Il tempo è brutto, andiamo a fare un giro, c’è un parco con grandi alberi e tanti canali che porta a un laghetto artificale dove affittano pedalò tutti personalizzati, si va dalla formula 1 alla carozza, non è un granchè però fa colore, ci sono i marocchini delle città grandi in uscita domenicale e anche le gite scolastiche delle scuole provenienti da Tangeri e Casablanca. Ricomincia a piovere e rientriamo insieme ai bimbi che cacciano nel parco con le fionde.
Si sente il traguardo, Fes è a una quarantina di chilometri e domani inschallah ci arriveremo.
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CategoryMaggio 2008
Anche stamattina pioviscola, ma il tempo sembra essere in via di miglioramento. Andiamo al campeggio per recuperare Tambone, gli sciolgo la zampa per mettergli il morso e portarlo via, ma comincia a correre come impazzito di felicità fra l’erba alta del campeggio. Dopo vari tentativi riesco ad avvicinarmi ma quando vado per mettergli il morso si divincola e mi molla un gran calcione e scappa galoppando fra i prati. Lo capisco, ma devo fare lo stronzo e con l’aiuto del guardiano gli intrappoliamo le gambe con la corda, poi gli metto il morso e andiamo alla via di casa, attraversando i perfetti vialetti di Ifrane. Non senza difficoltà gli mettiamo la sella e Tambone sfoga l’incazzatura vergando un calcione al canino della padrona di casa che si atteggiava a bestia dominante. Osservati come alieni lasciamo Ifrane, solo i giardinieri ci rivolgono la parola e ci danno consigli sulla via da prendere. Purtroppo non ci sono molte alternative: la strada asfaltata o il sentiero che la fiancheggia. Siamo circondati da nuvoloni e temporali, ma per fortuna non ci bagnamo. È una zona caratterizzata da blocchi di calcare e l’acqua fra le rocce appare e scompare continuamente. È una zona agricola coltivata a grano e frutti, ogni tanto lungo la strada si incontrano delle botteghe per turisti con esposti minerali, enormi fossili tarocchi, tappeti, miele, tajine…tutti mediamente sgangherati, Ifrane è a pochi chilometri ma è ormai lontanissima, siamo tornati in Marocco. Dopo una ventina di chilometri la campagna diventa una macchia di lecci e lungo la strada ci sono improbabili banchetti con sopra esposti dei barattoli di miele, si va avanti così per una decina di chilometri, ogni centinaio di metri un banchetto di miele, sembrano abbandonati, ma imboscati nella macchia ci sono i venditori, che oggi per il freddo si stanno riscaldando tutti con dei fuochi. Non avrei mai pensato di trovarmi a patire freddo di maggio in Africa in una macchia di lecci. La macchia si dirada quando comincia a scendere la strada e ci ritroviamo a Immouzer du Kandar, una cittadina dove stanno costruendo un sacco di villette a schiera, tutte uguali, le stesse che stanno rovinando l’Elba, sembrano le case del PEEP di Campo, quelle che andrebbero convertite in calcinacci col tritolo. Il centro del paese è la parte più bella, con i canali per regimare le acque che qui sbucano continuamente dalle rocce e la piccola e ordinata medina.
Ci sistemiamo in un piccolo albego alla fine del centro abitato che si affaccia sulla grande pianura in direzione di Fes, è una struttura datata e un po’ decadente ma affascinante sembra un posto dove il tempo si è fermato, è tutto d’epoca: il gestore le donne della cucina, il giardiniere e anche i cani sono vecchi. Subito non ci vogliono, il gestore tutto sdegnato dice che non è un albergo con gente che viaggia con gli animali, ma poi ci prende e si spende anche poco.
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Piove sodo, quindi oggi non si parte ma il padrone di casa ci sfratta perché Tambone ha cacato nel prato. Mi sento fuori posto, è quattro mesi che caco fuori dall’uscio e oggi si so incazzati perchè il ciuco ha cacato nel prato, parto con il mulo in cerca di una sistemazione e la trovo nel campeggio che è ancora chiuso ma disponibile per Tambone che si trova in un paradiso d’erba. Sistemato il ciuco e raccolto il concime, abilitati rimaniamo nel solito alloggio.
