Ci svegliamo presto e camminiamo fino alla Gare Routiere attraversando una città ancora addormentata, le cose vanno un po’ per le lunghe ma alla fine si parte, il tragitto è lo stesso del giorno prima al contrario. Anche Marrakech è in grande espansione, stanno costruendo tantissimo, fanno impressione i grandi cartelli dei complessi in costruzione dietro i quali pascolano le pecore e i palmeti che stanno seccando perché la città sta prosciugando la falda. Dal finestrino vedo scorrere alcuni luoghi attraversati con l’asino.
Arrivati a Demnate il primo pensiero è per Segagnana, le porto un bel fascio di grano verde e poi ci andiamo a prendere il classico the, ce la prendiamo comoda ormai i ritmi marocchini ci sono entrati dentro. Rientrando il ragazzo che gestisce la ricezione mi da un indirizzo a cui tenevo molto, è quello di un professore che sta facendo uno studio sulle comunità Ebraiche in Marocco. Sono incuriosito dalla pacifica convivenza che per secoli ha contraddistinto le due comunità religiose.
C’è molta ignoranza e strumentalizzazione su questi argomenti, però è difficile farsi un'opinione se non si conosce la storia.
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TagFebbraio 2008
In bus lasciamo Demnate alle sette e dopo due ore si arriva a Marrakech, il solito traffico caotico, cerchiamo il riparatore che ci hanno segnalato, lo troviamo ma è chiuso non si rintraccia nemmeno al telefono. Alla fine di una giornata passata fra illusioni di soluzioni e conseguenti delusioni, intorno alle sei troviamo la bottega del “nostro contatto” che ci procura subito un trasformatore nuovo e ci dice che se torniamo alle otto ci fa trovare riparato anche l’altro, chiaramente si aspetta.
Contenti con la nostra attrezzatura ora completa andiamo a vedere dei pullman, ma a quest’ora non ce ne sono, quindi dobbiamo passare la notte a Marrakech. Rientriamo nella Medina illuminata da una luna sempre più grande e attraversiamo i souk ormai deserti con le grandi porte mobili che stanno chiudendo le vie, cambiando in un attimo tutti i riferimenti, poi attraversiamo la solita bolgia di piazza Djemaa el Fna e andiamo a cercare un alloggio nella via degli alberghi economici, che in questa città si trova proprio nel centro, e troviamo un’ottima sistemazione per la notte, solo poche ore prima di tornare a Demnate.
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Giornata passata a cercare un trasformatore alla fine l’unica soluzione è andare a Marrakech, dentro sto marchingegno ci sono tutte le foto i testi e le bozze non posso fare altrimenti. | |
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La luce del mattino non lascia dubbi la giornata è di quelle belle, troppo per non essere goduta, decido di fare una camminata fino al ponte naturale di Imi Nifri, una delle attrazioni naturalistiche della zona. Lasciamo il paese e iniziamo a salire sulla collina di rimpetto, ci sono tanti olivi, salendo ci si rende meglio conto della grande espansione in corso a Demnate, è tutto un cantiere. Dalla strada parte un sentiero che arriva a una sorgente dove un gruppo di donne tutte velate sta andando a prendere l’acqua si tratta della (qui) famosa sorgente del Marabutto Sidi Bouyalbakhte che si dice abbia proprietà miracolose, sarebbe bello fare delle foto, ma per i soliti motivi mi limito a qualche scatto da lontano. Sulla strada c’è un posto di blocco, dove gentilmente ci fermano per sapere chi siamo e dove stiamo andando, insistono per convincerci a fermare una macchina e farci accompagnare, ma gli facciamo capire che preferiamo andare a piedi, dopo qualche chilometro arriviamo a Imi Nifri, è veramente suggestivo: una gola stretta e alta sormontata da un grande arco naturale di roccia, ultima fetta di roccia rimasta, la gola è piena di piccoli corvi dal becco rosso che disegnano mirabili acrobazie.
