Pompino velato Nebbia e cappa di smog, visibilità di poche decine di metri, il classico stereotipo della giornata autunnale Londinese, però siamo in Africa. Cosa assai gradevole di questa città è il caffè, ci sono le caffetterie, una in paticolare, dove fanno un espresso che sarebbe decente anche in Italia e poi è al banco, veloce ed economico. La cosa spettacolare è che lo tostano e lo macinano di fianco al banco di vendita con un marchingegno che sembra uscito da un libro di Giulio Verne, con tanto di quadro elettrico abbrustolito, cinghie e caldaia fiammeggiante. Qui oltre all’arabo parlano inglese, che per me è quasi peggio, però “sciort coffi in big taz” lo so di’. Ci ritroviamo a mangiare a fianco a una coppia sui venticinque anni, lei è completamente velata di nero, si vedono solo gli occhi, in rispetto all’osservanza più rigida dei dettami coranici porta anche i quanti neri. Arriva uno sfilatino farcito, per mangiarlo sta disgraziata deve fare delle operazioni da contorsionista, infila il panino sotto il velo con la mano destra mentre con la sinistra allarga leggermente il velo che struscia sulla bocca e poi si ingobbisce, da un morso, sfila il panino, lo appoggia nel piatto e mastica spostandosi il velo, alla fine tutto questo celare crea un effetto contrario e l’idea è quella di un pompino velato. Una cosa per me eccezionale dell’Africa è quella di creare attività da niente: in un locale minino, un corridoio lungo quattro o cinque metri e largo meno di uno, c’è un internet point, si sviluppa tutto in verticale c’è una mensolina dove appoggia il monitor, uno sgabello e in alto appeso alla parete il cervello del computer, ci sono cinque postazioni e il gestore dall’internet cafè c’ha anche un termos di acqua calda e ti propone the e caffè, ma la chicca è lo spremi agrumi per i succhi di frutta freschi, è un posto che mette di buonumore, se funzionasse sarebbe perfetto. |
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© 2024 Elba e Umberto
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