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Gli scheletri misteriosi e l’Insegnante di Marsa Matruh
La mattina se ne va a internet fra Viottolo e invio di bozze a riviste, poi nel pomeriggio si va a fare un giro verso il lago principale. Appena fuori dal paese, vicino a una sorgente incontriamo dei bimbi che stanno caricando l’acqua sui carretti per portarla a casa, mentre altri si lavano nella vasca di acqua calda alimentata dalla stessa sorgente. Avvicinandosi al lago le palme lasciano il posto a orti circondati da canali salmastri, è un ambiente ardito per coltivare, fatto di terreno salmastro e poggioli di terra rossa da dove si vede il lago con gli isolotti sterili e le dune del deserto sullo sfondo. È una giornata fredda e in giro non c’è nessuno, avanzando fra affioramenti di rocce rosse e piccoli laghetti ricoperti da piastre di sale, arriviamo a una piccola collina brulla con tanti loculi, è una necropoli che conserva tanti scheletri, si sviluppa su più livelli e le sepolture sono diverse decine, come sempre è difficile dare una datazione, il deserto e il sale rallentano tantissimo i tempi di decomposizione sui cadaveri rendendo simili corpi che hanno qualche decennio con cadaveri millenari, ma i loculi scavati nella pietra fanno pensare ad epoche precedenti a quella islamica o perlomeno a retaggi di precedenti culti dei defunti. È un sito in completo abbandono e i tanti teschi sparsi intorno alle sepolture fanno pensare più che a scavi di studio a profanazioni o riti di magia nera, il posto è molto interessante e ci voglio tornare per approfondire. Intanto continuiamo a perlustrare, a qualche centinaio di metri in direzione del grande “Birket”c’è un’isola con un villaggio in kirshif abbandonato, per arrivarci si attraversa un tratto di  lago secco il cui basso fondale si è trasformato in un deserto di incartapecoriti lastroni di fango e sale. L’isola fantasma è abitata da un numeroso branco di cani paurosi e afoni, come tutti quelli fino ad ora incontrati in Africa. Il paese abbandonato è spettrale, dei tetti è rimasto solo il resto di qualche trave sbiancato fatto con i tronchi di palma che sbucano dai muri sciolti e deformati e pareti dalle forme incredibili. Era un agglomerato piuttosto grande, con almeno una cinquantina di case e anche qui è difficile capire quando è stato costruito e quando abbandonato, quello che si capisce bene osservando i tronchi secchi delle palme in mezzo all’acqua, è che il livello del lago si è elevato di recente. La luce ovattata, il vento freddo e i nuvoloni grigi che si stanno addensando verso il deserto Libico, danno a questa laguna un aspetto primordiale, sembra quasi che debba apparire un dinosauro da un momento all’altro, invece arriva un tramonto infuocato con il sole che buca le nuvole e trasforma il grigio in arancione prima di scomparire dietro l’Adrar Amellal. Come succede quasi sempre rientriamo che è notte, comunque in tempo per incontrarci con Athar, l’insegnate di inglese delle scuole medie di Siwa con cui abbiamo un appuntamento. Silvia e Daniela si sono date un gran daffare cercando la miglior soluzione per stabilire un contatto di Base Elba a Siwa e dopo che Silvia ha sondato la fattibilità con i dirigenti scolastici locali e con gli insegnanti, abbiamo fissato questo incontro. Athar è di Marsa Matruh, è molto giovane ed è grande amica della sua coetanea Daniela, è una ragazza intraprendente e con idee molto aperte, nonostante l’abito rigorosamente islamico induca a pensare diversamente. Non ha nessuna intenzione di sposarsi, vuole studiare, insegnare e viaggiare. Le faccio leggere il progetto di “Base Elba” in arabo e un articolo che ha pubblicato su di noi un giornale Cairota e qui, dimostrando la vocazione per l’insegnamento, si mette a correggere anche l’articolo dicendo che parla molto bene di noi, ma ci sono tanti errori grammaticali nel testo. La sua famiglia vorrebbe che insegnasse in una scuola più vicina a Matruh ma lei vuole restare qui perché vuole dare un opportunità a questi ragazzi a cui è affezionata e poi pensa che i suoi allievi vivrebbero questo come un tradimento. Il progetto le piace ed è molto contenta di fare da referente per Siwa per iniziare a stabilire un primo contatto. Con la ferma intenzione di arrivare in tempi ragionevolmente brevi a uno scambio di visite, ci lasciamo con l’intento di risentirci a brevissimo e se fosse il caso di andare giovedì insieme a Matruh, dove c’è la sede del governatorato a cui fa capo la scuola di Siwa, per discutere del progetto con i dirigenti della regione. Mi piace il senso pratico e la voglia di concretizzare con dei fatti di queste donne e ripenso alle analisi lucide e spietate che Athar ha fatto sulla società egiziana, sulla politica, l’istruzione, la condizione delle donne, l’islam, mi piacerebbe tantissimo che Athar venisse all’Isola, anche per dare un metro di paragone a tante sue coetanee che si credono emancipate solo perché vanno in giro con le mutande più in su dei pantaloni e si drogano con regolarità. Un confronto di culture e soprattutto di persone che vada oltre gli schemi precostituiti e i giudizi e per questa opportunità devo ringraziare tantissimo Silvia e Daniela, che oltre a stabilire il contatto, mi hanno permesso questo dialogo altrimenti impossibile a causa della mia repulsione verso questa antipatica lingua anglofona, che però nel mondo quasi tutti parlano.  
È già domani da un bel po’ quando si esce da internet e sta succedendo una cosa incredibile: piove a Siwa, è una pioggerellina rada e sottile ma per questa oasi è un evento straordinario.