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Mi sveglio che è già giorno, c’è ancora la brace, una raccatizzata e il foco ripiglia, per rimettermi in moto una scaldata fa sempre bono. Colazione, si prepara il tagrart e mentre si sta per partire arriva un gregge di capre condotto da un bimbo, la mamma e la sorella. Il bimbo ci viene subito a chiedere se abbiamo bisogno di qualcosa e se vogliamo acqua, gli regaliamo un barattolo di miele che qui è apprezzato molto. Le capre sopra il ponte si spostano velocemente sul ripido pendio nel lato destro della valle, per ricondurle verso la strada la mamma sale come una scalatrice più in alto delle capre, mentre dal lato sinistro del fiume, che nel frattempo abbiamo guadato, la ragazzina con  mira da cecchino, con una fionda riporta le capre scese più in basso sulla giusta via. La pista sale scavata nella roccia, la carreggiata per noi è ampia, ma per un 4 x 4 è appena sufficiente, se si incrociano due macchine qui è un problema serio. La valle ora è più larga e le montagne sopra di noi sono molto alte, rimane comunque una zona troppo aspra per essere abitata, solo molto più in alto su un piccolo altopiano si vede un duuar con delle costruzioni che sembrano imponenti. Il fiume si sta gonfiando sempre di più e il suono delle sue acque domina nella valle. Dopo un’ora di cammino il sentiero si abbassa verso il greto del torrente dove facciamo il secondo incontro della giornata. Ci sono dei ragazzini a torso nudo che giocano in un’ansa del oued, fa molto caldo e verrebbe voglia di fare il bagno. I bimbi sono parte di una numerosa famiglia che è scesa al fiume per lavare i panni, ci facciamo un po’ di foto e a malincuore decliniamo l’invito a pranzare insieme, la strada è molto lunga e Segagnana oggi ha un passo veramente lento. La via è ombreggiata da grandi lecci che insieme al vento fresco che scende nella valle rende la temperatura ideale per camminare. Il sentiero fiancheggia sempre il fiume in un continuo saliscendi sempre con pendenze dolci. È ormai pomeriggio quando sentiamo rumore di motore, dalla curva esce un quad e poi subito altri due. Sono tre marocchini di Casablanca che stanno facendo un giro fra il deserto e l’Atlante, sono distanti anni luce dai berberi dell’Atlas: sono grassi, vestiti con tute di pelle da motociclista e hanno una riserva di birre fresche nei loro mezzi. Scambiamo qualche chiacchiera e poi, dopo le immancabili foto, ci salutiamo. Mentre si allontanano nella polvere ho la sensazione che siamo più marocchini noi di loro. Il panorama è sempre più bello anche perché c’è una luce favolosa, ora la vegetazione è più arida, ci sono dei grandi cuscini di piante grasse e cespugli spinosi. All’improvviso arriva un gregge di capre che assalta la vegetazione con una voracità spaventosa, e mi rendo conto di quanto sia importante il costante controllo dei pastori. Se un gregge come questo entrasse in un coltivo, in pochissimo tempo farebbe tabula rasa del sostentamento di una famiglia. Il fiume si gonfia sempre di più, quando la pista scorre bassa si ha la sensazione che possa entrare nella strada da un momento all’altro. Ogni tanto si incontrano dei ponti di legno e fango che attraversano il fiume da cui partono degli incredibili viottoli quasi scolpiti nelle imponenti ma fragili rocce delle montagne e conducono a improbabili insediamenti che sono in pratica delle grotte. Sembra di essere in una valle preistorica, ma in realtà in zone così impervie le grotte sono il luogo migliore e più sicuro da abitare. La gola sembra infinita, è sempre più bella, ma Segagnana è sempre più lenta e ormai si sta facendo sera, manca poco ad Anargui e decido di proseguire lasciando alle spalle una grotta sopraelevata dove avremmo potuto dormire. Sulle ultime luci della giornata l’incontro più incredibile: un uomo sta arando un fazzoletto di terra leggermente più in alto del fiume, sul lato opposto della pista. È completamente isolato, alle spalle un’altissima parete quasi verticale, con una grotta in fondo dove vive con la sua compagna e almeno due bimbi piccoli che sono nel campo con lui. Ci salutiamo dalle sponde opposte e proseguiamo la marcia, mentre la donna risale una fenditura della montagna per andare a recuperare le capre disperse fra l’ardita vegetazione. È ormai buio quando percorriamo l’ultimo tratto, il torrente comincia a invadere i tratti più bassi della pista ed è un bel sollievo quando la strada si allontana dal oued. È un panorama di grande suggestione con le vette innevate illuminate dalla luna quasi piena, che senza la minaccia del fiume gonfio ci godiamo appieno. Finalmente arriviamo ad Anargui, ci sono grandi case senza illuminazione e campi di grano poi incontriamo un grande marabutto e poco dopo entriamo nella “piazza del souk”, un ragazzo che ci accompagna fino alla gite Chrifi dove ci accoglie Hammon con una zuppa calda e un hamman quanto mai gradito. Domani bisogna fermarsi di nuovo, Segagnana non ce la fa più, voglio comprare un mulo anche perché dobbiamo fare dei passi impegnativi e il nostro ritmo è troppo lento, comunque a questo ci penseremo domani.