AuthorUmberto

Mercoled?¨ 30 luglio 2008 Isole Kerkennah ‚Äì Tunisia

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Il mare vivo
Stamani la baia è in secco più del solito, si vedono anche le ancore delle barche ormeggiate più a largo, il pensiero va allo tzunami e a cosa succederebbe se arrivassero su queste isole assolutamente piatte una serie di grandi onde anomale, magari causate da un terremoto nella vicina Sicilia.
Poi la marea inizia a salire e sale tanto di più rispetto al solito: è arrivato il mare vivo, è la prima volta da quando siamo qui. Normalmente la marea ha un’escursione di un ottantina di centimetri ma quando c’è il mare vivo può superare anche i due metri.
È un fenomeno legato ad una serie di fattori, la luna, le correnti, ma soprattutto il vento, quando soffia da nord-nord ovest il mare comincia a salire e sembra che voglia inghiottire tutto, arriva fino   al limite della case costruite per i turisti, mentre i villaggi sono stati saggiamente costruiti più all’interno. Il mare vivo è un po’ il limo dei pescatori perché porta verso terra il pesce e rende ricco di vita animale un mare altrimenti quasi sterile.
In serata ritorniamo a Ouled Kacem per cercare uno studio, così qui viene chiamato un piccolo alloggio, ma si trovano solo case grandi. Anche qui è arrivato il morbo del cemento e tutti stanno costruendo all’impazzata, decine e decine di cubi di cemento che crescono da tutte le parti nella speranza di ospitare turisti, un’urbanizzazione senza regole che sta rovinando l’architettura semplice ed elegante da presepe di mare del villaggio. Fathy è amareggiato per non essere riuscito a trovare quello che cercavo, gironzoliamo per il paese che la sera prende vita con la gente sta a veglia ai bordi della via su sedie e materassi in un clima di grande rilassamento e poi solita camminata notturna per attraversare l’Isola. Arriviamo con il mare vivo che fa capolino dal muretto proteggi casa.    
   

Marted?¨ 29 luglio 2008 Isole Kerkennah ‚Äì Tunisia

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La maledizione di Kerkennah
Un’altra giornata pigra passata a leggere e scrivere, con un’ormai rituale pausa mangereccia per il Thschish, una minestra di polpo e semola di grano grezzo.
In serata andiamo al villaggio per incontrare Fathi che ci ha trovato una casa. Ci incontriamo vicino al porticciolo, si parla un po’ di tutto e si sta bene, però la casa non c’è, quindi ce ne torniamo alla casina dietro il fico di Sidi Frej.
Lungo la strada incrociamo più volte una moto stradale potentissima che viene lanciata sul rettilineo ogni volta un po’ più forte, alla guida c’è un ragazzo senza casco. Gli incidenti stradali sono la maledizione di Kerkennah ogni notte ci scappa un morto, motorini senza fari, macchine sfasciate guidate da briachi e soprattutto motociclisti sempre senza casco che si sfidano sui rettilinei asfaltati sporchi di sabbia e polvere. 
 
   

Luned?¨ 28 luglio 2008 Isole Kerkennah ‚Äì Tunisia

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Fathy il gigante 
Ogni giorno è più caldo e andare in mare non serve a rinfrescarsi anzi l’acqua è talmente calda che mentre nuoti sudi.
Sulla riva mi attende una signora dagli occhi celesti che tutte le mattine mi saluta e mi chiede con fare tipicamente Isolano “quando partite” qui i turisti normalmente stanno due o tre giorni e noi cominciamo a “puzzare” e poi io col fatto che sto quasi sempre a scrivere desto sospetto.
Passa Fathi e ci mettiamo a chiacchierare, lui è un pescatore di polpi specialista di nasse e  “gourgoulette” anforette (stile quelle che usava il soldatino in Galenzana), ma la pesca al polpo è ferma inizierà a fine settembre e in questo periodo di stanca ha spostato la sua Feluca da Ouled Kacem a Sidi Frej per vedere di rimediare qualche soldo accompagnando i turisti. Fa soprattutto giretti di qualche ora portando la gente a fare il bagno a largo dove c’è un minimo di fondo, oppure una gita più lunga fino alla spiaggia detta delle mille palme. Fathi è un gigante, ce ne sono tanti sull’Isola, probabilmente perché i corsari insulari tenevano con se i prigionieri più robusti per farne   preziosi alleati come vogatori durante le scorrerie. 
La storia di queste terre è strettamente legata alla pirateria che è stata la principale attività e soprattutto la maggiore fonte di reddito fino agli inizi del 1800 e i Bey che reggevano il potere in Tunisia tolleravano e in pratica appoggiavano le scorrerie barbaresche, forti del fatto che portavano cospicue entrate alla nazione, (come succede oggi in Marocco con il kif). Infatti quando la Tunisia  pressata dalle richieste degli stati europei dichiarò fuorilegge la pirateria nel 1816 e successivamente nel 1846 la schiavitù, ci fu un tracollo economico e la nazione finì in bancarotta.
Sono affascinato dalle tante facce di Kerkennah e per carpirne meglio le tante sfumature mi voglio trasferire per qualche giorno in un villaggio.

