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Il pescatore di spugne Mi chiama Samir per andare al porto a chiudere la vela della feluca che era rimasta aperta perché ieri sera pensava di andare a fare un giro insieme. Sistemata la barca sul porto incontriamo una coppia di francesi, Samir comincia a chiacchierarci e in breve il programma si stravolge e andiamo tutti e cinque con la loro macchina a Ramla a fare colazione, poi lui rimane lì e noi torniamo con i francesi a El Attaya. Andiamo a internet dove ciatto con Raffaele Sandolo che mi da preziose notizie su La Galite e poi a casa. Dopo poco arriva Samir e ci propone di andare con lui e Sami a fare un giro a Kraten e dopo a mangiarci un po’ di pesce arrosto sul mare. Con la mitica R5 che ormai tutti chiamano Cira, attraversiamo il deserto interno passando dal villaggio di Ennajet e poi arriviamo a El Kraten dopo aver passato un fosso in secca, l’unico punto verde del tragitto che sembra un pascolo di barche. Kraten é il villaggio più a Nord di Kerkennah è il porto peschereccio che produce più pescato, circa il quaranta per cento dell’Arcipelago, oltre la metà dei polpi e la totalità delle spugne. Oltre alle feluche ci sono anche diversi motopesca che si spingono più al largo per pescare soprattutto piccoli squali. Sulle barche in porto ci sono dei fili tipo tenditoi dove vengono stesi i polpi ad essiccare al sole, prima dell’avvento del congelatore era questa la tecnica usata per conservare polpi e gamberi. Siamo venuti qui perché stanno trattando l’acquisto di una feluca più grande da usare per fare le gite. Lasciamo il porto e ci spostiamo di un paio di chilometri dove c’è una bella spiaggetta di sabbia, il mare è spettacolare, una laguna sabbiosa e trasparente, il problema è che ci sono venti centimetri d’acqua e dopo una lunga camminata l’unica soluzione è sdraiarsi, comunque è proprio un posto bello. Ci chiamano da riva che è pronta la grigliata, ci facciamo una mangiata di dorade un pesciolino bianco a metà strada fra l’occhiata e il parago. Sta rientrato un pescatore di spugne, con una piccola lancia di legno avanza con la pertica nel bassofondo e sul banco di poppa ha una rete piena spugne. La pesca delle spugne rappresenta ancora oggi un‘attività importante per l’Isola. Non sono difficili da prendere perché i fondali sono bassi, in questo periodo vengono pescate immergendosi in apnea, mentre in inverno vengono incicciate con delle grandi fiocine a tre punte rimanendo a bordo della barca. La cosa più faticosa è ripulirle dal lattice che contengono, mi propongo come piedovale e Hammed si dimostra assai contento, l’operazione è semplice lui prende con un secchio l’acqua del mare e la butta nella rete mentre io ci saltello sopra per fare spurgare le impurità, e si va avanti per una mezz’ora finché le spugne ripulite sono pronte per essere asciugate al sole. Mentre Samir e Sami si intossicano con la shisha, con Serena andiamo a fare una camminata lungo costa fra micro baie e piccoli anfratti rocciosi pieni di granite. Arriviamo fino a una piccola insenatura dove sono in secco un po’ di barche con intorno tre pecore che si contendono gli stentati cespugli di questa zona. Continuiamo il nostro giro, Samir e Sami sono molto affiatati si vede che hanno piacere a far conoscere la loro Isola, andiamo verso Chergui attraversando una distesa piatta e compatta inframezzata da rari cespugli, una steppa salata. Zigzagando fra le teppaglie arriviamo a ad affacciarci sul golfo di Charki dove ci sono bimbi che si tuffano dal molo e le feluche che rientrano in controluce. Ritorniamo sul lato est dell’isola, qui vediamo una scuola di surf, penso che una tavola con una pagaia potrebbe essere una soluzione per fare il giro dell’isola. Andiamo a vedere la zona del porto nuovo e poi torniamo al cafè sul mare dove incontriamo un francese che ha sposato una kerkenniana e si è praticamente trasferito qui con una gran voglia di costruire case. Quando il sole si fa basso andiamo a fare un giro verso il marabutto di Sidi Msoud sul mare ai margini del villaggio, ci sono due donne anziane abbigliate con gli sgargianti costumi tradizionali che stanno chiudendo il portone verde del Santuario. A Kerkennah i marabutti sono tanti, sono costruiti lungo i margini della costa e con le loro cupole bianche rappresentano un importante riferimento per la navigazione. Da qui ci godiamo un bellissimo tramonto con il sole che scende dietro le palme. |
AuthorUmberto
