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Il Faraone barbuto Prima di lasciare Alessandria vorrei vedere il famoso museo greco romano ma purtroppo è chiuso per restauri, è però aperto il museo nazionale di Alessandria, dove troviamo solo un po’ di giapponesi, sicuramente bello e interessante ma niente di fantasmagorico. C’è la cronostoria di Alessandria dal periodo dei grandi faraoni ai giorni nostri, mi colpisce la statua di un faraone barbuto è la trasfigurazione dell’impertore Romano Caracalla nel Dio Re degli egiziani, ulteriore testimonianza della cultura promiscua anche in campo artistico di questa città. Il pezzo forte del museo è il busto di Akhenaten il famoso faraone eretico, che si trova nel livello più basso interamente dedicato all’Egitto dei faraoni, nella penombra di questo piano interrato fra gli espositori ricchi di gioielli e affreschi colorati, spuntano le statuette di uomini con la pancia e donne sensuali, sono opere raffinate ma prive del movimento delle statue greche e romane a cui è dedicato il livello successivo. Poi si passa all’arte copta, per arrivare alla pochezza del periodo arabo che nonostante la cura espositiva e il tanto spazio dedicatole non mi entusiama. Tornati nelle vie metropolitane ci spostiamo verso il porto nuovo ma gli accessi sono interdetti, c’è solo una via di smog e rumore che ci riporta nella zona dei i ristoranti di pesce. Per strada assistiamo alla solita finta rissa che finisce a pacche sulle spalle e poi si va a fare un giro sulla spiaggia di Anfushi devastata dalla sporcizia. Sul margine nord dell’arenile ci sono i cantieri dove costruiscono grandi panfili con tavole sottili che danno un gran senso di fragilità, come anche gli impianti idraulici delle barche fatti con pezzi di manichetta, fascette e tubi di plastica tipo carta velina. Dopo aver attraversato i resti del mercato del pesce nel porticciolo dei pescatori noleggio una barca a remi per capire se le braccia sono sempre vive, vogando fra le barche e i gavitelli del porto sopra un mare unto di nafta che custodisce ancora chissà quante meraviglie archeologiche. |
© 2024 Elba e Umberto
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