   

Domenica 27 luglio 2008 Isole Kerkennah – Tunisia

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Pensieri senza limiti
Nel pomeriggio andiamo a vedere  El Ataya il paese con più abitanti delle isole Kekennah dove ci sono i cantieri piu importanti dell’Isola, è un giorno di festa però i cantieri non si fermano mai. Sono cantieri silenziosi, niente a che vedere con i capannoni e le gru, le barche vengono costruite all’aperto dietro la spiaggia con le tecniche tradizionali, i tronchi che vengono portati dal continente  sono di legno di olivo (alberi secchi o comunque improduttivi perché un uomo saggio non ucciderebbe mai il sacro olivo per farne una barca) e di eucaliptus, vengono segati e modellati nelle forme tradizionali delle feluche o dei più moderni motopesca e infine pitturati con i colori sgargianti del mare e del sole. L’arcipelago di Kerkennah ha circa quattordicimila abitanti e duemila  imbarcazioni, circa una scafo a famiglia, la stessa proporzione che c’era nell’Eba preturistica fra  abitanti e asini.
Si potrebbe dire che il mare sta a Kerkennah come la campagna all’Elba, o come il polpo alle vigne,  oppure come la barca all’asino, solo che quando si parla di Kerkennah si parla al presente, mentre dell’Elba al passato (o forse al futuro).
Osservando l’abilità dei maestri d’ascia, che mi ricorda quella degli scalpellini Sanpieresi , penso che ci si potrebbe avvalere di loro per ricostruire la nave da carico di epoca Romana che  porterà  una colonna di granito da Cavoli a Roma, una della cose che inschallah farò qundo tornerò stanziale all’Elba.
Arriviamo nel piccolo porto di El Attaya, il vento mette fame e ci fermiamo nel cafè sul porto per mangiare un brik, ci avvicina un omone che ci invita a prendere un thè con i suoi amici.
Si chiama Samir, mi trovo a condividere i pensieri che mi frullavano nel capo, l’Isole e gli Isolani  del mediterraneo e del mondo, le nostre caratteristiche di apertura mentale e orsaggine formale di cui siamo tanto fieri, il vezzo di dividere il mondo in Isole e continenti e le genti in Isolani e continentali; le nazioni, i linguaggi, le religioni e la politica vengono dopo. Isolati sì, ma miscelati e bastardi, navigatori, mistici, fuggiaschi, dissidenti e corsari, un cacciucco di individui diversi abituati a osservare un orizzonte senza confini dove stendere pensieri senza limiti sul mare infinito e mai uguale. E penso all’Elba, dove le menti si sono inquinate di soldi e chiuse in confini continentali che non ci appartengono, dove si guardano i grafici e non si guarda più il mare, dove si ha paura di tutto e non ci si vuole adattare a niente.
Il tempo scorre veloce chiacchierando e in un attimo arrivano le undici, abbiamo appuntamento con Fathi a Ouled Kacem per la cerimonia finale del matrimonio. Ci accompagnano Samir e Sami un ragazzo di El Attaya che c’ha la macchina, una scassatissima R5 che farebbe schifo anche a zio Ciro.
Fathi ci stava apettando, è tutto orgoglioso e ci presenta amici, ci spiega come si svolgerà la cerimonia e ci mostra il doppio trono dove si siederanno gli sposi. Arriva “il folklore” con cinque musicisti poi i parenti stretti e finalmente i festeggiati, la sposa è irriconoscibile, da bimba minuta e velata si è trasformata in una vamp, tutta scollata e luccicante come una topona del carnevale di Rio de Janero. Come da copione c’è la telecamera e l’immancabile fotografo spaccacoglioni alla Cetica che tortura gli sposi e tutto il parentato con un ventaglio  di plastica e un mazzo di fiori finti obbligandoli a pose demenziali e accecandoli a colpi di flash. Ogni paese ha le sue usanze, come in tutte le Isole c’è un gran campanilismo o “minarettismo” che sia e Samir schifa i matrimoni di Ouled Kacem dicendo che è solo un ostentare vestiti mentre a El Attaya è tutto più semplice ma molto più spontaneo.
La festa andrà avanti fino all’alba fra canti balli e bevute ma noi rientriamo approfittando del passaggio che ci ha offerto Sami, lasciando la sposa ormai agonizzante a sciogliersi sotto i colpi di flash del fotografo.
 
