La tempesta di sabbia La strada scorre lungo il mare ed è contornata da eucalipti, palme e agrumi, la linea della costa è disegnata da dune bianche mentre nell’interno le case e le fattorie denotano l’origine italiana. Dopo qualche decina di chilometri la strada piega verso l’interno, il mare è vicino ma non si vede più e torna il deserto con la sua monotonia interrotta solo dai lavori di realizzazione del Grande Fiume dell’Uomo che in questa zona è già attivo anche perché Sirte è la città prediletta da Gheddafi. Si incontrano diversi cantieri e in lontananza si vede anche una grande diga di un bacino di raccolta su cui a quanto ho capito stanno facendo una copertura in plastica per ovviare ai problemi legati all’evaporazione. Breve sosta in un’area di servizio nei pressi di Sirte per un panino con la ciccia e poi si riparte continuando nel solito paesaggio. Piano piano la visibilità comincia a calare a causa del vento che sferza il deserto alzando una coltre di polvere che ben presto si trasforma in una tempesta di sabbia. Ogni tanto fra le nuvole di polvere si vedono i pastori di capre tutti fasciati nei loro turbanti a cavalcioni di minuscoli asinini che non sembrano turbati più di tanto dalla tormenta. Sulla strada il traffico è quasi tutto in direzione dell’Egitto, sono tanti pulmini di emigranti egiziani che stanno tornando nella loro patria per la festa dell’Eid el kebir. Sono stipati dentro pulmini bianchi sui cui tetti ci sono delle incredibili cataste di ogni genere di bagaglio, fra cui tantissime carrette nuove. Il vento è sempre più forte e sta riempiendo la strada di sabbia, troviamo anche un rimorchio di camion rovesciato e un mercedes distrutto. Dopo essere passati dal villaggio di Qaminis arriviamo a Bengasi secondo centro urbano della Libia in cui risiedono poco meno di un milione di abitanti, anche questa una città in grande espansione e le tracce di architettura italiana che qui dovrebbero essere più evidenti non sono di facile lettura. Cerchiamo posto in un fonduk che nell’ingresso ha una spettacolare cassaforte che sembra uscita da una striscia della Banda Bassotti e poi finalmente lasciati liberi da silenzio, andiamo a fare una mangiata di totani, ci sarebbe tanto bel pesce da grigliare ma qui friggono tutto, anche le cernie. Nel centro troviamo un ciber cafè molto bello, spazioso e con una buona connessione, dal web leggo notizie di scontri nei Tibesti fra l’esercito Libico e i civili Toubou. È un posto frequentato prevalentemente da studenti e c’è un clima tranquillo, mi sorprende la cassa dove non c’è nessuno, ma ognuno paga per conto proprio. I libici hanno un rapporto bello col denaro, è questo secondo me l’aspetto migliore e anche più interessate del sistema Libico, non c’è bramosia di denaro né gusto nel mercanteggiare, ogni cosa ha il suo prezzo e nessuno prova a guadagnarci sopra. |
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© 2024 Elba e Umberto
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