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La nave dormitorio e il pullman dei Magheggi Sveglia e snorkeling, stamattina c’è bassa marea e per tuffarsi bisogna camminare per una cinquantina di metri, poi finalmente si nuota, a duecento metri dalla riva c’è il primo ciglio della barriera corallina dove fra coralli multicolori vive una grande varietà di pesci, purtroppo i coralli in molti punti sono morti anche perché la gente li spacca per staccare delle conchiglie commestibili che ci vivono inglobate, la temperatura dell’acqua in superficie è piacevolissima, però basta scendere un paio di metri per trovarla assai fredda. L’incontro più spettacolare di stamattina è un pescione lungo circa un metro con la coda sfrangiata verde e viola, ma la cosa più bella è nuotare, il mare mi mancava proprio. Esco dall’acqua che è già il tempo di partire, lasciamo buona parte del bagaglio nel campeggio e con un passaggio raggiungiamo il porto. Il biglietto passeggero è caro, 400 pound a persona, passiamo i controlli della dogana insieme a un gruppo di autisti libici e poi a piedi raggiungiamo l’imbarco, risalendo una grande fila di camion pronti per salire a bordo. Anche qui passiamo un paio di controlli sulla nave e poi si sale in coperta dove tutti cercano un posto all’ombra per sdraiarsi, è incredibile la capacità di adattamento della gente nel prendere la forma delle sagome scure dell’ombra, anche le più contorte. Il caldo è amplificato dall’assenza di vento e nel mare piatto si vedono un po’ di meduse che danzano a pelo d’acqua attirando l’attenzione delle gabbianelle. La nave ritarda di un paio d’ore la partenza per imbarcare tutti i camion in attesa a banchina che portano principalmente in Giordania i prodotti agricoli provenienti dal delta e dalla valle del Nilo. Verso le tre la nave stacca e si allontana lentamente dalla banchina per poi puntare la prua in direzione Nord Est, il Golfo di Aqaba è contornato da montagne brulle, la differenza principale è che la costa egizia è in gran parte cementata, mentre quella arabica è disabitata e completamente selvaggia, si naviga dentro la storia, le storie e le leggende della bibbia e del corano si sono svolte in gran parte fra queste montagne aride. La nave è un grande dormitorio, viene ravvivata dall’energia di un gruppo di delfini che si diverte a saltare sulla scia, si naviga da circa tre ore e ormai siamo nel punto terminale del golfo di Aqaba che è chiuso da un grande centro abitato, in realtà sono tre città di altrettante nazioni, infatti Taba in Egitto, Eilat in Israele e Aqaba in Giordania, sono praticamente attaccate, mentre ad est sul confine Giordano-Saudita si vede solo un grande complesso turistico con il mare antistante che pullula di motoscafi e moto d’acqua. Il traghetto si prepara per attraccare su un pontile dentro il porto commerciale colorato da tanti container e poi solo montagne impervie, potenti e desolate; ferma a banchina una grande nave mercantile che avevo visto transitare nel canale di Suez, qualche mese fa. Prima di sbarcare la polizia giordana ci trattiene i passaporti, lasciata la nave si attraversa un tunnel poi un bus navetta ci porta alla stazione marittima, solite formalità doganali, poi ci consegnano i passaporti con i timbri del regno hashemita di Giordania. Mentre si cerca di capire quale mezzo prendere, un episodio che ci fa capire che questo è un paese diverso dall’Egitto: un bimbo raccoglie la carta di un gelato e la butta nel cesto della spazzatura. Si sale su un bus mezzo vuoto e si parte in direzione del centro, si cambiano ancora due pullman, alla fine con tre pullman mezzi vuoti ne hanno fatto uno troppo pieno, una scazzottata fra bigliettai e passeggeri e si parte. Aqaba è un porto franco e si vede bene, ci scorrono intorno le vetrine illuminate di decine di negozi soprattutto di liquori e hi-tech. La maggior parte dei passeggeri sono donne e bimbi che dopo una giornata di mare e compere rientrano verso Amman. Usciti dall’area urbana ci fermiamo ad una specie di ingresso autostradale per un controllo di polizia, i doganieri fanno aprire la bauliera e tutti i bagagli tranne il nostro, controllano anche che il pullman non abbia doppi fondi, le donne mentre aprono le borse fanno un gran casino, lamentandosi e spargendo le merci, soprattutto coperte, scarpe e vestiti e mentre i poliziotti controllano i bagagli, fanno circolare sacchetti di merci fra un cumulo e l’altro, mandando in confusione i militari che non ci capiscono più niente, il finestrino del pullman è una postazione privilegiata per vedere tutti questi magheggi, fra uno sventolare danzato di veli neri è tutto un apri, chiudi, gira, ruota, scambia, ritorna, chiama e saluta, ammicca, protesta, piangi e ridi, sorridi, deridi e canta … dopo un’ora di intenso spettacolo ad alti livelli i poliziotti sempre più confusi e ormai fusi, fanno richiudere tutto e si riparte. Arriviamo ad Amman verso le quattro del mattino, dalla stazione con un taxi scendiamo nella downtown, la via è tutta un saliscendi, sembra di essere dentro una puntata di “sulle strade di San Francisco” Arriviamo nella città vecchia insieme alla prima chiamata alla preghiera del muezzin, la citta è deserta, seguendo un’insegna suoniamo un campanello e ci sistemiamo in un fonduk. |
© 2024 Elba e Umberto
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