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Il Grande Fiume dell’Uomo
Facciamo colazione all’alba e poi ci salutiamo con Haroun, oggi si rientra a Tripoli e siamo sotto la responsabilità degli autisti. Ci viene a prendere un taxi immacolato, un lindo vito mercedes con al volante un autista tutto precisino che parla un inglese da Lord, ci fermiamo in paese per fare le fotocopie dei documenti da consegnare alla polizia nei vari posti di blocco e poi si parte alla volta di Sebha, dieci giorni di deserto mi avevano fatto dimenticare il rigido sistema Libico e il lusso dei loro mezzi rispetto al resto dell’Africa visto fino ad ora. Al campeggio di Sebha si cambia mezzo e si sale su un Mitsubishi Lancer guidato da un tipo silenzioso con un testone enorme a forma di cocomero. La strada è tutta dritta e risale verso nord fiancheggiando il deserto, la monotonia è interrotta solo da qualche cammello che attraversa la via e dai posti di blocco della polizia che sono dei baracchini in mezzo al nulla, poi è solo strada dritta fino a Shafren dove facciamo sosta come all’andata, nella grande area riservata ai distributori di benzina e alla ristorazione, ci mangiamo il classico sandwich kebab che sembra la specialità preferità dei Libici. Oltre ai soliti camionisti ci sono tanti militari e un gruppo di austriaci in fuoristrada che sembrano usciti dall’Afrika Korp, le donne e i bimbi non si vedono perché vengono fatti accomadare nei ristoranti interni a loro riservati  dove gli uomini soli non devono accedere. Si riparte nel deserto di pietra, dopo poco incontriamo le tracce del grande fiume dell’uomo, il gigantesco acquedotto voluto da Gheddafi per portare le acque fossili del deserto fino alla costa. Questo progetto megalomane è ancora in fase di realizzazione ma alcune parti sono state già ultimate e stanno portando nella zona di Tripoli e di Sirte svariati milioni di metri cubi d’acqua  al giorno. Il gigantesco acquedotto sotterraneo è formato da grandi tubi di cemento che vengono interrati a cinque sei metri di profondità e una volta ultimato si estenderà per oltre cinquemila chilometri formando anche un enorme deposito di stoccaggio di acqua. Il sogno di Gheddafi è quello di rendere verde tutta la fascia costiera Libica, il rischio è che in poche decine di anni si esauriscano tutte le riserve idriche del sottosuolo con conseguenze catastrofiche per il territorio e per la popolazione con il rischio di far fare alla Libia la stessa fine del Regno dei Garamanti.
La strada prosegue nell’Hammada il deserto di roccia, ogni tanto nel nulla appaiono dei paesi in costruzione, grandi cantieri che sfornano paesi di impostazione moderna con palazzine a schiera, piazze e parcheggi e poi ancora il niente dove ogni tanto si incontrano delle  piccole greggi di pecore che non si capisce cosa bruchino. In questo infinito rettilineo sotto il sole il rischio di addormentarsi alla guida è altissimo e poi cocomero ascolta da ore la stessa litania coranica che fa veni’ la voglia di ascoltare radio maria, si sta anche delle mezz’ore senza veder passare un mazzo, ma quando passano i convogli dei camion che portano i giganteschi tubi (larghi più dei cassoni) per il “Fiume dell’Uomo” ti svegliano di colpo dallo spostamento d’aria.
Nel tardo pomeriggio finalmente il paesaggio comincia a cambiare, una larga discesa a tornanti ci fa scendere dall’Hammada e sull’orrizzonte qualche nuvola bianca da un’illusione di mare, testone abituato ai drizzoni del deserto sbocca tutte le curve, impugna il volante dal basso con i palmi rivolti verso l’alto stringendo con tutte e due le mani e ogni volta rimane incastrato nello sterzo, grazie a allah arriviamo vivi nel piano e si sbuca in un paese senza nome con chiesa italiana, il paesaggio è cambiato ci sono delle lenze di terreno fertile e tanti olivi.
Siamo vicini a Tripoli ne attraversiamo l’infinita periferia rischiando continuamente di fare incidenti e finalmente a buio arriviamo nel centro. Qui veniamo presi in consegna da Tarek, il tipo che avevo contattato dalla Tunisia per ottenere il visto di ingresso in Libia, che ci accompagna in quella che dice essere la soluzione più economica di alloggio. Abbiamo un camerone che si affaccia su una delle vie principali dove troneggia una gigantografia del colonnello.
“Hola! como estas” ci accolgono festose e curiose  delle ragazzine che parlano spagnolo, sono una quindicina e  alloggiano qui ospiti del governo Libico, sono qui per studiare sono esuli del polisario Marocchino e Algerino e le loro famiglie sono sparse fra Africa e Europa, soprattutto in Spagna, una di loro che ha la mamma che lavora a Roma parla italiano, mi dice che è di Layounne nell’ex Sahara Spagnolo dove sono stato quasi un anno fa. Ci sono problemi perché il Marocco non vuole riconoscere al polisario l’autonomia concordata e che la Libia, che appoggia il movimento, ha dato loro aiuto ospitandole e facendole studiare.
Tripoli è una città con tanti grattacieli in costruzione e un gran traffico, ci sono tanti macchinoni e un gran gusto nel suonare il clacson, ci mangiamo una pizza e poi andiamo a dormire con gli occhi ancora pieni di deserto.