Ritiriamo le analisi mediche, va tutto bene e questo mi fa sentire più leggero, ho sempre fifa quando attendo “una sentenza medica” le malattie mi fanno paura, sono cresciuto sentendomi dire che l’importante è la salute, quando c’è la salute c’è tutto e alla salute bisogna pensacci quando c’è e poi come dice sempre zia Alvia “noi siamo una razza di centenari ma pe arivacci bisogna vive a modo”.
Andiamo a cercare un’agenzia di stampa atttraversando le vie di Fes semideserte, oggi c’è sciopero una serrata quasi totale delle attivià contro il caro vita. L’agenzia di stampa sembra una caserma, l’accesso è per soli uomini, la cosa buffa è che mi accompagnano in un ufficio dove ci sono solo donne, gli spiego cosa cerco e mi danno le dritte per le sedi locali de L’Opinion e Le Matin, con l’aiuto di Mohammed incontrato per strada riusciamo a raggiungere la redazione de Le Matin e ad avere il numero di telefono di una giornalista. La ricerca è durata mezza giornata, ma poi con una telefonata di 30 secondi fissiamo un appuntamento per il tardo pomeriggio.
Durante il giro abbiamo individuato un cafè con la wi-fi, ci piazziamo per spedire, in queste pause urbane non si riesce mai a rispettare i tempi anche perché i “fronti aperti” sono tanti. In un attimo arriva l’ora dell’appuntamento, fissato davanti alla banca del magreb. Rachida è una giornalista di Casablanca sulla trentina sorriso aperto, occhi vivaci e parlata veloce, è molto incuriosita dal viaggio, ci sediamo in un cafè e parliamo un paio d’ore, è una conversazione molto interessante e aperta su più argomenti, il tempo passa in un attimo, domani siamo invitati a casa sua per approfondire meglio le cose e per conoscere la sua famiglia.
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CategoryMaggio 2008
Oggi dopo tanti giorni piovigginosi una bella giornata e nel cielo terso si stagliano eleganti le sagome dei grandi rondoni dal petto bianco che volano frenetici sopra al grande piazza Bab Boujeloud, circondata dalle antiche mura che ne ospitano i nidi.
Ci chiamano dal liceo linguistico per le traduzioni, ci aspettano due giovani maestri marocchini che si chiamano tutti e due Mohamed. Insegnano entrambi lingue in due scuole medie della medina e sono originari di un piccolo villaggio di campagna. Uno di loro è particolarmente interessato al viaggio e in particolare al progetto di Base Elba. È un ragazzo brillante che sta facendo una ricerca sulle storie e le leggende del Mediterraneo e tra pochi mesi verrà in Italia, a Siena a studiare per due mesi, grazie ad una borsa di studio. Gli parlo un po’ dell’Elba e delle altre isole dell’Arcipelago, della sua storia e delle sue leggende, soprattutto quelle legate alla pirateria moresca e lo invito a visitare la nostra Massima Isola. Sono contento, fra un paio di giorni, inshallah, avrò il sito leggibile anche in arabo e francese.
Senza capire bene come, mi ritrovo a gironzolare tra i vicoli della Mellah, l’antico quartiere ebreo, dove non è rimasto rimasto niente dell’antico splendore raccontato sulle guide, anche la sinagoga, la cui visita è chiaramente a pagamento, è piuttosto malandata.
Sto cercando una nuova macchina fotografica, quando un’insegna “pasta e pizza” mi calamita dentro un ristorante “italiano”, non avrei mai pensato di essere soddisfatto di un piatto di scotte con tracce di totano congelato, gamberetti, panna e formaggio olandese grattugiato.
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Anche stamattina dopo la pausa domenicale scendiamo alla ville nouvelle per gli ultimi esami attraversando El Djedid. Lasciato l’ambulatorio andiamo a trovare Tambone che come da copione sta mangiando, gli hanno rasato la criniera e il pelo sulla schiena, sembra un bambolo alla visita militare. Ci riconosce e ci viene incontro in cerca di coccole, secondo me è stufo di stare qui dentro, è un posto di lusso, ma è comunque una prigione, ormai anche lui è un nomade, ma tra qualche giorno inshallah ripartiremo alla scoperta di nuove bellezze.
