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I gabbiani reali
Prima che il sole infuochi tutto facciamo un giro in miniera, camminiamo fra le strutture abbandonate e ormai prossime al collasso della miniera del Vallone a Punta Calamita, Malachite Azzurrite, Pirite, Magnetite, Limonite e Zolfo, il cantiere abbandonato è ancora ricco di minerali, vicino al mare c’è anche un cumulo di Aragonite. Il nero domina tutto e fa risaltare ancora di più lo scintillio dorato delle piriti, fra i cespugli di Elicriso e Santolina saltano epilettiche le lepri ungheresi forse sovraeccitate dal magnetismo anarchico di questi luogo. La magnetite si infuoca nella patana della mattina e l’effetto fornace sta diventando insopportabile, un ultimo sguardo a ovest dove la sagoma montagnosa del Capanne sta per essere inghiottita dalla caligine estiva e poi ritorniamo al mare per tuffarsi in acqua e levarsi di dosso questo sudore chiama tafani.
Lasciamo la spiaggia mentre sta per arrivare il primo gommone, si doppia la spiaggia del Remaiolo e iniziamo a pagaiare sotto la più alta scoliera dell’Elba, quella delle Ripe Alte, Ripalti, dove risiede  la più grande colonia del mediterraneo di Gabbiano Reale, il dominatore delle scogliere Elbane, poco amato dai biologi  perchè colpevole di essere forte, scaltro, intelligente e adattabile e quindi dominante rispetto a creature più miti come il gabbiano Corso o la Berta. La scogliera alta oltre cento metri cala a picco sul mare blu, è uno scenario imponente sembra di essere in un mondo primordiale antecedente all’uomo. La grande colonia di gabbiani reali è in fermento i nuovi nati ormai sono in grado di volare e si stanno preparando a lasciare la scogliera per spingersi a largo. Come sempre durante la stagione più calda, sulle “ripe” ci sono numerose capre che disinvoltamente camminano su rocce impossibili alla ricerca di fili d’erba e di sale, mentre in basso dalle grotte sul mare escono rondoni e piccioni di mare alla ricerca di sorgenti d’acqua dolce.   l’Isola è generosa con noi e si mostra in tutto il suo splendore di terra e di mare.
Passiamo davanti alle miniere del Ginevro, ultimo impianto di estrazione del ferro a chiudere nell’ormai lontano 1981, mi ricordo i primi giri in kayak quando passando di qui si vedevano ancora integri pontili e strutture ormai scomparse, e mi rendo conto che  più che descrivere quello che vedo mi trovo a raccontare quello che era. Poi lo spiaggione del Ginevro con il fico grande e vano e le tante vie di arrampicata  tutte brevi ma, specialmente quelle nella grotta, assai toste. La roccia a forma di drago fortuna, poi Lo Stagnone, Capo Caldo, la grotta con la spiaggia, Sassi Neri, Rima di Buzzancone. Ci fermiamo a fare un bagno, l’acqua è caldissima, troppo per i mi gusti, ma soprattutto troppo per questa stagione, il mare è pulito e le praterie di posidonia sono in salute, ma di pesci non c’è un gran che, salpe, perchie e occhiate e qualche saraghino. Passiamo all’interno dello scoglio di Liscoli e davanti a Casanova troviamo un po’ di barche appiccicate, attrezzate così bene da sembra’ un appartamento con l’aria condizionata ancorato nell’asfalto padano. Le trasparenze del mare sono meravigliose come sempre, ma la cosa che mi colpisce di più è il verde rigoglioso che domina tutte le pendici Isolane. Dopo Capo Perla, Forte Focardo, la bella Fortezza Spagnola costruita all’inizio del millesettecento per proteggere il lato sud della baia di Logone. La fortezza, che ospita uno dei fari più importanti dell’Isola, è per me un luogo denso di ricordi e fantasie, ci sono stato tante volte da bambolo perché Marcello il fanalista era amico di zio Roberto e di Babbo e a volte la domenica si veniva qui e ci si stava tutto il giorno. Doppiamo la baia di Porto Azzurro passando sotto il carcere di Longone insediato dentro la grande fortezza di San Giacomo. La massiccia fortificazione fu costruita dagli Spagnoli che in quel periodo governavano gran parte dell’Isola e avevano il controllo delle preziosissime miniere di ferro  per contrastare la crescente influenza della medicea Cosmopoli sull’Isola, temevano che il Granducato ospitando le flotte “straniere” nella sua rada potesse favorire un attacco ai possedimenti minerari Borbonici. Ci fermiamo a Reale per fare la spesa e poi costeggiamo la spiaggia di Terranera con il fantastico laghetto verde orribilmente e vergognosamente recintato come un pollaio abbandonato, una meraviglia geo mineraria che tutto il  mondo ci invidia tenuta come fosse una discarica. Io penso a come si tratta male l’Isola e mi si torgono le budelle, ma i miei amici continentali compagni di pagaia sono estasiati dalle bellezze dell’Isola, estasiati soprattutto dalla grande varietà di paesaggi, di vegetazione, di rocce e fondali (e il meglio deve ancora veni’), sono orgoglioso del loro entusiasmo e della bellezza della mia tera. Passiamo davanti alla schifezza di capo d’arco dove hanno riempito di cemento una favolosa scogliera e poi ci si ferma sull’istmo sabbioso davanti all’isolotto di Ortano fra le rumorose proteste dei gabbiani. Con il buio e la bassa marea faccio un giro fra le caranchie a guarda’ i favolli e i granci merdaioli.