Una scalinata porta fino al letto del torrente dove l’acqua ha disegnato sinuose paraboliche nel calcare bianco, facciamo un giro intorno al torrente e poi andiamo a vedere una grande grotta sul lato sinistra della gola ricca di massicce stalattiti. Dopo iniziamo a spostarci in direzione del grande arco, la roccia è ricoperta dal guano dei piccioni e dei corvi, dal soffitto cola tanta acqua che sembra piovere, è molto suggestivo ricco di stalattiti e fori creati dall’acqua, ricorda gli archi naturali sulla costa Orientale di Pianosa ma la dimensione è molto maggiore e la roccia diversa, risalendo trovo un camminamento dentro la roccia costruito dall’uomo che risale quasi fino al livello della strada, sembra una galleria militare.
Giriamo un po’ per la campagna, le case sono semplici, la sensazione è di viaggiare indietro nel tempo, più che in Africa mi sembra di essere nell’Elba pre-turistica fra galline, asini e strade polverose, mancano i pagliai e le cantine, anche le donne pensandoci bene non sono poi vestite così diversamente, anche se qui hanno la scellerata abitudine di portare la falce al collo, oltre i campi rivediamo le vette innevate dell’Atlante. Ritornando ci fermiamo a vedere la costruzione di una Kasbak finta, la forma è tradizionale ma è fatta in muratura ed è destinata a diventare un albergo, l’intonaco è fatto nella maniera tipica, mischiando merda e fieno, più precisamente pulitura di concimaia con terra rossa e acqua, poi ci mettono anche un pochino di cemento e di ossido rosso, ma questa è una variante moderna, impastano tutto a mano dentro delle vasche e poi la stendono tipo intonaco, il risultato finale è molto bello. Anche i ponteggi sono all’antica coi i pali di legno infilati nei buchi delle mura e il tavolone (uno) appoggiato sopra, qui le norme di sicurezza sui cantieri sono un miraggio e forse nemmeno quello.
Rientriamo in paese a buio e ci prendiamo una macedonia con lo yogurt, la specialità della “nostra latteria”. C’è burrasca il tempo minaccia pioggia e la “corente” traballa, mentre scrivo il trasformatore del computer fa una fumata: è andato. |
Oggi è venerdì, per i mussulmani è giorno di festa come per noi la domenica, anche se in realtà qui non è mai tutto chiuso. Incontro lo Sceicco Abdeljalk che mi saluta affettuosamente, lo invito a prendere un caffè e iniziamo a chiacchierare, mi chiede se voglio unirmi a lui, sta andando a Marrakech con Mohammed, il suo cugino-autista personale, per incontrare amici. Mi spiega che uno Sheik deve sempre farsi vedere in giro nella zona di competenza e fuori per mantenersi informato su tutti i movimenti, perché deve saperne sempre più degli altri. Declino l’invito e saluto ringraziandolo per le tante informazioni. Devo spedire tutti gli aggiornamenti prima della partenza, ma oggi internet non funziona, queste giornate di sosta forzata sono noiose pensando a tutti i luoghi interessanti che ci sono qui intorno, ma ci sono degli impegni che devo e voglio mantenere, in attesa di riprovare, giro per i vicoli e vado a trovare un ragazzino che lavora in un microscopico fondo dove prepara frullati di frutta, panini con la frittata e vende pane e altri prodotti alimentari, è uno spettacolo vederlo lavorare, per arrivare al fornello sale su una cassetta di plastica, gira le frittate come un giocoliere, mentre prepara i panini, vende, riscuote e parla con tutti con fare da esperto. Dopo vari tentativi finalmente in serata si riesce a spedire qualcosa. | |
Finalmente spedisco i testi per il sito nuovo che stiamo preparando, per me è un passo importante, mancano ancora tante parti, ma la struttura principale è ormai pronta, grazie al prezioso aiuto di Serena riesco a spedire e sistemare anche un bel po’ di foto.
