Dopo qualche giorno di meraviglie selvagge mi fermo in un paese con internet, elbareport la mia finestra sull’Elba ha dei problemi ma riesce comunque a darmi una notizia dura:
Giovannantonio è morto
“Moreno sempre li meglio” viene da pensa’, certo la morte un si augura a nessuno e nemmeno il canchero che è anche peggio come diceva Elise, ma se a schiantà fosse stato l’enzo, marandino ol cardenti non ci sarei rimasto cosi male
Ci sono delle persone che conosci da sempre e pensi che siano immortali come le coti di granito e invece no all’improvviso vanno via e ti lasciano un crampo tra lo sterno e la bocca dello stomaco che un si po’ spiegà
Giovannantonio era amico di Babbo, per me era un mito, beretta di paglia camicia a quadri, pantaloni corti ciabatte di plastica e via sempre in azione, sul poclain, sulla ruspa o sul camion o anche col trattore per tirà fori ruspe e cami impantanati da Franco o Marietto, sempre di corsa e sempre col sorriso sulla faccia abbronzata e rugosa da omo bono.
Sempre sorridenti e con la battuta come quando finito di lavorà andavano con babbo a fa l’ultimo viaggio, quello pe’ i lavori di casa.
Gente speciale che sbancava e cementava sì, ma da Elbani che amavano l’Isola che se c’era un bell’erbrito o una ginestra o una bella ciuffata di scopa in mezzo a uno sbancamento gli si girava intorno, radicati nello scoglio fino a trova’ la vena dell‘acqua. Gente che nel tempo libero “poco” va al mare a fa’ lampate o ricci pe’ mangiasseli o magari pe regalalli ma mai pe’ vende.
Che si fa la casa in mezzo alla macchia e ai frutti dove quando ariva il tempo giusto si fa la conserva e le marmellate.
Lavoro fatica onesta e la faccia serena a fine giornata, quella che c’ha solo la gente perbene, quella che i vagabondi i ladri e i banditi non c’avranno mai nemmeno se si comprano il mondo perché quella un la vendeno, te la devi merita’.
Bona Giovannantonio.
CategoryA posa di sole
Contro droga e cemento
Nel Mondo e nell’Isola
Per l’Isola e pel Mondo
io non sono credente ma questo scritto mi ha colpito e ho deciso di pubblicarlo
TESTAMENTO SPIRITUALE DEL PADRE CHRISTIAN DE CHERGÉ Quando si profila un ad-Dio Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese.
Che essi accettassero che l’unico Padrone di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che pregassero per me: come potrei essere trovato degno di tale offerta? Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.
La mia vita non ha più valore di un’altra. Non ne ha neanche meno. In ogni caso, non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimé, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca.
Venuto il momento, vorrei avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.
Non potrei auspicare una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che un popolo che amo sia indistintamente accusato del mio assassinio.
Sarebbe un prezzo troppo caro, per quella che, forse, chiameranno la “grazia del martirio”, il doverla a un algerino chiunque egli sia, soprattutto se dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’islam.
So il disprezzo con il quale si è arrivati a circondare gli algerini globalmente presi. So anche le caricature dell’islam che un certo islamismo incoraggia. È troppo facile mettersi a posto la coscienza identificando questa via religiosa con gli integralismi dei suoi estremisti.
L’Algeria e l’islam, per me, sono un’altra cosa; sono un corpo e un’anima. L’ho proclamato abbastanza, credo, in base a quanto ne ho concretamente ricevuto, ritrovandovi così spesso il filo conduttore del Vangelo imparato sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa, proprio in Algeria e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.
Evidentemente, la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo e da idealista: “Dica adesso quel che ne pensa!”. Ma costoro devono sapere che sarà finalmente liberata la mia più lancinante curiosità.
Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze.
Di questa vita perduta, totalmente mia, e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per quella gioia, attraverso e nonostante tutto.
In questo grazie, in cui tutto è detto, ormai, della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, accanto a mia madre e a mio padre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e ai loro, centuplo accordato come promesso!
E anche a te, amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen!
Insc’Allah Algeri, 1 dicembre 1993
Tibhirine, 1 gennaio 1994 |
Alla Bonalaccia so umbertino,
a Campo so Bonalaccese e mi chiamo umberto
a Portoferraio so Campese e mi chiamo Segnini,
a Piombino so Elbano a Firenze Livornese
a Rimini Toscano a Bolzano Italiano
poi sarò Europeo poi bianco e poi chiss?
a me più di tutto mi piace esse chiamato Zio.
Questa cosa l’ho scritta un po’ d’anni fa me la so ritrovata nel computer e la voglio mettere dentro a posa di sole dove scrivero i pensieri che mi verranno durante il viaggio
Ero bambolo , partimmo dalla casa di nonno co zio Mario,per andà a fà la scopa femminiccia nella macchia di tambone, pe fà le granate e i granatini, si passò da lo riastrello e dalle paglicce pè vede se il merda era passato .
