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E’Pasqua, riaccatizzo la brace che è sopravvissuta al gelo dello notte, è una bella giornata, facciamo una soma fatta bene, e si parte. Tambone va, la valle è bellissima, con le gole scure e le vette tutt’intorno innevate, quasi in vetta un contadino ara con due muli dove ieri nevicava, ci offre the e pranzo, ma proseguiamo. Si vedono dall’alto le gole in direzione della Cattedral.
Siamo in vetta è bello ma fa freddo, il grande plateau si sta liberando dalla neve e i prati vengono fuori. I pastori nomadi sono in gran fermento, stanno preparando i recinti per le greggi, ci sono chilometri di prati acquitrinosi per la neve appena sciolta dove si muovono lenti cavalli e cicogne, ci sono tanti greggi di pecore e capre, controllati pigramente da canoni bonari, qui c’è tanta erba quindi sono numerose le pecore e ci sono tanti agnellini a cui in questo periodo va molto meglio che da noi. Il plateau si estende per diversi chilometri e sarà abitato per tutta la bella stagione dai pastori nomadi, sono figure affascinanti, silenziosi e guardinghi controllano dai picchi rocciosi avvolti in abiti da profeti biblici, sembrano custodi di un mondo senza tempo dove la conoscenza degli elementi naturali, il fatalismo e la fede si alleano per sopravvivere a una natura che può essere assassina. Circondati da picchi che sfiorano i 4000 metri arriviamo al bivio per Imilchil, il sole cala e arriva il gelo, le case più alte non sono abitate, poco più in basso ci sono tanti meli, un ragazzo ci viene incontro e ci offre ospitalità, si chiama Hammon. Scendiamo verso il paese, man mano che si avanza siamo sempre di più. Hammon mi dice che passano tutti i giorni i turisti, oggi ne sono passati tre con un fuoristrada. Il paese è circondato da coltivazioni di meli, in mezzo ai campi ogni tanto spuntano delle grosse coti tonde di granito. C’è profumo di legna che arde, la casa che ci ospiterà è all’inizio del paese proprio vicino alla scuola. Tutto il paese viene a vedere gli “stranieri col mulo”. La casa è una casa di donne, tante, tutte giovani, con numerosi bimbi piccoli. Come sempre siamo accolti nella stanza più bella, con la stufa, il pavimento di terra e sul tetto c’è un lucernario con il filo spinato per non fare entrare gli animali. Oltre Hammon e un paio di ragazzini ci sono solo donne, è così lontano il mondo di Imlil dove le donne non si vedono. Sono belle, alcune con la pelle chiara, alcune scura, ci offrono una sostanziosa merenda, saremo almeno cinquanta nella stanza, poi piano piano rimaniamo noi, Hammon con moglie e figli e le sue tre sorelle che vivono qui da sole. Ceniamo con il riso, ci raggiungono anche le maestre della scuola che sono state adottate da questa famiglia solare e generosa. Hamida, la sorella più grande, sogna di venire a lavorare in italia ma vorrebbe anche trasformare la casa in un piccolo ostello turistico insieme al fratello, è una ragazza sveglia e capace aiuta le maestre insegnando loro il tamazight l’idioma locale, l’unica lingua che parla la maggior parte degli abitanti di Tasfref, indispensabile per comunicare coi bimbi. Alla fine della bella serata si dorme con la famiglia nella stanza della stufa.
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© 2024 Elba e Umberto
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