Il commissariato
Mercoledì mattina telefoniamo al consolato italiano a Casablanca, spieghiamo la situazione e quello che è successo, ci dice che è inutile stare a discutere sulle scadenze, che bisogna pagare una multa, ma di evitare assolutamente la gendarmeria notoriamente corrotta e confusionaria, dobbiamo andare al commissariato di polizia, è solo una formalità su un problema che si verifica spesso, mi spiega che basta riempire un modulo (il PV), aspettare un paio di giorni che la polizia lo consegni al tribunale il quale emetterà una condanna per il pagamento di una multa di tremila dirahm a testa, dopo di che dovremmo uscire dal Marocco (verso Melilla) e rientrare, meglio il giorno dopo, con la possibilità di rimanere ancora tre mesi. Sembra tutto molto semplice e risolvibile, andiamo subito al commissariato, sono le dieci di mattina. Un agente ci dice di attendere nell’ufficio a sinistra, arriva un ragazzo con fare arrogante che ci chiede cosa facciamo lì, dico che dobbiamo fare il pv, ci accompagna nell’ufficio a fianco dove c’è un funzionario più anziano che dice assolutamente no, gli spiego che siamo lì per regolarizzare la cosa su precisa indicazione dell’ambasciata italiana, ma ci dicono no no senza ascoltare, affermano che dobbiamo presentarci alla polizia della dogana delle città in cui siamo entrati in Marocco. Insisto che dobbiamo fare il PV, certi della legalità della richiesta perché ce l’ha detto l’ambasciata italiana, continuano a dire no e a non ascoltare. Insisto e iniziano a minacciare verbalmente, dicendo che siamo in una posizione di clandestinità, che dovrebbero arrestarci ed espellerci dal paese e la minaccia di carcere viene ripetuta più volte “prigion prigion” incrociando i polsi. Ci controllano i passaporti e viene fuori che quello di Serena alla dogana di Melilla è stato regolarmente timbrato per l’uscita dal paese, rispieghiamo i fatti ma è tempo perso, il disco è quello, arresto di manette e prigione, Serena è a posto ma per me c’è l’arresto e devo rimanere lì.
Ci tengono almeno tre ore senza farci sapere niente, sotto lo sguardo cinico e imperturbabile del ritratto del precedente re Hassan II, personaggio amato delle forze militari molto più dell’attuale re Mohammed VI, ma che a differenza dell’ultimo sovrano con la gente di queste parti non aveva un buon feeling anche perché subito dopo l’indipendenza marocchina del 1956 guidò lo sbarco delle truppe reali a Al Hoceima per disperdere con la forza la ribellione dei rifegni che seguendo anche le indicazioni di Abd el Krim avevano combattuto per l’indipendenza del Marocco riconoscendo l’autorità del re nella speranza di entrare nella gestione locale della nuova nazione, speranza che risultò vana perché il re e il suo entourage mise in tutti i posti di comando gente araba tagliando fuori i berberi del posto da tutte le cariche.
Poi proclamano che Serena è libera e deve tornare in albergo e io devo rimanere lì in stato di arresto. Serena non vuole andare. “Non puoi scegliere, sei libera e devi andare in albergo, non puoi rimanere qui, non è una tua scelta”. Chiedo spiegazioni: “perché il passaporto di Serena è stato timbrato anche se erano scaduti i termini?”
“non è un problema nostro, ma della polizia della dogana”
“Chiamate la polizia della dogana per chiedere” Si rifiutano di metterlo per scritto, provano in tutti i modi a separarci, gli rispiego che noi siamo andati da loro per regolarizzare la nostra posizione su indicazioni della nostra ambasciata e che sono sicuro di quello che dico, se loro non vogliono fare la procedura pv che ci restituiscano i documenti e andiamo direttamente all’ambasciata italiana. I documenti li tengono loro.
Gli chiedo se posso telefonare mi dicono che il telefono funziona solo all’interno della caserma, gli faccio notare che prima aveva chiamato la polizia di frontiera, mi invitano a provare ridendo.
Chiedo conferma se Serena è libera, alla risposta affermativa esce e va a telefonare da un telefono pubblico, ma il passaporto non lo consegnano nemmeno a lei.
Si irritano quando pretendo che mettano per scritto la posizione regolare di Serena, cosa che chiaramente non fanno.
Appena esce inizia un interrogatorio aggressivo fatto di urli e minacce:
“Che ci facevi a Torres? sei un sindacalista? sei un periodista comunista? Noi non amiamo quelli come te! Cosa pensi dell’Islam? cosa pensi del nostro re? ….” E ogni volta che accenno una risposta mi parlano sopra, “cosa pensi di noi?” mi esce un “che siete arabi”
“Razzista! te sei razzista! la nostra cultura è contro il razzismo e tu sei razzista!!! odi l’islam e il Marocco, il Marocco è una nazione islamica, te sei un razzista, intanto questa notte dormirai in prigione poi si vedrà” Tutto urlato a tre centimetri.
Gli dico che stanno abusando del loro potere, che non possono trattenere i documenti e di stare attenti perché esistono le leggi internazionali, la carta di Ginevra e che prima di venire qui avevo contattato la diplomazia Italiana, che io le leggi le conosco bene. Cercano in tutti i modi di provocarmi, mi chiedono le stesse cose cento volte e quando capiscono che ho una grande ammirazione per la gente Amazigh cominciano a offendere anche loro. Faccio una gran fatica a non reagire ma mi faccio forza del fatto che loro sanno benissimo che si stanno comportando illegalmente.