E’ una giornata dedicata alla preparazione di vari aspetti, e viene passata in gran parte dentro uffici, cyber e negozi, è questo “il lato oscuro della cosa” meno divertente ma indispensabile per mandare avanti il progetto, ci sono da sistemare le traduzioni per il sito di elbaeumberto che ora è ben visibile anche da www.elbacomunico.com e da www.ilviottolo.com , vedere il referente del consolato per i passaporti, cercare una tenda più piccola e uno zainetto e rispondere alle tante mail.
Rientriamo alla Medina che ormai è quasi tutto chiuso, nel centro della via una squadra di muratori che nella notte amplierà un ristorantino, sta impastando a mano un “vulcano” di calcina, mentre sullo sfondo cani e gatti si dividono gli ultimi avanzi lasciati dai ristoranti.
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La medina più la giri e più ti incuriosisce è un labirinto intricatissimo, una ragnatela di vicoli sinuosi che si intrecciano continuamente, a volte finisci in una piazza, altre in un vicolo cieco.
I turisti si concentrano nelle vie centrali le più ampie e ricche di “artigianato souvenir”, ma sono i vicoli secondari che raccontano le storie più belle, dove lavorano in microscopiche botteghe gli artigiani che producono per i turisti, ma soprattutto per il vivere quotidiano perché la medina si autoalimenta e produce tutto al suo interno. Qui è l’olfatto il senso predominante, il profumo di miele e cannella ti indica che stai imboccando la via dei dolciai, l’odore di cera e incenso che siamo vicino a una moschea o a un Mausoleo e il puzzo nauseante della lavorazione della pelle non lascia dubbi sull’approssimarsi delle concerie, un mondo a se, denso dove respiri aria umida e dipinda, dove lavorano sciagurati uomini spettro con i volti e gli occhi intrisi di colore.
Il vicolo che porta alla tomba di Moulay Idriss II è sbarrato da un trave ad altezza uomo: è l’inizio dell’horm, il sagrato del santuario, un tempo zona interdetta a ebrei, cristiani e muli, ma ora la presenza degli “infedeli” è tollerata, anzi ci sono le indicazione per il mausoleo. Questo “santo è il patrono di Fes e viene oncora oggi venerato soprattutto dalle donne che vengono a pregare ed a portare doni sulla sua tomba in cambio di richieste di mariti e fecondità. Questa è una zona interdetta, ma sbirciando dalle ampie fessure si vedono numerosi gruppi di donne che pregano e accendono ceri e la miscela di sacro e proibito crea innegabili suggestioni.
Raggiunto il fiume ormai secco si finisce nel Quartiere Andaluso per poi uscire attraversando la zona più malfamata di El Bali, da Bab Ftouh. Uscito dalla Medina un gruppo di marocchini davanti alla televisioni mi porta con la mente alla Fiorentina che si gioca la champions a Torino, la parte tifosa prende il sopravvento e “soffro” il secondo tempo in diretta su fiorentina.it. Osvaldo su rovesciata ci conferma l’agognato quarto posto.
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Il mio organismo, contrariamente al palato, non ha gradito la Pastilla (la lasagna fessa) il piatto tipico di Fes e gli squisiti dolcini al miele, e stamattina so ‘n coma, porto la cacca e vado a dormire. Mi sveglio, vomito, poi vado a internet e mi incazzo col Veltroni finalmente risucitato (Roberto Elbacomunico, non walter ombra di protezione). Ho voglia di silenzio e grandi spazi, di profumo di ginestra e rosmarino e croste di sale marino sulla pelle sudata e invece mi trovo avvolto in una bolla di smog e ipocrisia. I motori della nuova Fes sono la droga e il cemento. È veramente teatrale questa impietosa “rappresentazione reale” del tramonto occidentale abbracciato a una soffocata alba Africana, il peggio di di due mondi, bimbi spacciatori per gente gonfia felice di aver trovato da fumare a basso prezzo. Impietoso e scontato il paragone col mondo semplice e puro, ma più di tutto retto e dignitoso, dei nobili pastori della montagna. Questa sciatta umanità urbana, mediocre e vile che si annulla nei fumi stordenti in questa globalizzata bassezza. Esercito di vili e falsamente ignari servi del sistema che ipocritamente contestano con trecce e simboli, consapevoli della merda che sono. E’ il mondo dei drogati quelli che finanziano e fanno proliferale nel mondo la disuguaglianza e il privilegio. Penso che non ci sia niente di più facile che controllare un mondo di drogati, larve che si devono drogare per dormire, drogare per trombare, per leggere e lavorare, gente senza stima ne amor proprio vero disastro sociale nel pianeta.