Sto cominciando a preparare i primi due “servizi importanti”: quello sulle zone desertiche del Marocco e quello sulla traversata dell’Atlante che è appena iniziata.
Ormai sono in Marocco da quasi due mesi e quello che inizialmente mi sembrava stranissimo, ormai è diventato quotidiano: i barbieri ambulanti, le insegne dei dentisti con i denti cariati, le botteghe dei fabbri con i mantici a mano, i “predicatori” che chiedono l’elemosina, i ristoranti dove si mangia con le mani e si rutta liberamene (ma non si deve assolutamente toccare il cibo con la mano sinistra!) e gli urlati richiami alla preghiera del Muezzin che mi sembravano tutti uguali, ma che ho imparato a riconoscere.
La luna sta crescendo, mi immagino i prossimi giorni con le montagne innevate illuminate dalla luce bianca del suo disco magico
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La giornata è grigia e ventosa, meglio così perché devo passarla tutta a scrivere.
Serena ritorna con un po’ di dolcini buoni e coi pantaloni egregiamente rattoppati dal sarto. Segagnana si lamenta ragliando, forse si sta annoiando per questa lunga sosta, credo che non sia mai stata così tanto tempo senza fare niente, comunque se la sta passando di molto bene, è diventata la mascotte dell’albergo.
Come a Tiznit anche qui si creano degli incontri quotidiani: la bottega del fabbro dagli occhi a mandorla, la latteria dove preparano uno yogurt con la macedonia buonissimo e il bar per il the con le stampe della Gioconda, La Primavera del Botticelli e la televisione fissa su un canale di documentari sugli animali.
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Siamo qui da appena due giorni, ma ormai ci riconoscono tutti, siamo gli italiani con l’asino. Ieri Serena nel mercato ha individuato un sarto-calzolaio e oggi decidiamo di affidargli i miei pantaloni strappati che saranno pronti domani. Passo quasi tutta la giornata a scrivere, esco che è già notte e le viuzze del paese sono tutte affumicate dalle braci dei banchetti alimentari. Dietro un banchetto c’è un microscopico fondo su due piani, con una scala stretta stretta ed un soffitto così basso che se stai dritto batti la testa, però è un posto simpatico con un ottimo rapporto qualità-prezzo. Prima di rientrare ci concediamo il classico the. |
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Decidiamo di rimanere qui qualche giorno prima di partire per un lungo tratto di oltre duecento chilometri nelle zone più isolate dell’Atlante. Mi devo mettere in pari con un sacco di lavori e ho bisogno di internet. Compriamo un po’ di fieno per Segagnana e facciamo un giro per il paese. Demnate è un paese in grande espansione, la parte antica è circondata da mura in pisé ed è caratterizzata dai tre archi della porta principale. Fino alla nascita dello stato di Israele la popolazione era formata per un terzo da ebrei che vivevano in armonia con i mussulmani senza essere confinati nella mellah (il ghetto), come invece succedeva nelle altre città marocchine. Demnate è il punto di riferimento per tutti i piccoli villaggi che si trovano intorno, qui ci sono le scuole superiori, gli uffici amministrativi e tanti negozi, per le valli circostanti è un po’ come Portoferraio per l’Elba.
A un certo punto ci troviamo in mezzo a un grande fiume di persone: è un funerale. Il feretro è una semplice cassa di legno coperta da un drappo nero con scritte dorate, ma la cosa che ci colpisce di più è che al corteo partecipano solo gli uomini. Mentre si rientra veniamo chiamati per nome, è Youssein l’amico di Hammed che venerdì ci ha accompagnato nel trekking notturno, lui è qui per studiare. È strano sentirsi chiamare per nome in un luogo così lontano da casa, ma è bello e ci fa tornare il sorriso dopo il funerale.
