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Pane di strada
La voce cadaverica del muezzin me la ritrovo anche nel sogno, per fortuna stamattina la temperatura è calata e il vento è ritornato ad essere qualcosa di piacevole. Facendo un giro fra le case in mattoni crudi della città vecchia sulla soglia della moschea incrocio un uomo anziano che sta dormicchiando, mi domando se è il muezzin canterino della notte o anche lui ne è una vittima, appena più avanti in mezzo alla strada troviamo una trentina di pani messi al sole a lievitare appoggiati su dei piatti di sasso, chissà da quanti secoli si usa questa tecnica per fare il pane? Sono immagini belle che ci regalano gli ultimi scampoli di una cultura plurimillenaria, purtroppo la città vecchia sta inesorabilmente morendo, oltre alle abitazioni anche i palmeti all’interno delle mura antiche sono tutti piuttosto malridotti e in molte zone sono ormai completamente secchi, probabilmente a causa dei tanti pozzi scavati nella campagna circostante, che hanno abbassato la falda freatica di superficie. Andiamo a mangiarci la classica fitir zuccherata da “assarya” sempre più perplesso della nostra prolungata presenza a Mut e poi dopo il classico saluto “welcome in dakhla, dakhla very good” ci prendiamo anche un the da Farath che ci chiama da lontano “oimbirtù e serena” Un’altra giornata passata a spedire materiale e a leggere le meschine notizie della politica isolana e nazionale incentrate su marescialli cementificatori e troie di regime.