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Colazione  spettacolo co’ le frittellone e il caffelatte poi  salutiamo tutti e si parte, Omar mi dice che Paglicce ha  un problema alla gamba posteriore sinistra e che a Fes  non ci arriverà mai. Il ciuco parte col ritmo lento  della sera prima, ma poco prima di Sidi Rahhal Paglicce  drizza le orecchie e parte al galoppo dietro a un’asina,  l’illusione di un ciuco prestante dura solo qualche  minuto poi sarà un costante arrancare. Contornati da  grandi risate finalmente attraversiamo il paese del  marabutto volante, le montagne innevate lentamente si  avvicinano, nei campi il grano ha preso il posto degli  olivi, fa molto caldo e l’asino si lamenta, ci fermiamo  sotto un albero in mezzo a una dolce campagna.
La strada è quasi tutta dritta, si attraversano un paio  di paesini e ogni tanto si incontrano delle greggi di  capre e pecore.

Paglicce è sempre più in crisi, ogni volta che  incontriamo un asino raglia come un disperato.

Il panorama è dominato dai campi di grano verde  attraversati di tanto in tanto da piccole strade  sterrate dove passano carri con enormi carichi di erba  che da lontano sembrano montagne in movimento.
Arriviamo ad Agadir Bou Acheiba che il sole è gia  tramontato. Lascio l’asino esausto a Serena e vado a  comprare qualcosa da mangiare, provo a chiedere un po’  di informazioni , attirato dal movimento mi viene  incontro un distinto signore vestito di bianco che parla  francese, mi da il benvenuto e mi chiede dove siamo  diretti, per poi invitarci a casa sua per la notte,  ringraziando per la gentilezza declino l’invito e chiedo  se posso montare la tenda sotto gli olivi all’inizio del  paese, la risposta è affermativa. Ci dirigiamo verso gli  olivi, ma Mohamed al Rafia ci raggiunge sulla via e ci  invita nuovamente, questa volta dicendo che è meglio  evitare di dormire sotto gli olivi.
Mi sa che la tenda la monteremo poche volte in questa  parte del viaggio.
Mohamed è un personaggio illustre ad Agadir tutti lo  salutano con rispetto. Arrivati alla casa ci presenta  Fatima la moglie, scarichiamo il bagaglio e portiamo  Paglicce nella casa del cugino.
La prima cosa che mi colpisce nella casa è la libreria  piena di testi, sono tutti libri di religione, dice il  padrone di casa, mentre ordina alla moglie di prepararci  il the, “questa moglie parla solo berbero, non conosce  una parola di francese”, dice con tono di scusa “la mia  prima moglie, sì che era una donna! La madre dei miei  otto figli, purtroppo è morta e questa l’ho presa per  compagnia”. Mohamed è molto incuriosito dal mio viaggio  ed è una persona con cui è molto piacevole conversare  perché parla di se con sincerità e trasporto. Ci  racconta della sua infanzia caratterizzata dalla rigida  educazione della moschea, di cui però va molto fiero  “sono rimasto orfano di mamma a tre anni e sono stato  portato alla Moschea dove ho iniziato a studiare il  Sacro Corano e sono uscito a quattordici alla morte di  mio padre. Ho lavorato per la Compagnia nazionale  dell’energia elettrica, avevo l’ufficio a Marrakech, ma  ho girato tutto il Marocco e grazie alla mia buona  conoscenza del francese sono stato spesso a contatto con  gli europei soprattutto quelli che venivano qui per le  centrali elettriche”. Quando parla del Sacro Corano gli  si illuminano gli occhi e afferma felice che è per  volontà di Allah che questa sera noi siamo suoi ospiti.  Biasima il comportamento del negoziante a cui avevo  chiesto informazioni per non averci offerto subito  ospitalità, come deve fare ogni vero mussulmano. Gli  chiedo della storia del marabutto volante Sidi Rahhal e  lui mi risponde secco che chi ha scritto questa cosa non  conosce il Corano, perché nessun uomo vola, solo il  Profeta l’ha fatto una volta e su un cavallo alato.  Mentre parliamo suona alla porta un uomo che ci viene  presentato come il responsabile di zona del governo  venuto a controllare i nostri documenti, Mohamed gli  spiega del nostro viaggio e gli parla con toni enfatici  del mio interesse per la religione mussulmana, poi mi  dice: “vedi lui è un marabutto. I marabutti sono uomini  come gli altri, solo che conoscono meglio le scritture  perché le hanno studiate”. Mohamed chiama Fatima a farci  compagnia perché è arrivata l’ora della preghiera.  Fatima è una donna buona mi ricorda Maria di Peppe,  anche lei prega sei volte al giorno, ma sembra che lo  faccia per fare contento il marito. La serata prosegue  davanti al classico tajine, mi parla di Omar Bin Laden  uno dei figli di Bin Laden che sta facendo un viaggio  simile al mio, ma a cavallo insieme a una donna inglese,  non è il primo che mi dice questo e poi mi cicchetta  perché mangio con la mano sinistra. Al Rafia è un vero  mussulmano che rispetta e conosce a memoria il corano e  lo riconosce come unica legge, non riconosce nessun  valore alla politica dei politici, ”la retta via destra  è quella che ci ha insegnato il Profeta non conosce né  dubbi né incertezze, al contrario dei politici sono  così… e mima una linea contorta ondeggiando mano e  braccio a destra e a sinistra.
Gli chiedo chi è Gesù per il mondo mussulmano e  finalmente ricevo una risposta esaustiva. Questo Mohamed  è un personaggio che mi affascina, è brillante e  coerente, la consequenzialità fra pensiero, parole e  azioni per me è l’unica unità di misura dello spessore  delle persone. Ogni tanto affiora un po’ di malinconia  per i familiari lontani, soffre per la mancanza di  internet che non gli permette di comunicare  frequentemente con gli otto figli sparsi per il mondo.  Il rintocco delle undici del grande orologio di sala  dice che è arrivata l’ora di andare a dormire anche  perché la prima preghiera è alle quattro del mattino e  la seconda alle sei.