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Prima colazione a casa Jabir con uova, frittelle e sckif che, contrariamente al nome, è di molto bono! È una specie di budino salato fatto con il latte bollito che, come dice Fatima, la padrona di casa, serve perché oggi dobbiamo camminare tanto. Poi Hammed e Mohammed, che in pratica è l’autista dello sceicco, ci accompagnano tagliando dai campi alla “Kasbah Aghoulit”. Lo Sceicco Abdeljalk ci accoglie nella sala con la piccola figlia di 2 anni con una pomposa colazione: dolci, frittelle, marmellata, miele, olive e l’immancabile the. Davanti a una grande televisione che riceve un canale europeo. Il cugino mi racconta orgoglioso la storia plurisecolare della famiglia e dell’antica Kasbah, l’unica della zona, è una delle più antiche della regione, mi spiega che il titolo viene tramandato da padre in figlio ed è il padre che decide quando e a chi conferire il titolo, sopra lo Sceicco c’è soltanto il Prefetto della Provincia che è nominato direttamente dal Re e ha facoltà, in caso di mancanza, di togliere il titolo. Anticamente lo Sceicco era nominato direttamente dal Re e la sua è una dinastia che nasce da nomina Reale. Gli ultimi sei Sheikh Aghoulit sono stati: Mesoud, Ahmed, Abdelkhalek, Mohamed, Salah e Abdeljalk l’attuale padrone di Kasbah. Lasciato il castello di fango torniamo a “casa” per caricare i bagagli nella schiarì, salutare e partire. Arriviamo insieme a Zaccaria il bimbo di quattro anni che da solo con il mulo è andato alla sorgente a fare rifornimento riempiendo d’acqua due otri più alte di lui. Sono stati solo due giorni ma molto intensi, mi sembra di salutare gente di famiglia, l’ultimo sguardo è per Zaccaria il piccolo omino di casa che si prepara a diventare capofamiglia che mi saluta con portamento da grande e lacrimoni da bimbo. Lasciato il villaggio attraversiamo dei campi di grano verde percorrendo un viottolo per un paio di chilometri e poi ci inseriamo sulla strada che ci porterà a Demnate. La strada oggi è molto trafficata soprattutto da furgoni che rientrano dal Souk con incredibili carichi di merci e persone, in lontananza prima si vedono apparire le balle sopra i tetti e poi i mezzi con la gente da tutte le parti: sopra il tetto, nei cassoni, sulle balle e anche spiaccicati sul portellone posteriore. Nei campi ci sono tante donne che zappettano mentre dai sentieri laterali alla via scendono asini stracarichi di frasche di leccio. Arrivati in un tratto pianeggiante l’attenzione è colta dal rumore di verricello con il motore a scoppio messo sul tetto di un piccolo cantiere dove stanno “gettando” un solaio, sarà un 60 metri quadri ma ci lavorano più di venti persone, anche se in verità almeno dieci sorseggiano the, che naturalmente viene offerto anche a noi. Il tempo minaccia pioggia e l’asina si pianta dopo un po’ di tentativi morbidi gli tiro du’ calci che Segagnana “apprezza”, come aveva detto il precedente padrone, infatti riparte spedita. L’ultimo tratto è in discesa e finisce proprio dentro il paese, arriviamo assieme alla pioggia. Decidiamo di fermarci nel primo albergo che incontriamo, gli spiego della ciuca e mi dice di entrare con Segagnana. Scarico l’asina e eseguo ma è un casino, spaventata dalle mattonelle lisce l’asina si blocca e non vuole entrare, mi viene in soccorso uno dell’hotel, lui tira e io spingo, la bestia terrorizzata la stiamo spostando come fosse una slitta, è una scena divertente anche se un po’ crudele, alla fine del corridoio, in piazzale finalmente si rilassa e si rimette a camminare. Oggi c’è la finale della Coppa d’Africa, da buon africano acquistato vado al bar per vedere la partita, giusto in tempo per assistere al goal dell’Egitto sul Camerun che conquista il prestigioso trofeo, per la gioia di tutti i marocchini presenti. |
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