Voglio girare tutto il mondo e gridare contro droga e cemento. |
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Esami del sangue e cacca nel bussolotto, visita alla stazione ferroviaria (unico angolo della ville nouvelle senza traffico) per vedere gli orari dei treni diretti a Meknes, andiamo a vedere una bella mostra fotografica di un iraniano e poi si torna alla Medina. La cosa più assurda delle città marocchine è che le attività concorrenziali sono tutte in fila, è rimasto il concetto dei souk, ci sono i ristoranti tutti con lo stesso menù attaccati l’uno all’altro, poi i negozi di scarpe, le cremerie e via dicendo. “Ittalliano ancora quì?” “ la mulo dove sta? ” “Compra da me 00 prima qualità” me lo sento ripetere a sfinimento lungo la via da El Djedid a El Bali. Però la Medina è affascinante ti passano davanti migliaia di facce diverse e persone abbigliate nella maniera più disparata, la signora con il burka nero da cui non traspaiono nemmeno gli occhi, il punk a bestia ormai perso per sempre, le guide turistiche col cartellino dal falso sorriso stampato sotto sguardo acido, la ragazza appena uscita dall hamman che cammina con la testa fra le nuvole candida e sorridente avvolta in un profumato kaftano turchese con in mano il sacchetto nero dei panni sporchi, e poi ancora gente all’infinito in questo fiume caotico di magma umano; chissà quanti pensieri nascono e si avvinghiano in questo marasma, quanta diversità, quanta potenza, quanta bellezza e quanta bruttezza …quanta umanità. | |
Si lavora e poi si va dall’architetto Meliani il responsabile del consolato italiano per Fes e Meknes, che ho contattato per risolvere alcuni problemi relativi al rinnovo del passaporto e ai visti per entrare in Algeria. Il diplomatico ci accoglie con grande gentilezza, è un Fasso con origini italiane il nonno era di Genova, è ammirato per il nostro viaggio anche se lo ritiene un po’ folle e dice che mi darà una mano per pubblicare la storia della traversata dell’ Atlas. Sfruttiamo la pausa metropolitana per fare le analisi mediche. Tutto efficiente e caro, qui un povero le analisi del sangue e delle feci non se le può permettere. Il dottore è piuttosto contrariato quasi schifato quando gli racconto che in questi mesi ho bevuto e mangiato quasi tutti i giorni insieme alla gente dei villaggi, ne parla come se fossero quasi dei subumani, questo mondo a compartimenti stagni è nauseante. Battiato cantava povera patria, io penso povero mondo… ma cambierà, sì Cambierà. | |
Dalla terrazza dell’hotel cascade si ha una bella visione della medina, è una specie di torre tra la porta Bab Boujeloud e la Madrasa Bou Inania di tre piani con camerate e una terrazza dormitorio frequentata prevalentemente da ragazzi e marocchini.Appena entrati in strada la domanda è sempre quella “ou est le mule? Ittalliano la mula dov’è? U asserdoun?” sembra che tutti ci aspettavano. La medina è visitata tutti i giorni da migliaglia di turisti, ma alla fine sono tutti omologati e un po’ tutti uguali, si dividono in due categorie principali: quelli dei gruppi organizzati che viaggiano in comitiva con le guide e i gruppetti “disorganizzati” per lo più in cerca di hashish. Rispetto a Marrakech è comunque molto meno turistica, la maggior parte delle persone che frequenta questi vicoli sono marocchini e ci sono tanti edifici storici quasi tutti a carattere religioso. Fes El Bali si sviluppa su un pendio e i vicoli scendono tutti verso il fiume Fes, di tanto in tanto si sentono voci di bimbi che recitano a memoria piccole frasi, sono le scuole coraniche disseminate lungo i vicoli, è una città che ruota tanto intorno all’organizzazione religiosa, ma anche estremamente falsa, uno degli aspetti più sgradevoli sono proprio alcune scuole coraniche dove le insegnanti invitano i turisti ad entrare per farsi lasciare un compenso. Entro in una di queste scuole e ci resto un po’ di tempo per capire, lo spettacolo è