   

Sabato 26 luglio 2008 Isole Kerkennah – Tunisia

Image Il sabato arrivano i Pirla
Anche stamani dobbiamo andare a Ramla, ci da un passaggio uno dei tanti abitanti di Sfax che viene qui il fine settimana per rilassarsi. Sfax è il secondo centro della Tunisia per numero di abitanti, questa città costiera è la capitale economica del paese, è un po’ la milano tunisina e i Kerkenniani prendono in giro questi frenetici continentali dicendo “loro lavorano tanto per poi venirsi a rilassare, mentre noi siamo sempre rilassati e non abbiamo bisogno di andare da nessuna parte”.
   

Venerdi 25 luglio 2008 Isole Kerkennah – Tunisia

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L’uomo del Forte
Mi sveglio e l’acqua stamani è un po’ più alta, ma dura poco sto in mare un‘oretta e quando torno indietro più che altro cammino. Fa un gran caldo e viene da starsene tutto il giorno sotto il fico in riva al mare, che poi non è assolutamente mare. Prima di ricominciare il viaggio vero e proprio devo rimettere in pari il diario e sistemare il materiale per i servizi, il problema è che col capo sono ancora all’Elba.
Verso le cinque si va a fare un giro a piedi nell’interno per andare a vedere i resti della villa romana di Borj El Hissar il sito archeologico più famoso dell’isola che si trova sulla costa a pochi chilometri da qui. L’isola è totalmente piatta, attraversiamo l’arida distesa camminando fra le palme, poi incontriamo qualche coltivo, fichi e viti tenute basse come cespugli senza essere infrascate, hanno dei piccoli e sofferti grappoli di uva già matura. È un’agricoltura stentata il terreno è povero e l’acqua poca, è un misto di polvere e sabbia, qui ogni frutto anche se rinsecchito è prezioso e infatti quando entro fra le viti per fare delle foto mi urlano subito dalla vicina casa per farmi girare alla larga dal sofferto raccolto.
Ancora una ventina di minuti e arriviamo a Borj EL Hissar, la struttura che domina il pesaggio è un fortino spagnolo del XVI costruito sopra una precedente struttura difensiva Bizantina. Sulla costa che guarda verso il continente, fra il fortilizio e il mare si trova la villa Romana anche questa sovrapposta a un precedente insediamento punico. A guardia dell’antica postazione militare c’è un un gattino tipicamente africano, magro di pelo raso e rossiccio con il muso affilato e le orecchie grandi. Dalla terrazza nel fortino ci chiama un signore in camice e turbante, Mohammed. Lo avevo visto in lontananza e pensavo fosse in attesa di turisti invece abita proprio qui, sul pavimento inferiore ci sono delle grandi cisterne piene d’acqua e intorno nelle spesse mura alcune stanze. 
Mohammed mi dice che quando c’è vento da nord vede la televisione Italiana e mi fa una lezione di politica italiana da Craxi a Berlusconi. Ritorniamo a Sidi Frej passando lungo la costa fra reperti archeologici vari e ville moderne costruite praticamente nel mare. Qui ci sono tante case di vacanza soprattutto di ricchi abitanti di Sfax, moto d‘acqua parcheggiate sulla riva e un fornello per arrostire gamberi con tavolo apparecchiato in mare e secchio col vino gelato in perfetto stile “american arabic”. Arriviamo alla spiaggia del grand hotel che è interdetta, infatti arriva un buttafuori nerovestito che ci accompagna all’uscita, attraversiamo il recinto dorato dove sono rinchiusi turisti europei e tunisini che ascoltano le solite musiche e poi attraversato il palmeto illuminato dalle stelle torniamo alla nostra laguna.  
 
