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Sotto lo sguardo della Balilla Pioviscola e fa freddo oggi al Cairo, osservando l’acqua nera e unta che scende dalle grondaie ci si rende ancora più conto della merda che si respira vivendo qui, l’asfalto delle strade è viscido e schiuma veleno e le pozzanghere sono unte di petrolio. Seguendo le indicazioni della mappa che Hammed ci ha disegnato nel quaderno, ci ritroviamo in un vicolo di botteghe e officine e poi troviamo il teatro che si stava cercando dove ci hanno invitato per parlare del “progetto” prima dello spettacolo che ci sarà domani. E’ un piccolo quartierino dell’arte, con una galleria, un teatro e una scuola dove gli studenti dipingono, recitano e fanno musica, è un mondo di colore e fantasia che si sviluppa dentro gli stanzoni di un paio di capannoni abbandonati in questa via di macellerie e officine meccaniche. Il quartire è dominato da un misterioso grande palazzo abbandonato, ricco di ornamenti imponenti che raccontano di un passato sicuramente importante, ma a quanto pare sconosciuto a tutti. C’è un cancello che si apre su un grande giardino abbandonato che è invaso dalla vegetazione, da dove si vedono le architetture imponenti e severe di questo edificio che la giornata plumbea rende ancora più tetro, sembra deserto ma poi sbuca un guardiano che vive all’interno del giardino in una baracca di legno, prima mi dice che è interdetto e poi come sempre aggiunge che se pago posso entrare. Poco più avanti mi imbatto in una via di meccanici di strada le cui officine si sviluppano sui marciapiedi davanti ai minuscoli sgabuzzini dove conservano ricambi stagionati per rimettere in marcia il vetusto parco macchine che è formato principalmente da fiat. Fino a qualche anno fa la fabbrica torinese aveva praticamente il monopolio del mercato automobilistico egiziano, ma oggi le cose sono cambiate perché i modelli più recenti delle case automobilistiche giapponesi e coreane hanno soppiantato le macchine italiane. Comunque sono ancora migliaia le fiat che circolano, le 127 e i 128 considerate auto sportive, sono i modelli più ambiti insieme alle ritmo ed alla 131 che hanno fama di macchine di livello superiore e poi ci sono ancora tante 124 e 1100 ancora circolanti. Su questi marciapiedi-officina dove la shisha non manca mai e l’unico crik viene usato da venti attività, i meccanici si producono in virtuosismi nell’ “arrabattare” riparazioni, sono dei maestri nell’arte di arrangiarsi, qui i ricambi sono tutti tarocchi, spesso riciclati, anche l’adesivo dei ricambi originali fiat è palesemente falso. È uscito il sole e tutto diventa più vitale, illuminato dalla luce tagliente del tardo pomeriggio spicca un 128 rosso corsa dalle cromature lucenti che regala il suo rombo ai passanti. Aleggia un vento leggero di poesia in questo vicolo officina che è un po souk e un po’ circo, dove fra alchimie, ricicli e tarocchi la vita delle macchine si rigenera per decenni. Mi perplimo a pensare che tutto il mondo “occidentale” in crisi di consumo si sta dando da fare con incentivi e sovvenzioni all’industria automobilistica, per costruire e vendere ancora più macchine, vorrei sapere dove finiranno le migliaia di macchine invendute ed usate e capire bene i meccanismi della rottamazione. Mentre mi aggroviglio il cervello pensando alla spirale vorticosa e suicida del sistema capitalistico, una vecchia fiat balilla, elegante, ben conservata e perfettamente marciante, mi osserva con aristocratico distacco dall’altro lato della via. |
© 2024 Elba e Umberto
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