scuola, che sia Coranica o di stato, ma i bimbi ci vogliono venire e spesso ci vengono di nascosto, per questo è sempre aperta, tutti possono venire quando e con chi vogliono e qui si sta tutti insieme maschi e femmine. Mohamed è una figura leggera, ma ha potenza, coraggio e carisma ed è riuscito ad ottenere la stima e la fiducia anche di un po’ di genitori che sono felici di mandare i figli qui e in altre attività fatte da Mohamed, come andare coi bimbi a dormire nelle dune del deserto… che spettacolo che sarebbe portare qui i bimbi Elbani, sarebbe un’esperienza indimenticabile e lo sarebbe anche per i “grandi” Isolani che le cose le vogliono fa’ ma solo in teoria, sempre frenati da mille paure e finti problemi, ma intanto il contatto è stabilito, questo è uno di quegli incontri speciali che aprono prospettive future importanti.
C’è una festa nella zona del villaggio di capanne costruito sul fianco ovest della collina di Dakrur, quello della grande ricorrenza di Siyaha, ci sono un centinaio di persone, le donne coi bimbi stanno in basso dove ci sono i pentoloni del cibo e gli uomini in alto al fresco delle costruzioni.
Si gironzola per l’oasi fra laghetti e coltivi incontrando tanti bimbi che lavorano e che giocano, facciamo anche un tratto su un carretto guidato da un ragazzino ciccione che ci offre un passaggio. Nel piccolo villaggio ad est delle montagna dei fantasmi, si incontra una bimba pittrice che sta disegnando su un cartone inzuppando uno stecco in un bussolotto di acqua sporca di vernice, è una delle bimbe che frequenta Motopia, insieme a lei il fratellino piccolo e due sorelline più grandi. Mi fermo un po’ a giocare con i colori e piano piano si diventa sempre di più, dietro ogni bimba c’è sempre una bimba più grande, poi una ragazzina e un’altra ancora più grande, un effetto matrioska che finisce nella penombra dentro lo sguardo di una donna velata.
Nella zona della festa c’è una partita di calcio fra donne, sono coreografiche con i veli sventolanti ma quando ci vedono smettono di giocare e fuggono via. La festa sta finendo e le persone cominciano ad andare via salendo sui cassoni dei pik-up, un gruppo di ragazzine si avvicina gioioso, sono incuriosite da Serena vorrebbero farsi qualche foto ma la loro esuberanza è bruscamente interrotta da un paio di adolescenti dal pelo vano, che seri e bacchettoni le mandano via urlando, completamente assorti nel ruolo di castrati e castratori celebrali, il vuoto alienato e severo dei loro sguardi mi fa capire ancora di più le difficoltà incontrate da Fawzy e la sua determinazione.
La via che da Dakrur conduce a Siwa regala sempre grandi scorci di poesia, specialmente se ci si dilunga nei vicoli laterali dove tutto è ancora più morbido e silenzioso e sempre uguale a se stesso. Nella piazza del paese invece la quiete è turbata da due slavate befane che si sono sedute in un cafè a bordo strada esponendo scolli per qui sconcissimi e stanno mandando in crisi il proverbiale autocontrollo dei Siwani, che oscillano con malcelata indifferenza con carretti, moto e biciclette, sfiorando il marciapiede dove sono in visione le pallide membra.
Ritorniamo a Dakrur per il tramonto e poi si ripassa dalla casa della fantasia dove nel frattempo qualcuno è stato a giocare…il sogno di Mohamed è una realtà, una gran bella realtà.