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Mi sveglio che è giorno da un bel po’, il tempo non è gran che ma c’è vento e Serena ne approfitta per fare il bucato, mentre io vado a vedere il fiume che nel frattempo è gonfiato ancora e ha invaso ancora di più la pista. Mi accorgo che all’ingresso del paese, sul lato opposto del fiume c’è un’altra gite ma è rimasta isolata per la piena. Il grano è verde ma comincia a avere le spighe, in alto ci sono i resti di un grande forte francese e tutt’intorno piccoli duuar dominati dai grandi granai collettivi. Ma la struttura che cattura di più l’attenzione è il grande “santuario” del marabutto, molto più grande di quello visto a Zawyat Ahansal è attaccato a una piccola moschea, è il più imponente fra quelli visti finora e mi fa capire ancora di più che in queste valli l’Islam dei “barba” (così vengono chiamati dai berberi delle valli i rigorosi mussulmani arabi delle moschee) è molto lontano. Il culto e le feste legati a questi santi non riconosciuti è quanto mai vivo. Vado in cerca del mangiare per l’asino, orzo non se ne trova perché in questo periodo è merce rara, bisogna attendere il souk di domani. Faccio un giro fra le case nei campi alla ricerca della paglia e incontro tante persone gentili, ma paglia non ne trovo, alla fine torno nella zona del souk e riesco a trovare una balla di paglia, la metto in due sacchi e torno verso “casa”. Segagnana è proprio messa male, ieri ho accennato a Hammon che voglio cambiare animale, lui mi ha detto che domani mi da una mano per l’acquisto al souk, oggi non c’è è andato alla “ville” a prendere i figli più grandi perché domani è festa, è l’anniversario del profeta e a scuola non si va fino a lunedì, non ci incastra niente ma coincide proprio con la nostra Pasqua. Il tempo è diventato brutto, inizia a piovere e ne approfitto per scrivere un po’. La serata la passiamo con tutta la famiglia davanti a un gran tajine è un’ottima occasione per avere informazioni e per mettersi d’accordo per il souk di domani.