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Virgilio e le Muse

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Ulisse incatenato

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L’Anfiteatro

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La Cattedrale Sconsacrata

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Ricostruzione del Porto di Cartagine

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Il Porto oggi

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Modello del Porto Punico

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Le Terme di Antonino

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Sidi Bou Said

 

Da Didone a Ben Ali
Il tempo è brutto e minaccia pioggia, andiamo a Tunisi con un louage, voglio vedere il Museo del Bardo e quello che rimane della mitica Cartagine. Un’oretta e siamo alla stazione nord di Tunisi, il Museo del Bardo si raggiunge in pochi minuti, nei giardini c’è un raduno di auto storiche dove spicca una Diane da rally raid. Il palazzo che ospita il museo è grande ed elegante, un tempo era la residenza ufficiale del Bey di Tunisi, vicino all’ingresso c’è un deposito di mosaici in attesa di collocazione, prima che ci mandino via ammiriamo cataste di meraviglie che forse era meglio lasciare nei luoghi di origine.
Il Museo del Bardo (a parte una sezione dedicata  alla genesi dell’universo, dal Big Bang alla Pangea, fino alla comparsa della vita sulla terra e all’evoluzione dell’uomo dai primi ominidi all’Homo Sapiens) ripercorre la storia della Tunisia dalla preistoria al protettorato francese, però i mosaici del periodo romano sono la meraviglia di questo museo, ce ne sono centinaia alcuni enormi di oltre centoquaranta metri quadri, bellissimi colorati con forme che t’incantano e ti proiettano indietro nel tempo, nelle scene di vita quotidiana e nella mitologia, nella vita dei grandi personaggi storici, nella lussuria elegante e fiera raccontata in decine di mosaici (nella galleria fotografica di elbaeumberto c’è una serie di scatti dedicata ai mosaici del Bardo). Cinque ore volano ma per descrivere tutto ci vorrebbe un mese.
Per raggiungere le rovine di Carthago, bisogna attraversare Tunisi e con il petit ci vuole quasi un’ora, la medina per quanto grande è solo un piccolo quartiere di una grande area urbana dove abitano circa due milioni di abitanti, più di un quinto dell’intera popolazione della nazione. La città è in grande espansione, ci sono cantieri con grandi gru da tutte le parti che costruiscono grattacieli specchiati nell’ostentazione di una ricchezza che si vuol far credere di tutti.
Fra il cielo grigio e il puzzo di smog mi sembra di essere dentro Blad Runner  con le  pubblicità enormi dei colossi dell’elettronica e della finanza che dominano il panorama da sopra i tetti dei palazzi più alti.
Finalmente vedo la collina di Byrsa, il luogo dove  Didone secondo la leggenda fondò Cartagine nell’814 avanti cristo. Scendiamo e mi libero dell’insistenza del tassista che assolutamente mi vuole accompagnare a fare un giro da turista.
Le tracce di Cartagine sono mimetizzate dentro la città, a differenza di Roma che ti fa respirare e ti avvolge nel suo glorioso passato di cui ogni Romano si sente orgoglioso, Cartagine giace nell’indifferenza, te la devi cercare e anche un po’ immaginare.
Qui intorno ci sono i resti di grandi cisterne  e il circo massimo, che è diventato una collina cimitero, l’anfiteatro si riconosce bene (ci sono anche i guardiani e un biglietto da pagare, sono buffi se ne stanno in un angolo a fumare ignorando i precetti del Ramadan) è praticamente abbandonato ma forse proprio per questo ancora più affascinante, con i gradoni erbosi e con i camminamenti sotterranei scuri e muschiosi che sanno di mistero, sembra si sentire l’odore del sudore e del sangue impregnato in queste pietre da fiere e gladiatori, l’uscita è spoetizzante con la gente che dormicchia sotto i pini fra la spazzatura.
Salendo verso la Byrsa sbucano reperti da tutte le parti, anche perché è tutto piuttosto brullo, forse il sale sparso nel terreno dai Romani in seguito alla distruzione della Cartagine Punica nel 146 avanti cristo è ancora presente nel suolo. Il panorama è dominato dalla grande cattedrale sconsacrata di San Luigi che fu costruita dai francesi nel 1884 proprio sul culmine del colle, dove era il cuore dell’antica Cartagine, per ostentare il proprio potere, sfregio che non fa certo onore all’ultima mandata di galli coloniali.
Città sopra città, sopra città, ognuna con i propri simboli da ostentare e gli altri da cancellare, questa è la storia della collina della Byrsa che si erge davanti al mare in posizione di dominio sul superbo Golfo di Tunisi (un gigantesco porto naturale fra capo Bon e Capo Farina che nella forma ricorda la darsena di Portoferraio) e sulle  lagune e pianure circostanti (dove oggi si estende a perdita d’occhio Tunisi).
La leggenda dice che Didone da scaltra Fenicia qual’era (la leggenda l’ha scritta Virgilio che era Romano) trattò con gli abitanti del posto l’acquisto di una porzione di terra grande come una pelle di vacca, pelle che poi tagliò a striscioline circondando la base della collina e sul poggio  costruì la sua città.
