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E’ una giornata bellissima, attraversiamo il fiume e ci dirigiamo verso il grande souk. Lungo la strada incontriamo decine di asini, uno stracarico ci sviene proprio di fianco, il vecchio che lo conduce cerca di farlo rialzare a legnate mentre bestemmia in arabo, ma la povera bestia non reagisce, allora mi chiama chiedendomi aiuto per togliere la shuarì (due grandi cestoni che si mettono a cavallo della sella), finalmente l’asino si rialza, gli rimettiamo la shuarì sul groppone, l’uomo mi ringrazia e riprendiamo il cammino verso il souk. E’ un souk molto grande e vero, pieno di persone e di merci di ogni tipo, qui non c’è traccia di turisti, si vendono attrezzi per la campagna e per l’edilizia, ci sono fabbri che forgiano e raddrizzano sappe, picconi e forconi. All’interno del souk ci sono tanti ristorantini da campo, all’aspetto sembrano dei pollai scalcinati, ma i profumi che escono dai pentoloni fanno venire fame. Il souk è ricco di cose interessanti, ma noi siamo qui per l’asino e iniziamo la ricerca del mercato degli animali. La ricerca non è poi così facile, finalmente troviamo un piazzalone pieno di asini e muli, entriamo convinti che sia il mercato degli asini, ma è solo il parcheggio. Mentre curiosiamo tra le bestie si avvicina un signore vestito di bianco dalla faccia gentile che ci chiede in francese cosa stiamo cercando, ci spiega che gli animali sono stati portati via perché è troppo caldo e ci invita a seguirlo verso le stalle. Finalmente ci siamo, sento che è la volta buona. Un tipo cicciotello con la faccia furba mi fa vedere un po’ di asini dicendo di sceglierne uno, scelgo un giovane ciuco nero, ha le gambe storte e una faccia simpatica che mi ricorda Gianfranco Paglicce e poi ha già la sella. Mi invita a provarlo, fra le risate generali parto e mi infilo subito dentro una stalla. Chiudo l’affare e andiamo alla ricerca di ciò che manca: la shuarì, le corde e l’orzo. Grazie all’aiuto di Mohammed tutto si conclude velocemente, ci salutiamo e finalmente con Paglicce addobbato con una vivace shuarì gialla, torniamo fieri alla base. Siamo l’attrazione del souk, lungo la strada di ritorno siamo accompagnati da un gruppo di una dozzina di bimbi. Sono contento, Paglicce con Serena sul groppone trotta che è un piacere, mi sembra di aver fatto un ottimo affare. Leghiamo Paglicce sotto un olivo e ci mettiamo a guardare contenti il percorso sulla carta: finalmente domani si parte per la traversata dell’Atlante. È ormai sera quando decidiamo di andare in paese per mangiare e inviare le foto di Paglicce. Tutto ‘nfanato dalla voglia di da’ la notizia mi dimentico la torcia, ci incamminiamo lungo un bel viottolo circondato da olivi che dopo una ventina di minuti sbuca sulla strada principale a un paio di chilometri dal paese. Mentre si cammina al buio Serena sparisce in una buca, vedo solo i capelli, cerco di tirarla fuori ma metto un piede nel vuoto, mi cappotto e tombolo giù pe’ un teppone, mi fermo una quindicina di metri più giù, rido però so tutto tronco, che figura di merda! Mi sgroviglio dai buscioni e torno sulla strada da Serena che sta piangendo dalle risate. Con passo claudicante raggiungiamo il paese ormai semi-deserto, mangiamo una grigliata di carne in un tipico ristorantino marocchino, poi internet e dopo rientriamo a piedi con una certa tendenza a camminare a centro strada. |
Tag5 febbraio 2008: Ait Ourir – MAROCCO
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