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È Piovuto
È piovuto veramente e stamattina le vie sono con le pozzanghere e senza polvere, Shali è piena di magia con le mura bagnate che riflettono la luce, i colori dei bastioni si sono saturati con la pioggia e le mura da biancastre sono diventate giallo ocra, acquistando però anche tante sfumature, i bordi superiori delle pareti impregnati d’acqua sono diventati marroni e disegnano una frastagliata ondulata cornice su tutto il complesso. Entrando dentro Shali si ha la percezione netta della sua fragilità e del suo continuo cangiare, è bastata una pioggerellina di qualche ora per sciogliere un po’ di kirshif e plasmarlo in nuove forme, sempre più fantasmagoriche e lontane dalla sagoma  originale. Anche il grande minareto della vecchia moschea oggi è diverso, le sue alte pareti irregolari e sinuose hanno colori più marcati che ne esaltano la forma originale, il minareto sale verso il cielo come il collo di un enorme giraffa con il mantello pezzato di sale lucente e fango intriso di acqua. Mentre si cammina Shali si sgretola e si sfalda sotto i piedi, le murature sono intrise d’acqua e si sciolgono all’interno, i ruderi ormai senza più tetti sono destinati a diventare una collina informe di fango, se piovesse intensamente per un paio di giorni sarebbe la fine. La millenaria fortezza ormai senza manutenzione rischia di scomparire per sempre e quello che è peggio è che l’unica preoccupazione della gente sia quella di cementificarne il circondario, il rischio di venire qui fra qualche anno e trovare una collina informe circondata da palazzine in cemento armato è purtroppo assai verosimile.
L’aria è di un fresco pungente, ma la pioggia ha lavato anche il cielo e il panorama dal culmine della fortezza è superbo in tutte le direzioni, sembra tutto più vicino del solito. Appollaiato sul moncone di un trave di palma, un falco immobilizzato dal freddo mi osserva con sguardo da saggio, anche i piccoli “mola mola” sono accorsi dentro le mura a visionare gli effetti della pioggia dentro Shali. La luce, i colori e le forme stamani sono belli più che mai dentro la fortezza di fango e sale, che oggi più che mai ci ricorda la natura transitoria e mutante di ogni cosa.
Fa veramente freddo e per scaldarci entriamo in un barettino per prendere un the caldo, è il ritrovo dei poliziotti che se ne stanno tutti qui imboscati, a Siwa si fanno vedere poco, solo quando arrivano i gruppi dei turisti organizzati. I Siwani non li hanno in grande simpatia, i militari sono tutti egiziani e li considerano stranieri, un vero Siwano non farebbe mai il poliziotto e a Siwa comunque, nonostante siano presenti tutte le varie cariche dello stato, l’autorità più importante è ancora lo sceicco.
Ritorniamo nella zona degli scheletri vista ieri, sono bastati pochi millimetri di pioggia e quello che ieri era un terreno crocchiante oggi è un pantano rosso e appiccicoso. La necropoli ha diversi pozzi che permettono di entrare nelle sepolture, fa impressione vedere questi scheletri integri e dalle ossa si vede che erano uomini piuttosto alti, i tanti crani dopo un po’ che ci sei in mezzo non fanno più impressione, diventano una delle tante forme della natura, come le rocce o i blocchi di sale, quello che fa impressione è quanta differenza ci sia fra un cranio e l’altro. Dal palmeto arriva un Siwano con un carretto, è gentile e curioso,  gli chiedo delle tombe e del paese ma mi dice solo che sono morti tanto tempo fa e che il paese è abbandonato, ride perplesso delle mie domande idiote, come se non si vedesse che questi sono morti e che il paese è abbandonato. Il concetto di storia qui, ma un po’ in tutto il Nord Africa, è diverso dal nostro, quello che conta è il presente, il passato è come un unico grande periodo che va da ieri in poi e il futuro lo conosce solo Allah. Questa semplificazione storica che nell’ignorare il passato accomuna tutti è tipica della cultura islamica, secondo me è uno degli aspetti che ne spiega meglio la diffusione.
È entrato un vento teso e secco che sta asciugando rapidamente tutto, il sole fa brillare le grandi piastre bianche di sale che ricoprono le pozze prima del “mare di fango” da cui spuntano come bolle di pongo color vinaccia, degli scivolosi accumuli di argilla. Ritorniamo nel paese fantasma le cui mura contorte e forate sfidano la fisica, i cani codardi scappano tutti grandi e piccini, meno uno, il cucciolo dormiente, più coraggioso e sereno o forse solo più pigro, che ignorando la nostra presenza al ridosso di un muretto si gode il sole caldo con gli occhi chiusi e il sorriso stampato sul musetto. Il lago da ieri a oggi ha cambiato totalmente aspetto, il vento teso ha alzato le onde che biancheggiano energiche spinte dal ponente. Tornando indietro raggiungiano con una stradina a pelo d’acqua un isolotto verdeggiante ricco di palme rigogliose, dentro è come una giungla con tanti giunchi e canne, all’interno dell’isola-oasi c’è una piscina di acqua calda alimentata da una vigorosa sorgente  che sale bolleggiando fino alla superficie, dando movimento ai toni cangianti di verde e di blu della massa liquida, la vasca alimenta dei canali che irrigano la parte ancora coltivata dove ci sono delle palme stracariche di datteri, è un isolotto colorato e vitale questo, ci sono tanti uccelli, libellule e nei canali più profondi tanti pesci, la vegetazione fitta ripara dal vento, fa caldo e regna il silenzio. Ritornando allo scoperto si vede che il vento sta facendo avanzare delle nuvole di sabbia dal deserto, in poco tempo il cielo diventa fosco e ritorna il freddo.
Al tramonto il cielo è una coltre di polvere infuocata, ma poi tutto si ferma e si accende una grande stellata.  
 
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