Rientra Serena, al telefono la dottoressa Zerbi, la diplomatica che avevo sentito in mattina, gli dice che tutto questo è assurdo, che non lo possono fare, è abuso di potere e non ci possono minacciare ne trattenere, ne tanto meno arrestare, che il pv è una normale procedura d’ufficio che loro debbono semplicemente attuare e ci dice di farsi consegnare i passaporti e di andare a Fes dove c’è il rappresentante consolare più vicino. Serena ha chiesto che un funzionario consolare venga al commissariato ma le viene risposto che è troppo lontano, dobbiamo chiamare il corrispondente consolare di Fes, Meliani, quello che abbiamo conosciuto a Fes.
Meliani prende tempo per parlare con il consolato, Serena insiste perché chiami direttamente il commissariato di Al Hoceima per farci rendere i passaporti perché andiamo da lui a Fes per fare la procedura del pv come ci ha detto di fare la Zerbi, visto che lui è marocchino dovrebbe risultare più facile il dialogo con la polizia. Meliani risponde: “non ti proccupare cerco il numero e chiamo subito” Serena è tornata in caserma convinta che sia tutto risolto, mi racconta che è stata seguita fino alla cabina telefonica da un poliziotto che cercava in tutti modi di convincerla a tornare in albergo perché lei è libera.
Le domandano cosa ha detto l’ambasciata. “non potete trattenerci i passaporti, li riprendiamo ed andiamo a Fes dal referente consolare che ci aiutera’ con la pratica per il pv”.
Dicono di no, che hanno gia’ aperto loro la pratica del pv presso il tribunale.
Chiedono a Serena se vuole fare anche lei il pv o se va direttamente a Melilla che tanto non ci sono problemi.
Chiediamo un documento scritto, telefonano al responsabile della dogana e lo fanno parlare con Serena, lui conferma che non ci sono problemi, Serena chiede il documento, lui dice che al commissariato non possono farlo, lei chiede che lo faccia la dogana e lo spedisca per fax, niente, dice che da’ la sua parola e anche lui le dice di andare in albergo.
Passa ancora un po’ di tempo e Serena ritorna a telefonare, gli ripeto che loro stanno abusando del loro potere …. E loro che io devo andare in prigione che siamo in Marocco e loro conoscono bene la legge marocchina, mi dice che è inutile che parli, qui siamo in Marocco e loro capiscono solo la lingua araba.
Poi si capisce che è arrivata la telefonata, cambia lo scenario, si muove qualcosa, ma continuano a fare le stesse domande decine di volte, perché sono lì, per l’ennesima volta riprovo a spiegare ma non ascoltano, e ancora mi chiedono il percorso e le tappe del viaggio e per l’ennesima volta fanno finta di scriverle. Nel tardo pomeriggio cambia tutto, iniziano a darsi da fare “il gran messier sarà accontentato” mi dicono a denti stretti in francese e italiano e iniziano a preparare i moduli del pv, ci chiedono tutti gentili se abbiamo sete o fame e si scusano se non parlano italiano ma solo francese. Arriva anche il grande capo che con fare da boss dice che è tutto a posto, grazie alla loro efficienza è stato risolto tutto e ci domanda se ora siamo contenti, irritato dalla mancanza di prostrazioni se ne va via stizzito. Ci trattengono senza motivazione i passaporti, alla fine dell’ennesimo interrogatorio chiudono con un serafico “la legge dice che dovrei metterti in prigione ma per me e lo faccio per lei (Serena), pur essendo agli arresti, puoi andare a dormire in albergo”
Pretendono scuse e ringraziamenti che non arrivano.
Appuntamento a domani per la procedura pv. E’ ormai sera quando usciamo dalla caserma, telefono all’ambasciata e mi confermano che sono intervenuti attraverso il comando di polizia di Casablanca e che è tutto a posto, i passaporti non ce li hanno restituiti perché gli brucia avere ricevuto la telefonata dai loro superiori e la fanno cascare dall’alto per orgoglio, ma il problema è risolto. Anche il referente consolare mi conferma che è tutto risolto.
Camminiamo per Al Hoceima, è una distesa selvaggia di cemento e la famosa spiaggia non è niente di che, però le falesie chiare a picco sul mare intorno al centro abitato sono molto belle, specialmente quando come ora sono illuminate dalla luna. È stata una giornata squallida passata in mezzo a gente squallida e corrotta mi sento rintronato e pieno di rabbia e tanto grato a Serena, sicuramente se non c’era lei io oggi dal commissariato non ci uscivo.
Scendiamo al porto dei pescatori dove cominciano a rientrare le barche che portano un sacco di pesce “bono”, cernie, dentici, orate, corvine, paraghi, saraghi, gallinelle… che vengono vendute nei banchini sul porto, bancarelle rimediate che crescono dal nulla come funghi man mano che le barche arrivano. Ci compriamo un’orata e un saragone e li portiamo dal grigliarolo del porto, intanto stasera si mangia bene poi domani si vedrà.
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© 2024 Elba e Umberto
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