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Piove, siamo alloggiati su un piccola collina proprio sopra il souk dove la gente ha acceso tanti piccoli falò per scaldarsi. Sembra quasi deserto, ma comunque ci sono parcheggiati un centinaio di animali fra asini e muli. C’è una zona con tante persone, è quella dove si contratta la vendita di pecore e capre. Facciamo colazione e poi insieme a Hammon che oggi ha indosso uno Jalabbar in perfetto stile souk scendiamo al mercato. Nonostante piova le persone stanno tranquillamente sotto l’acqua senza impermeabile, nella zona del mercato delle capre ci sono i pastori con i loro piccolissimi greggi fra le braccia che attendono i compratori, sembra tutto fermo ma in realtà è una continua trattativa e ogni tanto si vede andar via qualcuno con la capra. Appena più in basso sotto una grande tettoia, unica struttura sopravvissuta ai detriti di un’alluvione, c’è il macello dove con cura certosina vengono macellati capre e montoni, è un souk lento e sereno nessuno si agita per il disagio della pioggia e del vento che ogni tanto fa volare gli approssimativi teloni di plastica e di stoffa che proteggono i banchini e le merci. Entriamo nel forno anche per scaldarci un po’, c’è una grande pila di pani crudi divisi con cenci che vengono passati da una donna su una pala al fornaio che li buca con una forchetta e poi li mette nel forno, ne cuoce una quindicina contemporaneamente. Il forno è aperto solo il giorno del souk o in caso di ricorrenze, perché qui il pane se lo fanno tutti in casa. La cosa che mi colpisce di più è il gran numero di persone con la pelle scura, sembra di essere nel cuore dell’Africa. Le donne sono molto più numerose rispetto agli altri souk visti, sono vestite con colori sgargianti e sono molto più intraprendenti, si vedono anche coppie di uomini e donne. Nell’attesa che ci portino a visionare i muli, facciamo la spesa per i prossimi giorni, poi aspettiamo con Hammon sorseggiando un the in uno dei piccoli bar del souk. Hammon è un personaggio a Anergui, lo conoscono tutti e si vede che è “un’autorità” anche perché è uno dei responsabili di un’associazione che ha raccolto dei fondi con cui ha fatto opere di bene per la comunità comprando l’unico trattore della valle e costruendo un piccolo ponte. Nell’attesa assistiamo anche all’estrazione di un dente alla berbera: il tutto dura una trentina di secondi, il paziente si siede su un sasso e il dentista da dietro con una mano gli tiene la testa e con l’altra estrae il dente con una pinza sicuramente multiuso. Mentre siamo nella bottega di un fabbro finalmente arrivano i muli, seguendo il consiglio del nostro amico scegliamo quello più giovane, è un bel mulo, ha due anni, l’occhio un po’ schizzato e il carattere ribelle e da oggi si chiama Tambone. Anche questo sembra un percorso dalla piana delle Paglicce, alla coste di Segagnana fino alla vetta del Tambone. Lo portiamo a ferrare, è la prima volta che viene ferrato alle zampe posteriori e non gradisce, infatti l’operazione risulta molto lunga e soprattutto a rischio calcio. Con le scarpe nuove gli monto in sella per portarlo a casa e dopo un paio di figure da bischero (mi arrampico su una teppa e poi prendo la via sbagliata), imbocco la via di casa e vado a parcheggiare Tambone accanto a Segagnana.
Dopo pranzo scendiamo nuovamente al souk con tutta la famiglia, c’è un venditore di mobili (tre) che è un po’ l’Ikea di Anergui, che attira l’attenzione di Zora. Acquisto l’orzo e altra paglia, poi l’appuntamento con il custode del marabutto. Andiamo a vedere la struttura ricca di simboli dipinti di cui ignoro il significato. Grazie a Hammon la spesa ci viene portata a casa e noi andiamo con Hammed a fare un giro nei duuar bassi. Attraversiamo il torrente e andiamo a vedere due duuar caratterizzati da grandi granai collettivi. Ritorniamo dalla montagna, il viottolino si snoda fra grandi coti di granito scure e rocce verdi, siamo contro corrente rispetto al flusso delle persone che rientrano dal souk a piedi e con i muli, ci salutano tutti è da stamani che vediamo le stesse facce. Il sentiero attraversa terre grigio-verde e poi rosse per poi precipitare verso Anergui. Un ultimo saluto a Segagnana prima che la venga a prendere il suo nuovo padrone, nei prossimi mesi farà sicuramente una vita più sedentaria e la cosa credo la aggradi .
Passiamo la serata con la famiglia Chrifi, Hammon ci spiega che nella valle ci sono tante persone con i tratti somatici dell’Africa nera perché in passato i berberi della valle scendevano fino al Ciad ed al Mali per razziare schiavi che poi venivano fatti lavorare nei campi, poi con il tempo hanno acquistato la libertà e sono rimasti qui come abitanti. Ci racconta che lui è il discendente del famoso Marabutto di cui oggi abbiamo visitato il santuario e che il su babbo (il marabutto in carica) è un guaritore, mi dice anche che il marabutto di Zawyat Ahansal era uno dei figli del marabutto “originario” di Anergui e mi conferma che qui la gente è ancora molto legata ai propri santi e l’anniversario del “Santo” è la festa più importante del villaggio. Mi dice che domani il tempo sarà brutto e che non è il caso di salire verso la montagna innevata, mentre la via nella gola è chiusa perchè il fiume ha straripato.
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TagGioved?¨ 20 Marzo 2008 Anargui
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