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Il lago velenoso e la città vecchia Verso le quattro di mattina si lascia internet, la temperatura ora è piacevole aiutata anche da un venticello che porta il fresco del palmeto, ci incamminiamo verso la campagna dove c’è già chi lavora, l’alba arriva con un sole pallido che sbuca anonimo fra la foschia, nei campi si miete e si raccoglie erba medica. A un’ora di cammino dall’abitato di Mut c’è il lago che avevo visto arrivando da Farafra, è un bacino artificiale che è alimentato dalle acque reflue dei canali di irrigazione, che nel progetto originario doveva essere utilizzato per l’itticultura, ma questo progetto non è stato mai realizzato perché le acque sono infestate di pesticidi e fosfati. La verifica di queste notizie lette è tremenda, il lago è puzzolente tanto da far venire il vomito, sui bordi si compatta una malta bianca di fosfati, veleno puro le cui esalazioni sono così potenti da far bruciare gli occhi, in queste oasi della nuova valle si sta compiendo un crimine ambientale tremendo, si portano in superficie con i pozzi artesiani le acque fossili, le si contaminano e poi si fanno refluire inquinando il suolo e le falde e quello che è peggio è che questo processo scellerato e devastante è in costante crescita e la colpa non la si può certo dare a questa povera gente che cerca semplicemente di sopravvivere lavorando anche la notte. Ritornati in paese si va dal frittellaio a mangiare un fitir e poi a letto. Si esce poco prima del tramonto per andare a vedere il centro storico di Mut, prima si incontra il vecchio cimitero, inusuale rispetto a quelli visti finora e caratterizzato da tante cupole in mattone crudo e poi si entra nella città vecchia passando da un quartierino che è in gran parte disabitato ed è stato trasformato in un gigantesco pollaio. Attraversandone i vicoli si sale fino alla parte più alta, dal culmine il panorama è ampio, la vecchia Mut sarebbe molto bella e suggestiva, si sviluppa su una collina e le case sono tutte costruite in mattone crudo dalle tonalità rossastre, ai piedi dell’abitato inizia il palmeto e poi subito dopo le dune gialle, peccato che intorno alle case vecchie ormai in gran parte abbandonate, ci siano tanti brutti palazzi di cemento e mattoni rossi che rovinano tutto. La maggior parte dei palazzi moderni sono incompleti ma già abitati, come capita sempre in Egitto (anche perché sembra che ci sia una legge edilizia che consente di non pagare le tasse finché l’edificio non è completato). Lo stile “abbaraccato” tipico di questa parte di mondo si manifesta con rifiniture e tettoie in canne di palme e cartone. Gironzoliamo un po’, la città vecchia si sta sgretolando velocemente, queste case fatte di terra e fango hanno bisogno di manutenzione costante e una volta abbandonate degradano velocemente, tante sono ormai completamente distrutte sembrano abbandonate da tanto tempo ma i disegni di improbabili aerei sulle pareti a testimonianza di Hajj volati, ci fanno capire che l’abbandono è cosa recente, all’interno dei ruderi ci sono tanti disegni, taluni geometrici, altri che riproducono storie vissute, sproporzionati e infantili danno allegria e colore, quello che mi piace di più è un cammello adornato con bandiere francesi, mezzaluna islamica e stelle. Il confine ovest della vecchia Mut è un grande spiazzo da cui parte la strada asfaltata, in questo gran piazzale polveroso c’è il gran cafè del quartiere, dove si sta comodissimi sulle sgarrupate panche di legno sparse nel piazzale, da noi sarebbe messo male anche come pollaio, ma in realtà è proprio comodo, ti puoi spaparazzare come meglio ti viene e starci tutto il tempo che ti pare, molto meglio di quei barettini tutti leccati che usano dalle nostre parti, dove ci puoi sta’ solo ritto e se vuoi legge’ il giornale devi fa’ il contorsionista per girare la pagina. In serata salta la corrente e Mut rimane al buio. |
© 2024 Elba e Umberto
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