Bbushsss Le vie di El Attaya sono bianche e polverose, durante il giorno non si incontra quasi nessuno, tutte le persone sono a ripararsi dal caldo, facciamo un giro verso il porto e passiamo a salutare Lathi e Oua Oua che come ieri se ne stanno a fumare. In serata andiamo a vedere il museo a El Abassya, è un museo piccolo ma interessante che tocca i vari aspetti di Kerkennah e nel cortile c’è lo scheletro lungo dodici metri di una balena che si è arenata qui qualche anno fa, è la cosa più appariscente del museo insieme ai polpi secchi appesi nelle bacheche che sembrano fantasmi decomposti. Rientriamo in paese che sono più delle dieci e andiamo a mangiare qualcosa nell’unico piccolo ristorante del paese, è un posto carino gestito solo da donne, tre ragazze e due signore ciccione. Finito di mangiare ci mettiamo a chiacchierare con una delle due signore, Marian che parla bene italiano perché come ci spiega è venuta più volte in Italia. Racconta dei suoi viaggi in Italia, di Roma, Napoli, Siracusa, Firenze e Venezia e di come siano simili il sud italia e la tunisia. Parla di tolleranza tra i popoli e teme che a breve si scatenerà una guerra in medio oriente per colpa degli americani, assomiglia alla Ria di San Piero e quando dice bbushssss è proprio uguale. |
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El Haj Con un louage attraversiamo la piatta distesa di Chergui fino a El Attaya e ci facciamo scendere al porto vecchio. Non c’è nessuno in giro il gran caldo ha consigliato a tutti di ripararsi, c’è una micro bottega aperta con un tipo seduto immobile che sta fumando il suo narghilé. Ci chiama forse incuriosito dai grandi zaini, gli chiediamo se c’è la possibilità di trovare un alloggio o affittare una barca, ci dice di attendere, ci leviamo gli zaini e ci mettiamo all’ombra della pergola nell’attesa di Samir. Il nostro arrivo non è passato inosservato e cominciano ad arrivare un po’ di persone incuriosite, come sempre quando si è lontani dai posti turistici. Aspettiamo un’oretta nel chiosco di Lathi che impassibile continua a fumare la shisha insieme a “Oua Oua” e a un altro suo amico. Arriva Samir, come mi immaginavo è lo stesso Samir dell’altra vola che è un po’ il capo carismatico dei pescatori di El Attaya e il referente per quello che riguarda il “turismo escursionistico” della zona. “Haj” così mi aveva battezzato l’altra settimana per via della barba lunga e del cappellino bianco, Haj sta per “colui che è stato alla Mecca” è un nomignolo impegnativo, da uomo saggio. Ci dice di aspettare un po’ che intanto oggi pomeriggio ci ospiterà sulla sua barca per andare a fare un giro con i suoi amici e poi al ritorno troveremo una soluzione per l’alloggio. Intanto facciamo passare le ore più calde all’ombra del chioschetto anche se i bracieri ardenti dei narghilé rendono ancora più bollente la situazione. Mangiamo tutti insieme zuppa di gattuccio e poi uova tonno e harissa. Il tempo di finire e arrivano i partecipanti alla gita, è un gruppo di ragazze di El Attaya che hanno invitato le loro compagne di studi di Sfax. Si carica i viveri come per fare un giro di una settimana, si alza la vela e si parte. Samir mi mette al timone e faccio subito conoscenza con i bassi fondali di Kerkennah, infatti ci incagliamo più volte e Samir è costretto a scendere per spingere la barca. Poi iniziamo a bordeggiare, la feluca scivola veloce sull’acqua spinta dalla sua vela latina, è una barca facile e essenziale, c’è solo una scotta da cazzare e lascare che si gira intorno a un legnetto. Trovato il fondo facciamo il bagno e poi si rientra. Le otto ragazze a bordo sono tanto diverse tra loro, occhi neri, verdi e grigi, capelli corvini, biondi lisci e crespi, tutte carine, le scorrerie dei corsari di barberia hanno creato una razza mediterranea multietnica, chissà se fra i geni di queste bimbe c’è ne qualcuno arrivato da San Biagio, da Grassera o da Pianosa. Come avevo intuito la soluzione di alloggio è la casa di Samir, portiamo i bagagli e facciamo conoscenza con la famiglia, poi usciamo nuovamente e passiamo la serata a parlare delle affinità tra Isole e Isolani. |
