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Dune rosse e Luna metallo
Dormo ancora mentre cammino nella sabbia gelida del mattino, voglio anticipare l’alba salendo su una isola roccia davanti a me, ma qui le distanze sono difficili da valutare sembrava uno scoglio a qualche centinaia di metri, invece dista più di un chilometro ed è una montagnola. Il sole arriva disegnando ombre lunghissime e il colore della sabbia improvvisamente prende vitalità, ci sono tracce di animali e diverse tane, una particolarmente grande forse è la tana di un fenec. La roccia è molto più grande ma assomiglia ai Corbelli davanti a Capo Stella e sembra di essere sopra un isolotto, intorno un infinito arcipelago di scogli scuri a volte affilati a volte rotondeggianti che sbucano ovunque in questo mare di sabbia. Si parte addentrandoci nel cuore dell’Acacus è complicato orientarsi qui dentro perché è un labirinto di decine di wadi che sbucano, si incontrano e scompaiono da tutte le parti, ogni volta che esci da una gola ti trovi sempre davanti un paesaggio sempre più sorprendente e lo stupore invece di stabilizzarsi si moltiplica. Funghi e piramidi di roccia si susseguono e ogni volta salirci sopra regala straordinari scenari, incontriamo i primi graffiti ce ne sono decine e decine e raffigurano animali ormai scomparsi qui, bufali, mucche, antilopi, struzzi e giraffe. I graffiti e le pitture rupestri dell’Acacus sono considerati i più importanti e spettacolari del mondo per la loro bellezza e soprattutto perché ci raccontano l’evoluzione di questo luogo che nel corso dei millenni si è trasformato da rigogliosa savana a deserto. I graffiti che vediamo qui dovrebbero essere tra i più antichi, risalenti a circa diecimila anni fa quando qui c’era la savana. Ci spostiamo di poco e incontriamo una grande parete dove ci sono le pitture rupestri, c’è anche il resto di uno scavo dove il Professor Mori ha trovato una mummia. Fabrizio Mori è un archeologo che ha iniziato a studiare le pitture e i graffiti dell’Acacus dalla metà degli anni cinquanta e anche grazie alla collaborazione della Sapienza di Roma, ha censito migliaia di siti di grande importanza. Yaya mi parla del Prof. Mori con grande ammirazione raccontandomi che ha passato qui tantissimo tempo e per lunghi periodi ha vissuto insieme ai tuareg e che sa parlare benissimo il Tamashek. In questi graffiti sono raffigurati anche uomini impegnati nella raccolta dei datteri, animali allevati e scene di cerimonia, ci sono anche una pantera e delle bellissime giraffe puntinate. Sono tantissimi i siti con pitture quasi tutti all’interno di grotte e sono splendidamente conservati tanto che sembra impossibile che siano così antichi, graffiti e pitture si susseguono in magnifiche rappresentazioni di rinoceronti, elefanti e tantissime giraffe. Oggi il cielo è di un azzurro intenso e l’ocra della sabbia e il nero dei picchi risaltano, il paesaggio assume forme sempre diverse ora ci sono tanti picchi che hanno la forma delle guglie dei castelli di sabbia, quelle che si fanno con l’acqua sabbiosa lasciandola colare dalla mano. Ci fermiamo di fronte a una grande duna, da qui avanti non si va, saliamo sul picco di fianco, il caldo e la luce accecante ci spingono dentro le grotte dove si concentrano anche gli animali di cui si vedono molto bene le tracce e le tane. Ancora pitture questa volta del cosiddetto periodo Cabalino, tra tremila e quattromila anni fa, sono pitture molto belle che ritraggono uomini e donne, mucche e tanti carri trainati da cavalli che sembrano macchinine. Dentro una grotta c’è un bellissimo lucertolone che Yaya dice “se morde bye bye”. Una delle pitture più spettacolari rappresenta una battaglia tra due eserciti ci sono più di trenta figure. Lasciamo Acacus per andare verso il pozzo dove c’è una baracca di lamiera e un fuoristrada che è venuto a fare rifornimento per un gruppo di turisti, il custode del pozzo è un amico di Yaya e si salutano con grandi cerimonie, arriva anche un altro fuoristrada con un gruppo di italiani, la loro guida ci dice “voi siete pazzi ad andare col diavolo del deserto, lui va sempre avanti e non torna indietro, è stato il mio maestro di Acacus, è matto ma conosce tutto” poi ci dice che viaggiando itineranti con la tenda come facciamo noi si vede un sacco di cose, non come loro che facendo base al campo fisso fanno sempre andata e ritorno, però nonostante quello che dice si capisce cha anche lui preferisce lavorare in maniera più commerciale e Haroun mi fa cenno che non è un vero tuareg ma un arabo travestito. Dalla baracca esce una donna, è la prima donna  tuareg che vediamo e a differenza degli uomini è velata solo in testa. Attraversiamo Wantikeri, la terra di mezzo e arriviamo alla duna di Wan Casa, ora capisco perché Yaya diceva che la duna di Tansen non era niente. Dalla prima grande duna si vede davanti a noi la terra di mezzo e in fondo l’Acacus e come sempre col calare del sole la sabbia acquista tonalità magiche, queste dune in particolare hanno dei toni arancio, è impressionante la loro forma plastica e il filo sottile che ne disegna il vertice, ognuna di queste montagne di sabbia finisce sempre con una sottile fila di granellini. Il posto è talmente bello che decido di rimanere qui per la notte, camminiamo per tre quattro ore fino a notte fra le dune in un crescendo di meraviglia e stupore. Le dune sono magiche e sempre diverse a volte la sabbia è così compatta che sembra di correre sulle lisce di granito, a volte sfondi e non riesci a camminare. Per quanto possa sembrare un ambiente sterile e privo di vita ci si rende conto invece che è pieno di tracce, insetti, serpenti che camminano sotto la sabbia lasciando come una venatura sulla superficie, topi, uccelli. È bellissimo vedere solo le proprie impronte e allo stesso tempo dispiace violare queste dune intatte. Dalla duna in alto nel silenzio del deserto si controlla un territorio vastissimo anche perché nel silenzio i rumori si percepiscono a chilometri e chilometri di distanza, si vedono passare delle moto in lontananza e poi anche alcuni fuoristrada. Il deserto ci sta regalando nuove meraviglie sempre più esaltanti ma non riesco a immaginarmi niente di più magico della luna piena che sorge su queste dune rosse, mentre il sole gigante tramonta dietro i picchi dell’Acacus.