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Le tagliate sul mare

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Aspis, Clupea  –  Grassera e Lucceri
Il ritmo ramadan ci ha invischiato, si scambia il giorno per la notte, cosa che sul fisico produce un effetto zombi, mi sembra impossibile ma lo scorso anno di questi tempi dormivo mediamente tre quattro ore per notte e mai rilassato, col cervello disperso in mille fronti, in primis partire per questo viaggio. Gironzolo pigro nel paese semideserto, tutto parla del ramadan, anche le pubblicità, quelle  dei “portable” con gli sconti ramadan sulle schede telefoniche, anche il supermercato è tutto un’offerta ramadan compri tre paghi due, omaggio ramadan, novità ramadan.
A Kelibia il mezzo più comune è il motorino, di solito è un motobecane a gas di colore marrone e con cassetta di plastica gialla fissata sul portapacchi dove si porta tutto, compreso i figlioli, raramente c’è una persona sola sopra, di solito due, a volte tre, l’unica costante è che nessuno ha il casco. È una cittadina pacifica ma disordinata e piena di contrasti, ville appariscenti con grandi giardini accanto a ruderi e cumoli di spazzatura, macchinoni, grandi fuoristrada metallizzati che sfrecciano di fianco ai carretti trainati dai ciuchi. È un centro abitato circondato da una natura benevola, una campagna fertile, la più ricca della Tunisia e un mare ricco di pesce, proprio come la vicina Sicilia, verso la quale per anni c’è stato un grande traffico di clandestini, non il grande traffico degli “africani neri” qui si trattava più di un movimento di gente del posto che con piccole barche o gommoni raggiungeva la costa meridionale della Sicilia usando la vicina Pantelleria come scalo intermedio o riparo a seconda delle situazioni. Fino a qualche anno fa tutti facevano a gara  per entrare in Italia allettati dai grandi e facili guadagni, favoriti anche da un controllo fittizio da entrambi  i versanti, ora le cose sono cambiate perché le multe e i controlli sono più severi, il governo italiano ha anche messo a disposizione della gendarmeria locale due quad, due cavalli e due fuoristrada per controllare la costa fra Kelibia e Cap Bon, ma il deterrente più forte sono le notizie non proprio idilliache riportate dai tunisini di ritorno, che parlano di sfruttamento e continui ricatti da parte della mafia che in cambio di aiuto per coprire la clandestinità ti fa vivere in pratica in uno stato di schiavitù. Comunque nonostante tutto ogni tanto qualcuno va, una nottata è sufficiente per raggiungere la zona di Mazara del Vallo, ma anche qui ormai il mito è la penisola Arabica.
La storia di Kelibia si perde nella notte dei tempi, nasce come insediamento berbero, fu conquistata dai cartaginesi nel v secolo avanti cristo che la chiamarono Aspis  “scudo”  a loro volta scalzati dai Romani che dopo aver distrutto l’isediamento Punico fondarono Clupea, i cui resti spuntano in qua e in là fra gli edifici nell’abbandono e nell’indifferenza totale. Colonne, resti di acquedotti e cisterne, ville e mosaici, anche il campetto dove i ragazzi giocano a pallone ha una parte del campo ricoperta dalle tesserine policrome dei mosaici e poco distante una serie di grandi e raffinati capitelli affiora da un cumulo di spazzatura. È triste questa mancanza di rispetto verso le tracce del passato, resa ancora più irritante dalla costruzione lungo la costa di pacchiani locali con finte colonne classiche in cemento armato e architetture stile altare della patria, proprio davanti a delle tagliate sul mare che sembrano clonate da quelle delle piscine di Cavoli. Qui ci sono reperti più appariscenti rispetto all’Elba ma il trattamento purtroppo non è molto diverso, d’istinto verrebbe di dire che qui, a differenza che da noi, non c’è la cultura e il rispetto del passato, ma se uno pensa alla Villa romana del Cavo sepolta sotto una villa moderna e recintata dentro una proprietà privata, alle tante colonne romane e pisane, allo stato dei siti Etruschi di San Martino e di Monte Castello, per non parlare del Volterraio e del Giogo, senza scomodare Montemersale, Grassera e Lucceri, la problematica assume subito confini più ampi, con l’aggravante da noi della maggiore disponibilità economica e forse istruzione di base.