Aleggia il fantasma della Gendarmeria La barca non si trova, al villaggio nessuno è disposto a noleggiarla, il giro dell’Arcipelago sembra a tutti un’impresa titanica e poi temono problemi con la gendarmeria di mare. Qui l’ideale sarebbe un kayak ma a quanto pare non ce ne sono, la feluca è condizionata dal vento e dal bassofondale, la soluzione ideale è il canot una piccola lancia che pesca una quindicina di centimetri che viene usata principalmente per calare i tramagli vicino a riva. Ce n’è uno di proprietà dell’hotel cercina che tengono sempre fermo, è lungo tre metri e andrebbe benissimo però il proprietario non ne vuole sapere, dice che non vuole grane con la gendarmeria, se voglio lo posso usare ma solo per giretti brevi. C’è sempre la gendarmeria di mezzo. Due volte al giorno una motobarca porta in terra gli operai delle piattaforme off shore per l’estrazione del gas che si trovano a poche miglia da qui. Il golfo di Gabès è ricco di metano e petrolio e la sempre maggiore richiesta di idrocarburi ha portato negli ultimi dieci anni ad un intenso sfruttamento di questa risorsa. A Kerkennah l’attività estrattiva è vista come una nuova possiblità di lavoro, ma i rischi di esplosioni sulle piattaforme e sulle condotte che portano a terra sono alti, così come le possibili fuoriuscite di inquinanti chimici possono mettere a rischio la popolazione delle spugne e in generale della pesca che rimangono di gran lunga le attività principali dell’Isola. E’ l’ultima notte a Sidi Frej domani ci trasferiamo a El Attaya il villaggio dei pescatori sulla punta nord est dell’Isola di Chergui, il mare vivo ha risollevato dal fondo le feluche mentre le piattaforme il lontananza illuminano il mare con i loro pennacchi di fuoco. |
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L’Elba, l’Atlas, La Galite e Kerkennah Mi torna spesso in mente la fugace conversazione che ebbi con Max Gazzè il ventuno dicembre duemilasette a Rimini “la reltà che viviamo è dove siamo” mi disse. Oggi non mi sento così e me ne rammarico, ho la testa da tante parti, all’Elba dove la “salutare” e annunciata crisi è arrivata ma invece di far rimboccare le maniche alla gente sta generando reazioni da checche isteriche. Sull’Atlas riguardando le foto di posti magnifici mi rendo conto del gran privilegio del viaggiare e mi prende lo sgomento pensando ai tanti cantieri stradali che stavano avanzando ai margini delle zone più integre e che si porteranno via quel mondo di fiaba per sempre. A La Galite l’Isola dell’Anarchia dove per decenni una comunità mista di Tunisini e Italiani ha vissuto in totale armonia senza bisogno di leggi e religioni, di cui ho letto meraviglie e che a breve vorrei raggiungere e poi anche a Kerkennah, dove Fatima la signora con gli occhi di mare mi sorride perplessa e mi chiede che ci sono venuto a fare a Kerkennah se c’avevo da scrive’ tutte ‘ste cose. |
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Cinemarea Il mare vivo continua il suo show, mi diverto a immortalarne le variazioni filmando da un punto fisso dieci secondi ogni ora, dalla mattina alla sera, il risultato non è male, sarà uno dei filmati che metteremo dentro il nuovo elbaeumberto. |
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Il quadro spietato Sidi Frej sta cambiando, ci sono due ditte a lavoro, una sta allungando il molo cementandone il piano e l’altra sta buttando sassi sulla costa sabbiosa per proteggere le inguardabili ville lungocosta. Come spesso succede c’è un lato romantico e poetico anche nelle azioni più scellerate, gli operai venuti da Sfax per perpetuare questo crimine paesaggistico e ambientale, si sono portati le famiglie sull’Isola accampandosi sotto le palme in riva al mare e si godono l’Isola nella sua essenza con i bimbi felici che giocano sulla lunga battigia della spiaggia fra conchiglie e granchi. Un’immagine di armonia, peccato che i loro genitori la stanno distruggendo per creare un ennesimo brutto fortino privato a cui accederanno solo i figli dei ricchi e magari come al grand hotel costruiranno una piscina d’acqua dolce sopra un Isola che sta diventando sempre più desertica. E’ il quadro spietato di un sistema malato. |
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Cagna grossa Mare vivo, afa e cagna grossa. |
Ladri di wi-fi Fra gli appartamenti di un residence vicino c’è la wi-fi, è una grande cosa che ci permetterà di guadagnare un sacco di tempo. |
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I mangiatori del cercina Comincio a essere insofferente ho voglia di visitare perbene quest’arcipelago e poi continuare il viaggio ma i lavori arretrati sono ancora tanti. Ogni giorno è più caldo, nelle ore centrali la temperatura supera abbondantemente i quaranta gradi. Anche i kerkenniani si lamentano e cercano di starsene fermi e rintanati, mentre i turisti, quasi tutti tunisini, passano le giornate a bere birra e a mangiare al cercina, il ristorante in riva al mare, diventando ogni giorno più grassi. Il tramonto è sempre il momento più bello, stasera me lo godo da dentro il mare che, ingoiato l’astro, passa dall’arancio al viola in un attimo per poi divenire piano piano un’immobile lastra nera. |
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© 2024 Elba e Umberto