veramente squallido, “la maestra” chiama i turisti per le foto e fa recitare alla bimba più bella la canzoncina di fra martino campanaro in francese, entrano, ascoltano la bella bimba che canta frere jacque, fotografano, pagano e via altri ignari complici di questo subdolo teatrino dove i bimbi sono vittime e comparse di questa vergogna. Scendiamo lungo i vicoli in una grande miscela di colori e profumi, ci sono grandi contrasti fra botteghe che potrebbero essere medioevali, cyber, negozi che vendono magliette tarocche delle squadre di calcio, liutai e vetrine con telefoni e fotocamere dell’ultima generazione. Ogni tanto sbuca qualche mulo carico delle merci più svariate, per evitare che gli animali scivolino sulle lastre lisce e pendenti dei vicoli, sotto gli zoccoli gli viene applicata una specie di suola di gomma. A un certo punto il flusso si blocca, è in corso una rissa in una piccola piazza tra due persone, uno ha tutta la testa insanguinata e l’altro ha un corpo impressionante, è praticamente a torso nudo e ha il corpo segnato profondamente da impressionanti cicatrici di frustate e urla frasi enfatiche, sembra quasi una recita, ma la gente è veramente spaventata e fanno deviare tutti i flussi dei turisti per evitare che si trovino in zona. A un certo punto l’omo cicatrice sembra quasi dialogare con il “pubblico”, poi all’improvviso urla qualcosa che spaventa e la gente come impazzita scappa via in tutte le direzioni travolgendoci. L’arrivo di un po’ di corpulenti personaggi con radioline e occhiali neri pone fine allo spettacolo portando via i due contendenti. Arrivando ora sarebbe difficile immaginare che il sangue sparso sulle lastre della piazza sia umano. Siamo nei pressi della grande moschea Kairaouine, seconda in dimensioni solo alla grande moschea Hassan II di Casablanca e considerata la più antica università del mondo. Questa moschea è il fulcro della vita religiosa mussulmana, qui viene stabilito il calendario di molte ricorrenze religiose tra cui il Ramadam. Come tutte le moschee non è visitabile per i non mussulmani ed è molto difficile percepirne le dimensioni perché è tutta incastonata nelle murature della medina. Senza capire bene come, camminando tra gli stretti vicoli si finisce dentro una falegnameria allestita dentro un antico palazzo ormai diroccato, con grandi archi. Se si escludono gli edifici religiosi qui il concetto di patrimonio storico non esiste, e tutto viene continuamente convertito e riutilizzato in base alle esigenze del momento, creando scenografie degradate ma di grande effetto. Usciamo dal cuore del quartiere attraversando il souk dei falegnami per uscire da Bab (porta) Guissa che sbuca in un grande cimitero sotto le tombe dei Marinidi un tempo maestose ma oggi ruderi usati come latrine e discariche. Il cimitero qui è un posto dove si lavora, questo è usato come luogo dove distendere le pelli e la lana ad asciugare, lo spettacolo delle pelli distese ad essiccare fra le tombe bianche è piuttosto tetro. Attraversato il cimitero rientriamo nella medina da un entrata secondaria e ci troviamo in un reticolo di vicoli dove tutti anche i bimbi ci vogliono vendere haschish. Siamo ormai nei pressi di Bab Boujeloud passiamo tra la madrassa Bou Inania e il famoso orologio idraulico, vanto medioevale della superiorità della tecnologia araba sull’occidente di cui nessuno ha mai saputo spiegare il funzionamento. Se non fosse per le indicazioni sarebbe impossibile individuarlo, è un palazzo con delle fessure, adornato da legni di cedro intarsiati dove al piano terreno ci sono una serie di botteghine che vendono polli. Bou Inamia è uno dei pochi edifici religiosi che si può visitare anche se solo parzialmente, è molto raffinato con pietre e legni intarsiati finemente in disegni geometrici ripetitivi e ipnotici, entro nella “zona proibita” ma trovo solo una seria di stanze mal tenute e piene di escrementi. È sera quando scendiamo alla ville