   

Gioved?¨ 24 luglio 2008 Isole Kerkennah ‚Äì Tunisia

Image Internet, da Campo a Ramla
Facciamo l’autostop, si ferma un gippone con un tunisino e una francese, ci chiedono se siamo noi gli italiani che vanno in giro a piedi e come mai siamo venuti a Kerkennah. Lui dice che se non fosse stato per la moglie qui non ci sarebbe mai venuto perché non c’è niente. Scendiamo a Ramla per andare a internet. Ramla è un paesone indolente, anche perché con questo caldo sarebbe impossibile diversamente, con i bar pieni di uomini a fumare la shisha (narghilé), si gironzola un po’ a vuoto e poi si trova un internet, il proprietario dopo un’oretta va via per la preghiera e ci lascia tranquillamente da soli nel negozio, proprio come a Campo nei giorni scorsi dove tutte le volte prima di avvicinarmi al computer dovevo consegnare i documenti e poi, fra aperture e chiusure non c’era mai verso di combina’ niente.
   

Mercoled?¨ 23 luglio 2008 Isole Kerkennah ‚Äì Tunisia

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Fathi e “il folklore”

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eleganti feluche

 

Omaggio al mare
Camminando fra le barche in secca faccio amicizia con Fathi un pescatore che parla un po’ di italiano perché è stato due anni a lavorare a Napoli dove vive il fratello. Mi racconta un po’ della sua esperienza italiana e delle maree di Kerkennah e poi ci invita ad andare al suo villaggio Ouled Hacen dove nel pomeriggio ci sarà una festa di mariage (matrimonio) che è articolata su più giorni, oggi ci sarà la festa in mare con le barche. Facciamo un giro nel surreale mare senz’acqua  della baia di Sidi Frej e poi andiamo sull’altro lato dell’Isola a Ouled Kacem dove abbiamo appuntamento con Fathi per le cinque e mezzo, quando con il risalire della marea le barche potranno prendere il largo. Arriviamo in ritardo all’appuntamento ma giusto in tempo per vedere l’arrivo del  corteo nuziale con gli sbandieratori e poi prendiamo il largo con le feluche. Fathi ci tiene tanto, ci stava aspettando e ci fa salire sulla barca più importante, quella che porta “il folklore” un tamburo e una trombetta. C’è il futuro sposo che è un po’ malconcio perché come mi spiega Fathi ha fatto un incidente e s’è “schasciat a’gamb” mentre la sposa resterà in casa fino a domenica giorno della cerimona finale. Tutto il villaggio partecipa alla festa salendo sulle tante imbarcazioni vivacemente imbandierate. Prendiamo il largo, il vento è teso e le vele latine spingono le barche velocemente, è una specie di danza con gli scafi che si avvicinano e si allontanano come per sfidarsi fra urla divertite e scherzosi gesti di sfida degli equipaggi. I drappi colorati sono annodati su una cimetta che va dalla testa dell’albero alla poppa dove è legata a una bottiglia di plastica piena d’acqua che ogni tanto viene lanciata verso le altre barche o nel vento sventolando mille colori. È un’esplosione di colori e suoni con il tamburo e la trombetta che non hanno mai tregua.
C’è una ritualità atavica e pagana in questa cerimonia, un omaggio al mare che qui più che mai è il Dio padrone, i ritmi sono sempre più frenetici e gioiosi mentre sulle barche si svuotano veloci  lattine di birra e altri veleni liquidi. Si naviga una ventina di minuti velocemente perché queste barche eleganti viaggiano assai rapide, poi le mettono prua al vento e ci si ferma per fare il bagno a largo dove ci sono due tre metri di profondità e si possono fare i tuffi e nuotare. In tanti si tuffano uomini donne e bimbi è una festa di tutti, l’acqua in realtà non è un granché, soprattutto se paragonata a quella Elbana, ma la festa è bellissima e soprattutto è vera, ad eccezione di noi e di una donna inglese, è tutta gente del villaggio. Si rientra in un clima sempre più eccitato, fra canti tuffi e abbordaggi. La festa prosegue a terra, ci intruppiamo nel corteo che tra strombazzate tamburi e sbandieramenti attraversa il paese fino a raggiungere la casa della sposa, minuscola con gli occhi da bimba e velata di bianco, sembra la Madonna data in sposa a Giuseppe. È ormai sera quando lasciamo la festa che durerà fino alle cinque di mattina e ritorniamo a Sidj Frej.
   

