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Djebel Engleez Colazione con una spettacolare macedonia che Serena ha preparato con la frutta dell’oasi: una zuppiera di fragole, banane, pesche e aranci. Passo le ore più calde a scrivere poi verso le quattro si esce per andare al Djebel Engleez, dopo aver lasciato il villaggio di Bawiti e attraversato per una ventina di minuti l’oasi, si esce dalla freschura del palmeto e si comincia a salire sulla desertica montagna nera che con le sue forme ondulate fa pensare a un asteroide sterile. Come in tutte le zone desertiche ai margini dei centri abitati, anche qui ci sono tante tracce di sepoltura, si sale fino alla vetta che in realtà è il punto più alto di un piccolo altopiano, dove si trova il rudere di un piccolo forte costruito con scaglie di sasso tenute insieme da un impasto di fango secco, questo avamposto fu costruito durante la prima guerra mondiale per volere di un ufficiale inglese di nome Williams che da qui intendeva avvistare i predoni nomadi che spesso facevano irruzione dalla vicina Libia. Il panorama è ampio e spazia a 360 gradi, a nord ovest si vedono i piccoli laghetti dell’oasi e a nord la collina a forma di vulcano del Djebel Dish, dove sono stati scoperti importanti resti di dinosauri. Con l’avvicinarsi del tramonto la collina si popola di turisti e accompagnatori, arrivano anche due francesine con una ventina di ragazzi dell’oasi al seguito, tutti impegnati a farsi fotografare con le due divertite ragazze, mentre ci spostiamo per guardare il tramonto da un pinnacolo più in basso, vediamo arrivare “i maschi” delle due contese fanciulle, entrambi con l’occhi a polpo lesso e il sorriso in giamaica, poi scendendo in una radura più in basso vediamo parcheggiati tutti insieme un gruppo di fuoristrada dove i cucinieri dei vari gruppi stanno preparando l’immancabile the. È assurdo ma tutti fanno le stesse cose, nello stesso posto, alla stessa ora, purtroppo questo concetto di turismo è comune da tutte le parti, Elba compresa. Per tornare verso valle si passa da una dei tanti sentierini che attraversano la “montagana nera” passando sopra a una zona che suona vuota sotto i piedi, sicuramente sotto è cavo, chissà…magari qualche tomba sconosciuta, cosa assi probabile da queste parti. A buio si rientra a Bawiti e si va a mangiare il solito kofta al solito posto. |
© 2024 Elba e Umberto
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