nouvelle, continuano ad avvicinarmi chiedendomi Tambone, chi lo vuole comprare, chi scambiare con un asino, quasi tutti sanno che è all’hopital american, il mulo tanto deriso all’arrivo è in realtà molto ambito ma le facce dei pretendenti sono tutte poco raccomandabili. Come sempre quando posso usare internet mi ricollego con il viottolo per seguirne le vicende e guardo con grande piacere le foto fatte da Roberto durante l’ultina traversata dell’Elba di trekking, le prunelle di Campo alle Serre non sono ancora fiorite segno che anche all’Isola è una primavera “fredda”.poi mi dicono che è l’ora di chiudere, sono solo le dieci e mezzo, ma qui le attività chiudono molto presto rispetto a quello che succede da noi. Rientriamo a Fes El Bali che le porte interne della medina sono già chiuse. | |
Il sole è già alto quando partiamo alla volta della medina, non è facile districarsi nel traffico attraversando le vie da strisce pedonali che nessuno rispetta. Tambone scivola continuamene sui marciapiedi, finalmente trovo un tratto tranquillo, ma arrivano subito i guardiani del giardino che mi rispediscono nel traffico. Mi sento in colpa nei confronti di Tambone per averlo portato in questo inferno, passiamo davanti al grande palazzo reale dai grandi giardini perfetti ma interdetto a tutti e poi finalmente salendo troviamo il primo quartiere della medina Fes El Djedid. Lasciamo il traffico, entriamo nei vicoli pieni di mercanti, è tutta un’altra Fes colorata di veli e profumata di spezie.
Siamo circondati da stupore divertito e curiosità e da diverse persone che si vogliono comprare Tambone, continuiamo a salire verso Fes El Bali, la città vecchia. Entriamo nel cuore di Fes varcando le antiche mura nella penombra delle grandi porte ad arco, qui sembra veramente di essere viaggiatori di un’altra epoca, avanziamo alla cieca alla ricerca di qualche fondouk (caravanserraglio) per lasciare il mulo, che sembra la cosa più difficile. Passando da una serie di porte ci ritroviamo in un vicolo cieco dove diventiamo l’attrazione per un gruppo di bimbi divertiti, vogliono salire tutti sul mulo, mi fa strano che un mulo sia così attraente, facciamo un po’ di giretti con Tambone che si presta, straordinariamente docile, al gioco. E’ un mondo di mercanti tutti ci propongono soluzioni, seguo un ragazzo che mi sembra il più affidabile attraversando tanti vicoli. Tambone sdraia tutto e tutti, col tagrart da botte a destra e a manca e ogni tanto si mangia qualcosa dai banchi di frutta, in un colpo solo si apre una gabbia di piccioni e si abbate una pila di pani, siamo l’attrazione comica del souk e questo ci protegge dai negozianti incazzati. Ci propongono una soluzione, ma è oscena, una specie di grande latrina col mulo legato contro un muro. Decidiamo di uscire dalla città e di andare a cercare una sistemazione per Tambone, come sempre la soluzione c’è, ce la trova un ragazzo gentile uno di quelli che faceva i filmini col telefono quando si “barava” le bancarelle. Appena fuori, fra la medina e la ville nouvelle c’è il foundouk americano, una clinica veterinaria di lusso, bussiamo al grande portone e ci apre un tipo sorridente che ci riconosce, ci ha visto ieri sulla strada, sono tutti affascinati dalla storia del viaggio e ci prendono in consegna Tambone gratuitamente. È un posto bellissimo e assurdo allo stesso tempo sembra l’Ifrane degli animali, con i dottori e gli infermieri in camice bianco, ci sono anche due ragazze italo canadesi di molto carine che sono qui a fare uno stage. Non potevamo trovare di meglio, noi ci sistemiamo nella medina e poi si va alla ville nouvelle per cercare, senza trovarle, le carte del Rif.
Finalmente siamo arrivati, ci godiamo la sera dalla terrazza di una kasbak della medina mentre dagli oltre trecento minareti di Fes parte simultaneo il richiamo alla preghiera dei muezzin, un incredibile coro cacofonico che per qualche minuto sovrasta tutto il resto.