Cartagine fu veramente fondata dai Fenici intorno all’ottavo secolo avanti cristo per consolidare i  traffici commerciali nel nord Africa, in breve divenne la più potente città di questo popolo di navigatori ed estese i suoi territori dalla Libia alle Baleari occupando anche la Sicilia e la Sardegna. Il domino sui traffici del mediterraneo la portò allo scontro con Roma che iniziò nel 263 con la prima guerra punica e si concluse nel 146 alla fine della terza, con la distruzione di Cartagine.
Dopo un secolo, nel 44 sotto Giulio Cesare, Roma rifonda Cartagine, viene spianata la sommità della collina e nella grande radura costruito il cuore della città con il Campidoglio, il foro, la basilica e i templi principali, in breve tempo cresce in dimensione e importanza fino a diventare la terza città dell’impero dopo Roma e Alessandria. Cartagine rimane comunque il fulcro della vita sociale e politica anche sotto la dominazione dei vandali e quella successiva dei bizantini per poi venire abbandonata intorno alla metà del settimo secolo con  l’inizio della dominazione araba. I maomettani costruiscono la Medina di Tunisi facendola diventare il centro del potere e usando la città fondata da Didone solo come cava di pietra. Oggi Cartagine è il quartiere bene di Tunisi, qui ci sono le ville dei ricchi tunisini e di tanti arabi mediorientali che si trasferiscono in Tunisia attratti dai costumi tolleranti degli eredi dei pirati di Barberia.
Dietro la chiesa che, se pur diversa, sa di altare della patria, c’è il museo Archeologico che è ricco di reperti eccezionali e come tutti i musei ha negli angoli le postazioni dei custodi che se ne stanno  immobili appolpiti e unti in attesa della chiusura. I custodi dei musei hanno sempre le solite facce tristi e scoglionate, che sia la villa di Napoleone di San Martino o’l Museo di Cartagine.
Anche qui ci sono mosaici favolosi, c’è un leone che sembra vivo e una nobildonna che ostenta un culo moscio e cellulitico. La parte che parla della Città Punica ha delle bellissime riproduzioni dell’eccezionale porto militare a pianta circolare. Lasciato il museo scendendo verso il mare si passa dal quartiere Punico che è stato scavato di recente e si è conservato perché fu sotterrato dai detriti degli sbancamenti fatti dai Romani, è una zona chiusa ma non c’è nessuno e la attraversiamo, ci sono le case con i bagni interni e dei sistemi fognari molto raffinati, risalgono al terzo secolo avanti cristo. Lasciamo le case del Tempo di Annibale e scendendo troviamo un’apertura nella recinzione e dopo un po’ di svicolate fra grandi villoni recintati arriviamo al mitico porto di Cartagine. Purtroppo non si vede quasi niente, solo un isolotto dentro un laghetto salmastro circolare dove era il porto militare difficile da decifrare, insabbiato e abbandonato oggi è sfruttato solo per tenerci qualche barchettino. Sull’ isolotto si vedono i resti di questa meraviglia con gli scivoli per mettere in mare gli armi dai ricoveri sopraelevati, era il porto perfetto ulteriore dimostrazione che l’evoluzione non è cronologica o perlomeno non è costante. Inizia a piovere, le aree archeologiche stanno chiudendo, il ramadan colpisce ancora. Camminiamo lungo costa in direzione delle Terme di Antonino che sono chiuse ma anche qui c’è un cancello aperto, è un complesso enorme queste erano le  più grandi terme fuori da Roma e nonostante quasi due millenni di saccheggi sono impressionanti, sembra di camminare nei fori imperiali solo che si è in riva al mare e circondati da palme. Non c’è nessuno solo la pioggia che però rende il tutto ancora più bello ravvivando marmi e mosaici, un bercio mi sveglia, è un guardiano incinghialito, dopo un cazziatone in arabo ci concede altri cinque minuti, voglio fotografare le colonne del frigidarium che spiccano davanti al mare ma un soldato con un mitra più lungo di lui mi dice di tornare indietro, mentre da una serie di garitte ne fanno capolino altri, si esce, poco dopo si capisce il motivo di tanta aggressività, le terme confinano con la residenza presidenziale. Camminiamo per raggiungere Sidi Bou Said il famoso quartiere degli artisti europei che si dice sia il ritrovo degli artisti in giro per il nord Africa. Il vialone è un incubo di traffico e militari in uniforme e in borghese che controllano le tante sedi diplomatiche lungo la via. Sidi Bou Said si sviluppa su un promontorio affacciato sul mare, ricorda nelle forme e nei colori delle case la Kasbah di Rabat in Marocco e la cosa buffa è che anche lì pioveva, è un villaggio bianco e celeste costruito con un’architettura morbida ed elegante di influenza Andalusa che fu portata qui nel mille e cinquecento dai mussulmani in fuga dalla Spagna tornata cristiana, prende il nome da un maestro Sufi del tredicesimo secolo. E’ un bel posto, bello ma troppo patinato e da turisti, con i negozi di souvenir e i prezzi europei. E’ ormai sera sotto un diluvio raggiungiamo al stazione del tranvai ma il macchinista mi dice che per un paio d’ore si ferma tutto per la cena, lo diciamo anche a una ragazza giapponese che però dopo aver sorriso  disciplinatamente continua ad aspettare sotto la pioggia. Anche i petit si fermano per la cena, ma la fortuna vuole che uno sta rientrando verso la zona nord così raggiungiamo la stazione dei louage e da lì Bizerte.