Marted?¨ 22 luglio 2008 Isole Kerkennah ‚Äì Tunisia

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Il mare senz’acqua
Facciamo il primo bagno tunisino, il mare di Kerkennah non a nulla a che vedere con quello Elbano, è un bassofondo infinito e pantanoso, ricco di alghe, spugne e granchi di sabbia, è un mare caldo e salatissimo lo si sente dal sapore e lo si vede dalla linea di galleggiamento delle feluche che sembrano volare sull’acqua.
Il bassofondale fa si che il paesaggio cambi completamente con la marea, quando il mare si ritira la riva diventa un’infinita distesa di sabbia e fango e le barche rimangono in secca insieme alle ancore.
Nonostante questa zona sia la più turistica dell’Arcipelago è un posto estremamente tranquillo,
i pochi turisti arrivano per lo più dalla vicina Sfax e passano il tempo fra il mare e i teloni montati sulla spiaggia dove sono sempre accesi i bracieri di latta per cucinare. C’è un’atmosfera tipicamente mediterranea, più che l’Elba mi ricorda Ponza ma più tranquilla, il tramonto è il momento più suggestivo con il sole gigante che si immerge nella laguna infuocandola.
   

Ripulendo il computer (El Attaya Arcipelago di Kerkennah Tunisia venerd?¨ 15 Agosto 2008)

Ripulendo il computer da una memoria ormai troppo piena ho trovato questo appunto scritto la sera del 28 gennaio 2007 di ritorno da una bella giornata passata nella valle di Pomonte.
Il sunto di due giornate per me importanti 
È uno dei tanti articolini scritti e mai pubblicati con cui da anni intaso quaderni e pc.
Questo lo voglio pubblicare anche per ringraziare le numerose persone che parteciparono, scusandomi con chi non è citato nell’elenco che mi ricordo incompleto.  

Sabato 27 e Domenica 28 Gennaio 2007

“AH Poltronia ” detto campese che certifica che ci si sveglia sempre troppo tardi. 
(ma se ci si sveglia guai)