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Stamattina Tambone è agitato e non ne vuole sapere della sella, fra vari tentativi di carico se ne va una mezz’ora, poi finalmente si parte. I primi cinque chilometri sono in discesa su una grande strada asfaltata, per fortuna che c’è poco traffico perché è veramente pericolosa, poi svoltiamo a destra e prendiamo una stradina che scende fra meli e ciliegi. Man mano che si scende cambia la vegetazione, ora ci sono tante agavi e palme nane e nei campi il grano è maturo, ritroviamo i paesini con i tetti piatti e gli uomini coi tonaconi, mentre si ricominciano a vedere le donne velate. Scendendo attraversiamo un altopiano di calcare ricco di grotte e poi cominciamo ad attraversare la grande pianura che ci porterà a Fes. Si cammina fra campi di grano e olivi, percorrendo stradine circondate da muri, la mietitura che è già iniziata viene fatta ancora a mano con le falci e il trasporto con gli asini. È un paesaggio dolce di campagna avvolto nel silenzio, non sembra assolutamente di essere vicini a una grande città, anche gli animali stanno cambiando, ogni tanto si incontrano dei cavalli, alcuni veramente belli. È già pomeriggio inoltrato quando ritorniamo sull’asfalto, su un infinito rettilineo che ci porta fino all’abitato di Ain Chgag che è una grande distesa di case circondate da piazzali polverosi e pieni di spazzatura, è un posto brutto e anche le persone sembrano tutte brutte, come sempre negli occhi delle persone riflette l’ambiente che li circonda. Proseguiamo verso est per cinque o sei chilometri fra i campi di grano interrotto ogni tanto da qualche villone per poi entrare nel grande stradone che ci porterà dritto a Fes, nei pressi di un grande campo da golf dove stanno costruendo un enorme villaggio. Siamo su una delle arterie più trafficate del Marocco, per fortuna che a fianco della grande strada c’è una striscia sterrata che ci permette di salire verso Fes senza rischiare. Manca una quindicina di chilometri a Fes che quando siamo partiti da Marrakech sembrava quasi una meta astratta e ora ci siamo. Ci passano vicini gli aerei che partono e arrivano dall’aeroporto e mi fanno ritornare in mente i grandi aerei che ci passavano sopra la testa quando con i kayak si stava imboccando il Tevere da Fiumicino. Dopo pochi chilometri la campagna che circonda lo stradone viene sostituita da un’infinita distesa di villone in un festival di sfarzo e pacchianità con grandi muri di cinta e telecamere di controllo. Camminiamo almeno cinque chilometri dentro questo quartiere di ricchi e nei pochi spazi ancora liberi stanno costruendo. La droga e il cemento sono da sempre i miei nemici e questa enorme distesa di cemento è sicuramente in gran parte finanziata dai soldi della droga del vicino Rif, vero motore trainante dell’economia di questa parte del Marocco. La mitica Fes, la città con oltre dodici secoli di storia, da qui sembra solo un cartello pubblicitario, così come noi che sembriamo assolutamente fuori luogo con il povero Tambone, unico mulo, che avanza con difficoltà su questi scivolosi marciapiedi catturando l’attenzione di tutti. Fra lo smog di un traffico sempre più caotico ci troviamo nel centro della ville nouvelle di Fes, ormai è sera i marciapiedi sono strapieni di persone. Alcuni ci guardano divertiti, altri ci deridono, qualcuno è incazzato, all’improvviso arriva un vigile urlando aggressivo, mi si avventa addosso con l’idea di farmi il culo, poi quando vede che non sono marocchino cambia modi e espressioni radicalmente dicendomi che non ci sono problemi. Se fossi stato un contadino Berbero avrei passato guai, ma sono un europeeo e il re vuole dieci milioni di turisti entro il 2011 e a questi tutto è permesso, anche entrare nello sciccoso centro di Fes col mulo. Comunque ci intimano di lasciare la città nuova e salire verso la medina dove ci sono i caravanserraglio per i muli. È notte e non ho assolutamente voglia di fare otto chilometri nel traffico per raggiungere la medina, troviamo una sistemazione per la notte buona per noi meno per Tambo e poi evadendo le richieste sempre più insistenti di gente che vuole comprare il nostro mulo, andiamo a mangiare, come ci eravamo ripromessi qualche mese fa, in un ristorante italiano dove incontriamo un trevigiano che ci paga la cena. | |
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