incidente

dakhla

L’Alba è ancora lontana ma il paese è già attivo, le Land Rover scassate, cariche di pescatori vanno verso il porto. Lo spazzino pulisce le vie, non è facile pulire un paese di ''sabbia'', usa una cassetta e un rastrello, con la scopa consumerebbe la strada. Il pulman è in ritardo, arriva il sole ma il bus no, chiedo e mi dicono che probabilmente era completo e allora ha saltato Tarfaya, ma c’è subito pronta la soluzione. C’è una famiglia che deve andare a Lannyoune con il taxi, in sei facciamo l’equipaggio completo, si parte. C’è nebbia, si arriva a Laanyoune, è molto grande, ci sono caserme dappertutto e molti osservatori dell’ONU. Altro gran taxi destinazione Dakhla, è arancione come cinghio, il mio furgone lasciato al Viottolo. Penso ai ''viaggi di cinghio''. Inizialmente volevo fare dei reportages a sfondo sportivo-naturalistico usando cinghio come base, caricandoci sopra kayak e mtb e farla diventare un’attività, ma poi, una serie di circostanze mi hanno fatto prendere la decisione del grande viaggio, sono sempre più contento di questa scelta. Mi piazzo davanti come durante la prima tratta nel posto più scomodo ma anche più panoramico, sul tunnel del cambio rivestito di pelle di capra. 550 chilometri nel deserto praticamente un unico grande rettilineo fra il deserto e il mare. Si incontra un vero fuoristrada, nel senso di un Land Rover finito fuoristrada e impantanatosi. L’autista si è addormentato, la cosa comica è che è l’unico tratto umido vicino alla strada, una specie di grande polla. Ogni tanto bisogna fermarsi perché passano dei branchi di dromedari che attraversano fieri ed indifferenti, i pochi cespugli spinosi sono presi d’assalto dalle capre dei nomadi le cui tende si materializzano dal nulla come miraggi.La strada costeggia l’oceano e ci sono dei colori bellissimi, chiedo all’autista se è possibile fare una breve sosta per fare delle foto, gentilmente accosta, c’è uno spiaggione infinito con due relitti , verrebbe voglia di scendere ma non c’è tempo, mi giro e vedo che il deserto è diventato un cesso: chi piscia, chi caca, uno spettacolo, chissà perché mi vengono in mente Leo el Dotto.Fa un gran caldo ci sono più di 40 gradi, cominciano i controlli, saranno in totale una quindicina, la trafila è sempre la stessa: passaporto, nazionalità, professione, da dove vieni, dove vai, perché, per quanto tempo, ai marocchini controllano solo il foglio di viaggio rilasciato dal commissariato del luogo di residenza. È da un po’ di ore che mi chiedo se l’autista è destro o mancino, lo osservo ma non capisco, guida con le ginocchia ma questo non è un grosso problema visto che la strada è dritta, con la mano destra è intento a pulirsi i denti con uno stecco mentre con la sinistra si scaccola, ora normalmente è più impegnativo pulirsi i denti ma siccome la somma dei denti fra sopra e sotto non sembra superare le sette unità il dubbio rimane.
Ci fermiamo per una lunga sosta di ''mezzora'' in una specie di autogrill, ne approfitto per affacciarmi verso il mare , lo spettacolo è esaltante e angosciante allo stesso tempo, una spiaggia meravigliosa e un villaggio fantasma: è una visione surreale, mi propongo di venirci domani per approfondire.Stiamo per arrivare, i controlli si infittiscono cosi come le bianche camionette delle Nazioni Unite, la recente moratoria contro la pena di morte mi fà sentire orgoglioso di essere Italiano. Il deserto diventa bianco e le dune sempre più alte, è molto bello, all’improviso una depressione e poi una laguna profonda che si incunea nel deserto, è la baia di Dakhla, mare piatto e vento forte un paradiso per il kite ed il wind surf ci sono molti camper europei accampati sulla spiaggia della laguna. La citta è circondata da caserme, la più grande è quella lasciata dagli spagnoli, circondata da un lunghissimo muro ocra.Dakhla è una cittadina, nulla a vedere con Tarfaya, ci sono tanti negozi di elettronica, tantissimi barbieri – credo sia legato alla grande presenza di militari ma anche al gran, caldo -. Siamo sul tropico del Cancro e la temperatura è costante tutto l’anno sui 30 gradi di giorno e 15 la notte.
Ci sono anche donne vestite all’occidentale e ci sono anche le gioiose discrete (nel senso della della discrezione) ma ben identificabili, del resto con tutte queste caserme e un porto importante credo sia inevitabile. Il mercato della frutta e della verdura è spettacolare cosi come le pasticcerie.
Con l’equivalente di due euro si mangia una grigliata di pesce. Arriva il momento fatidico: ho promesso al mitico “Mendolone” testi e foto, ma anche stavolta non riesco a mandargli niente. Mentre scrivo mi si blocca il tasto che cancella tutto, nella frenesia di sbloccarlo lo pigio ancora di più, sta cancellando tutto, mi parte una scarica di bestemmie che la sentono dalla Mauritania, c’è un silenzio di tomba, tutti mi guardano allibiti, per un momento penso che verrò lapidato, non solo non ho spedito niente ma ho cancellato quasi tutto quello che avevo scritto.
Torno verso l’albergo, eccezionale nel rapporto qualità prezzo 50 Dirham a persona (5 euro), ma sono così incazzato che giro mezzora a voto prima di ritrovarlo. Mi ferma anche la polizia che però mi lascia subito. Non c’è più nessuno per le vie quando trovo la via di casa.