Volevo ringraziare i bimbi e i loro genitori per la partecipazione alla seconda uscita dell’Isola dei  Bimbi e ai numerosi volontari che hanno partecipato alla pulizia del Sentiero che porta al rudere della chiesa di San Biagio nella valle di Pomonte. 
Sono state due giornate importanti e gratificanti per noi del Viottolo, la prima vera uscita dell’Isola dei Bimbi è stata un grande successo, come la pulizia del sentiero che conduce al paese abbandonato di San Biagio che abbiamo riaperto grazie ad una quarantina di volontari che puntuali si sono ritrovati a Pomonte in mattinata armati di pennate, falci, zappe e picconi per ripulire il sentiero. Vista la grande adesione abbiamo deciso di dividerci in due squadre ed abbiamo ripulito anche il sentiero di collegamento dalla valle dei Mori al Fosso della Cerchiaia.
L’immagine “epica” di due code colorate che risalivano e ripulivano i viottoli nei due bracci della valle.
Mi sono sentito orgoglioso della gente della mia Isola che riapre un sentiero dimenticato per riappropriarsi della sua terra coi fatti, senza tante parole, zappa, pennato e via, vivendo la valle come l’angolo bello del giardino di casa.
Perché per noi Isolani lo scoglio è una casa comune, i pappalagi continentali con i loro sermoni di proprietà e profitto hanno intaccato ma solo in superficie l’animo Isolano, lo zoccolo duro sale la valle mentre  l’impalagiti/e strusciano le vie asfaltate delle città continentali piene di cose inutili da compra’. E mi si figuravano nella mente le epiche gesta dei Campesi e dei Marcianesi che nel 1553  vennero in soccorso delle genti di San Biagio e sconfissero gli uomini di Dragut nella valle dei Mori che prende il nome proprio da questa storica battaglia.
Gli uomini di Dragut erano abili soldati, avevano distrutto grandi città costiere della Francia e dell’Italia, si erano spinti fino a Roma ma gli Isolani uniti sconfissero i Mori che dettero fuoco a San Biagio.
La storia mi viene raccontata 454 anni più tardi da tre arzilli signori che hanno passato gran parte della loro vita nella Valle e ora si godono il sole caldo di questo gennaio su una panchina di Pomonte.
La storia della epica battaglia di San Biagio viene raccontata con grande intensità come se il fatto fosse successo poco prima di Capodanno.
“…Dopo aver distrutto Grassera ed attaccato gran parte dei paesi Elbani, alcune navi degli uomini di Dragut raggiunsero la costa di Pomonte per attaccare il paese di San Biagio, che dominava dall’alto la Valle Pomontinca.
I mori non cercavano tesori, ma omini, donne e bambini da vendere ai mercati degli schiavi di Tunisi e Algeri.
 La gente di San Biagio combatté con grande coraggio e mentre si preparavano all’impari battaglia, intuita la malaparata vennero mandati dei ragazzi a chiedere rinforzi ai Marcianesi e ai Campesi che si mobilitarono e vennero in soccorso dei fratelli Isolani (perché noialtri avemo il gusto di aiutassi solo quando siamo nella merda).
I Marcianesi arivonno che San Biagio bruciava e la gente sopravissuta era già in catene, i Campesi arrivonno dopo e scesero giù dal Cenno urlando.
I mori furono attaccati nella valle e la battaglia fu tremenda, ci fu tanto sangue che l’acqua del fosso diventò rossa fino al mare. Gli assalitori furono tutti uccisi e i prigionieri liberati, le navi dei pirati salparono.
Fu una grande vittoria, ma il paese era stato distrutto e fu abbandonato per sempre e i pochi sopravvissuti si trasferirono e Marciana”.
Domenica la valle ha rivisto un’alleanza vincente unita per liberare i resti del paese dimenticato dalla macchia. Un esercito colorato e pacifico di bimbi, donne e uomini accomunati dalla volontà di riappropriarsi di qualcosa di molto importante: la propria storia e senza cadere nell’enfasi la propria identità.
Non vorrei banalizzare la giornata al grido di uniti si vince, però ritengo giusto dare valore al fatto prima di tutto pratico ma anche simbolico di questa splendida domenica.
Troppo spesso si parla degli Elbani come di una sottospecie di uomo, che vive in funzione dell’ampliamento, cemento, appartamento. Penso si debba invece dare voce al “vero” popolo Elbano, quello dei fatti positivi. E dentro il rudere della chiesa paragonavo questa banda del pennato con gli incravattati all’incoronazione di Mario Tozzi nuovo presidente del parco, tutti felici, tutti applaudenti, tutti o quasi lontani dal territorio.
Sono stati due eventi positivi ma agli antipodi, di spessore diverso, uno silenzioso ma di sostanza, l’altro ufficiale e ricco di paroloni ma con i protagonisti principali pronti a lasciare lo scoglio appena finita la recita.
Il punto è questo, se uniamo queste due “fazioni” la Nostra Isola è destinata ad un grande futuro altrimenti sarà dura, noi comunque continueremo imperterriti come sempre convinti delle nostre idee.
Penna e Pennato               

 1) Umberto Segnini
 2) Stefano Luzzetti
 3) Roberto Miliani
 4) Marco  Segnini
 5) Fausto Carpinacci
 6) Pietro Mazzei
 7) Sergio Galli
 8) Silvana Mari
 9) Daniele Testi
10) Silvia Caffieri
11) Maurizio Testa
12) Davide Pancani (11 Anni)
13) Patrizia Pedace
14) Alberto Batignani
15) Valentina Ortaggi
16) Patrizia Bernini
17) Francesca Bernini (11anni)
18) Gian Lorenzo Bernini (7 anni)
19) Mariolina Facchetti
20) Ugo Gamba
21) Franco Giusti
22) Franco Galassi
23) Ferdinando Montauti
24) Francesca Paolini
25) Sabrina Melas
26) Simona Pieruzzini
27) Deborah Colombo
28) Stefano Martorella
29) Elisa Berti
30) Daniele Zuccotti
31) Sabrina Gentili
32) Pierangelo Nelli
33) Federico Regini
34) Attilio Gavassa
35) Francesco Bonanno
36) Nicoletta Allori
37) Rebecca Allori
38) Natalino Giulianetti
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