Ifrane è un “truman show” abitato da studenti figli di papà, giardinieri e poliziotti, dove ogni giorno vengono cambiati i fiori nelle aiuole lungo le vie, i macchinoni che transitano hanno tutti la marmitta catalitica: la cittadina ideale, peccato che basta fare pochi chilometri per trovare villaggi di case di fango e merda dove i bimbi non vanno a scuola.
Aspetto positivo del “villaggio paese” (credo che Ifrane sia il sogno proibito di Bosi e Marchetti) è che si mangia bene e la connessione internet è potente. I ragazzi del truman trasudano di benessere, sono vestiti come i loro coetanei occidentali, fra le tante cravatte e i rolex spunta anche qualche simbolo “ribelle”, magari si ripeterà la storia del Collège Berbère e dalla scuola d’elitè verranno fuori i nemici delle sperequazioni sociali, in fondo anche il 68 era figlio dei figli di papà.
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Sveglia prima dell’alba, prepariamo gli zaini e nel frattempo arriva Tambone che stamani è stranamente mansueto e si lascia caricare tranquillamente. Attraversiamo la città ancora un po’ addormentata e prendiamo la strada principale per Ifrane, ben presto circondata da spettacolari ciliegi che però in questo tratto sono molto ben protretti. Per fortuna dopo pochi chilometri imbocchiamo una strada secondaria e il traffico scompare del tutto, siamo circondati da campi di grano e piano piano entriamo nella famosa foresta di cedri che circonda Ifrane. I cedri ci sono, ma molto più piccoli e radi rispetto a quelli che abbiamo visto nella zona più meridionale del Medio Atlas, è una foresta di cedri e lecci ben tenuta, ma ha poco di selvaggio, sembra un grande giardino. Dopo un paio d’ore di cammino sullo sfondo si inizia a vedere Ifrane, sembra una città costruita coi lego, con le case bianche e i tetti rossi super spioventi. È tutto molto ordinato ma totalmente scollegato da tutto quello che è Marocco, per lo meno il Marocco che abbiamo visto finora. Di solito c’è un gran disordine e tanta sporcizia e la poca erba è rasata e contesa dai tanti animali, qui è l’esatto contrario, è tutto geometrico e pulito, ma l’erba spiga e prolifica da tutte le parti e l’unico che ne usufruisce è Tambone, che sta tosando tutti i bordi dei marciapiedi della periferia. Entriamo nel centro e attraversata l’asettica piazza, ci sistemiamo in un appartamentino con giardino. Il tempo è brutto, facciamo un giro a piedi per Ifrane fra villette e grandi edifici pubblici in stile europeo, poi proviamo a visitare il famoso college Al Akhawayn la più prestigiosa università del Marocco, dove studiano i futuri dirigenti del mondo arabo, ma non è possibile. Inizia a piovere e fa un gran freddo, andiamo a internet e ci passiamo il resto della giornata. |
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Oggi è l’ultimo giorno ad Azrou, come al solito la pausa è stata un po’ più lunga del previsto ma cose ne sono state fatte tante e poi la parte “giornalistica” del viaggio è impegnativa ma anche gratificante e l’idea di raccontare e commentare il giro del mondo con tante persone mi piace parecchio.
Prima di lasciare Azrou voglio vedere il Collège Berbère e il famoso monastero di Taolumine.
Il primo è un imponente costruzione dentro la città, oggi un po’ malandata che fu costruita dai francesi per istruire i berberi e creare una classe dirigente locale non araba, l’intento era legare i berberi alla francia per tutelarsi dai movimenti indipendentisti portati avanti dai “cittadini” arabi. Nella scuola si studiava il francese, l’arabo e l’islam erano banditi, ma nonostante il disegno facesse forza sull’insofferenza dei “veri marocchini” nei confronti degli arabi, il progetto coloniale si dimostrò un fallimento in quanto gli allievi del collège furono fra i più attivi nei movimenti indipendentisti marocchini. Una stradina sterrata che inizia vicino alla ex grande scuola e attraversa campi di grano entra in una bella macchia di lecci fino a rincontrare dopo qualche chilometro la strada asfaltata per Ain Leuch, ancora un paio di chilometri e si arriva all’ex monastero praticamente irriconoscibile, due pastori mi confermano che è l’insieme di ruderi davanti a me e mi raccontano che qui i frati curavano le persone con i medicinali ma poi sono andati via, loro dicono 50 anni fa io avevo letto negli anni 90, comunque la struttura che assomiglia a una grande fattoria abbandonata è messa proprio male, è in totale degrado nonostante ci abitino delle persone.