Il merda era passato a buio ,i cavoli e le pomate a quest’ora l’aveva già vendute a li turisti del campeggio.Pe la coste di Segagnana incontrommo Defendente, Ada e l’asino che andavano a Fonza dove c’avevano tre pezzi di vigna e tenevano n’a villa grande a dei signori di milano, salimmo assieme fino a scopri l’ischia poi noi tirommmo a dritto pe la scorcia .
Era il tempo del passo dei colombacci, da dietro a na cote appariva la beretta del Paolini vecchio, c’era pace e l’aria e la macchia avevano il sapore della polvere secca e calda della siccità ,tuttonsieme il silenzio fù sbatacchiato dall’ale de li colombacci e partì la baraonda ,i pallini ci piovevano addosso come na scroscia di grandinina nera fischiante, quelli che arivavano da destra frizzavano ; infatti appena più n’sù c’era il muso nero di Lubumba tutto incinghialito, zio lo mandò in culo e lui disse di levassi da li coglioni …. quando fummo un pò più n sù zio mi raccontò di quando Lubunba battiede il capo da piccino rimanendo morto tre giorni , poi risucitò però rimase toccato nelle cervelle.
Arivati alla macchia della scopa femmina , ci fermammo a guardà il piano della bonalaccia, c’era sempre più case e meno campi puliti ,più buscioni e meno vigne.
Io dovevo guardà nell’occhi di zio per vede i sui racconti ,nel piano tutto questo lavorio non lo vedevo , non vedevo le donne al fosso, i barocci ,i volantini, non sentivo il rumore delle sappe e dei bidenti ,non c’erano ne asini ne cavalli ,ne donne co le cataste in capo . ma nell’occhi ci vedevo più di tutto il luccichio triste che viene quando si guardano i filmini che stanno dentro il cervello e che lo sguardo non li trova più; era il pianto per il suo mondo che non c’era più.
Dopo un silenzio fermo e lungo salimmo guasi di corsa fino a li scogli bianchi che sono il punto più incima di tutto del Tambone ;facevo fatica a stalli dietro ,sembrava “cokke” dietro a la lepre .
Arivati sul cocuzzolo cocuzzolo mirò tutt’intorno , c’aveva n’a faccia che si capiva che doveva dì qualcosa di importante, quello che voleva dì l’aveva già pensato, però stava zitto.
Era bello li incima si vedeva tutto, e il mare era da tutte le parti e si vedeva tutta l’Isola e le tere lontane.
Un p’ò più in giù a la via di Montecristo c’era un caprile di calcare ormai abbandonato da i pastori pastori che venivano da S.Ilario a pascola le capre e le pecore anche perchè la tera un’era adatta ne alla vigna ne all’orti , invece all’onsù ala via della Capraia ,nel cocchero c’erano i bunker ,che l’avevano fatti i soldati italiani e disotto ormai imbuscionate, le grotte dove nonno ,zio e qualche altro stavano imbiattati al tempo della guera pe un fassi prende dai tedeschi.
Disse :“qui siamo al centro dell’Isola di qui si capisce tutta la geografia ,quello è il Sud , li c’è il Giglio e Montecristo, a Montecristo è pieno di capre e di vipere e c’era la villa del re.Se uno andasse sempre a diritto ,prima trova la Sicilia che è bella ,ma ci fanno i teremoti e poi la Tripolitania dove l’italiani piantarono le viti e l’olivi dove prima c’era solo sabbia.
Quello è oves ,dove pone l’sole ,dietro il capanne c’è la Corsica ,che è grandissima e ricca d’acqua , La Corsica è francia però i Corsi ai francesi no li possono vede, possono vede poco anche all’italiani ,a noi però si perchè siamo isolani come loro , al tempo di prima co na barca a quattro remi ci volevano dodici ore pe arivà dila da Pomonte.
Sotto c’è la Sardegna ,che è cuasi attaccata ,ma però non si vede; i Sardi so peggio dei Corsi in tempo di guera hanno fatto scappà anche li tedeschi ,infondo infondo c’è la Spagna e Gibiltera li c’è il norde , quella è la Capraia e quella piccolina è la Gorgona. Infondo c’è Genova e nelle montagne dietro, quando è tempo bono d’inverno si vede la neve e di quà c’è este , dove nasce il sole , lì è Calamita e ci so le miniere di fero ,quel paese è Capoliveri, poi c’è Portazzuro Rio e l’Isola è finita .Al di la del canale c’è il continente tutto attacato fino alla russia e alla cina”.
E l’italia dovè ?
“in continente” ma noi siamo italia?“
quello dipende dalle guere, da chi le vince: la Corsica prima era italia e ora è francia ,ma so tutte stronzate; la Corsica è la Corsica e i Corsi so i Corsi ,un so ne francesi ne italiani , so Corsi e basta! E noi siamo Elbani .
So i continentali che hanno bisogno dei confini, a noi Isolani un ci serveno, noi c’avemo il mare e ognuno si chiama col nome de la su Isola, e poi la nostra è la meglio di tutte , lo diceno anche quelli che hanno visto tutti i paesi dei cinque continnenti che un posto meglio di quì un’esiste da nessuna parte del mondo”.
Zio e le granate non esistono più,ma la geografia è sempre quella. |
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