La gente non ama parlare del passato sembra che la storia sia un qualcosa che conviene dimenticare, soprattutto nelle città.
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Il tempo è discreto vorrei noleggiare una moto o una macchina per fare un giro nei dintorni ma non se ne trova, ma va bene anche così perché alla fine con skype e internet sistemo un sacco di cose. | |
Oggi gli uffici sono aperti e allora vado in cerca di una carta dell’Atlas, alla biblioteca comunale che è dentro una chiesa sconsacrata, non c’è niente di interessante, dalla forestale nemmeno, passo la mattinata sbatacchiato da un ufficio all’altro ma la mappa non c’è, però ci sono tante belle riviste dove c’è il re che va con la moto d’acqua, poi c’è il re che ammazza un cervo e anche il re che gioca a biliardo.
E’ difficile avere informazioni spesso la stessa domanda fatta a dieci persone diverse dà dieci risposte diverse, a volte anche la stessa persona cambia la versione più volte ma alla fine è anche divertente.
Il tempo brutto mitiga la voglia di partire e aiuta ad andare avanti con i lavori “virtuali”.
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Oggi è una bella giornata, intorno alla grande moschea ci sono diversi alberi dove le garzette dal ciuffo hanno fatto i nidi e in alcuni di questi ci sono già i piccoli, la grande moschea è circondata da un giardino ben tenuto, qui non c’è la rigidità di altri luoghi religiosi, le persone transitano nel parco come in un normale giardino. Azrou nella lingua tamazigh significa roccia e proprio davanti alla moschea si trova un grande affioramento roccioso rossastro che specialmente al tramonto diventa molto bello. In origine era il punto dove si ritrovavano periodicamente i nomadi della montagna per scambiare le merci , successivamente si sviluppò il villaggio che prese il nome dalla roccia.
La grande “cote” è impacchianita da una grande corona sulla sommità e vista da sopra perde gran parte del fascino perché è stata trasformata in un grande “cacatoio” all’aperto.
Passeggiando finisco in un “barone” col maxischermo dove trasmettono in diretta il derby di Milano, mi fermo e passo una classica domenica italiana triste, perché il Milan vince e supera la Fiorentina che perde a Cagliari .
E’strano a casa non avrei mai passato un pomeriggio di maggio a vedere una partita, la giornata italica finisce mangiando una pizza nemmeno male.
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Come sempre nelle città gran parte del tempo finisco per passarlo ad internet per cercare di sistemare il sito del viaggio e seguire il Viottolo, poi per aggiornarmi attraverso Elbareport sulle vicende dell’Isola dove in questi giorni si celebra Pietro Gori e anche su quelle della patria dove si “celebra” Calderoli.
Azrou è una città tranquilla ma l’impatto con i centri urbani, scendendo dalle montagne, è sempre negativo. Qui sei merce, ti parlano in inglese o francese con frasi fatte senza curiosità solo per forma e interesse, cercando se possibile di fregarti. Ci sono turisti ma di passaggio al massimo si fermano una notte.
Quando esco dal cyber è tutto deserto solo qualche persona nella zona dei bus.
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Doccia e colazione, fa strano vedere la gente vestita all’occidentale e i turisti coi pantaloni corti,ci sono due pasticcerie notevoli vicino alla moschea che saranno testate a fondo, ma prima c’è da cercare l’orzo per il mulo. Tambone stanotte s’è mangiato un olivo e per punizione viene trasferito in una casa di campagna dove starà sicuramente meglio.
Azrou è molto grande e ormai di Berbero ha poco, ci sono tante banche e tantissimi bar sempre pieni dove la gente passa interi pomeriggi seduta. Cerco una mappa del Medio Atlas ma l’unica possibilità è negli uffici del parco solo che oggi è venerdi ed è festa mussulmana, poi sabato e domenica è festa pagana, quindi se ne riparla lunedì.
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